T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 22-02-2011, n. 1610 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza n. 128 prot. n. 13344 del 27.12.2005 il Comune di Sacrofano ha ordinato ai ricorrenti la demolizione di alcune opere abusive.

In particolare, si tratta di "fabbricato residenziale costruito su due livelli (piano terra e piano primo). La struttura portante è costituita da muratura di tufo e solai orizzontali in legno. La copertura è in piano del tipo lastrico solare. Il piano terra è costituito da garage e centrale termica oltre ad una parte ad uso abitativo. Il piano primo è destinato invece esclusivamente a civile abitazione. Il fabbricato risulta completamente ultimato nelle rifiniture sia interne che esterne. Le dimensioni delle opere riscontrate vengono di seguito quantificate: piano terra – superficie complessiva non residenziale: mq 70,00; superficie coperta residenziale: mq 120; altezza utile interna: h mt 3,00; volume: mq (120 x h 3.00) = mc 360,00".

In data 10.12.2004 l’inquilina M.I. ha presentato al Comune istanza di condono edilizio ai sensi della legge regionale n. 12/2004.

Dalla documentazione depositata in giudizio risulta che la pratica concerne un fabbricato delle dimensioni ridotte rispetto a quelle accertate in fase di sopralluogo e, precisamente: superficie residenziale di mq 100,00 e superficie non residenziale di mq 70,00; il tutto per un volume pari a Mc 450,00.

In data 31.1.2005, prot. n. 968, la stessa M.I. ha presentato istanza di compatibilità paesaggistica ai sensi della legge n. 308/2004.

Con il ricorso in epigrafe gli interessati impugnano il provvedimento di demolizione e prospettano i seguenti motivi di diritto:

1). Violazione di legge (L.r. n. 12/2004 e n. 326/2003); difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione del giusto procedimento;

2). Violazione di legge (artt. 4,5, e 7 L. n. 241/1990), eccesso di potere (carenza di istruttoria, illogicità, sviamento); violazione del giusto procedimento.

Con ord. n. 3091/2006 il Collegio ha accolto in parte la domanda cautelare.

Controparte ha replicato nel merito con la memoria difensiva datata 9.5.2005.

Tanto premesso, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In particolare, il Collegio osserva che:

a). la l. reg. Lazio n.29/1997 – che ha istituito l’Area protetta del Parco regionale di Veio e l’ente regionale di gestione dell’area medesima – prevede (art. 28) che il rilascio di concessioni o autorizzazioni relativo a interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta è sottoposto a preventivo nulla osta dell’ente di gestione ai sensi dell’art. 13, commi 1, 2 e 4, della L. n. 394/1991 (art. 10);

b). l’area su cui è stato realizzato l’abuso insiste in zona protetta nella quale non è consentita la realizzazione di alcuna opera edilizia se non previo assenso dell’ente di gestione del parco medesimo;

c). l’area medesima ai sensi del vigente PRG risulta qualificata come agricola e, in quanto tale, edificabile entro limiti ben definiti e a determinate condizioni (che nel caso di specie non sussistono);

d). la l. reg. Lazio n.38/1999 ha vietato, poi, ogni trasformazione urbanistica nelle zone agricole (art. 54); pertanto, in tali zone non è consentito il rilascio di concessioni se non finalizzate o connesse allo sfruttamento della terra e all’allevamento. Tali concessioni potrebbero essere rilasciate, sussistendone le condizioni, esclusivamente nei confronti di soggetti che rivestano la qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli;

e). infine, l’art. 2, comma 1, lett. b), della citata legge regionale prevede che: sono suscettibili di sanatoria le opere di nuova costruzione a carattere esclusivamente residenziale che: non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza; pertanto, le opere realizzate non sono condonabili;

f). ulteriormente, si osserva che – sulla presentazione dell’istanza di condono – la richiesta non riguarda tutte le opere realizzate ma solo una parte di esse (la volumetria effettivamente realizzata ammonta a mc. 720, in confronto con i 450 mc dichiarati in istanza di condono); peraltro, le opere sono state parzialmente ultimate alla data del 10.7.2004 (oltre il termine consentito dalla normativa del condono di cui alla L. n. 326/2003);

g). inoltre, in linea con la prevalente giurisprudenza amministrativa e con il consolidato orientamento interno, appare priva di fondamento la doglianza relativa alla mancata partecipazione al procedimento. Infatti, gli atti di repressione degli abusi edilizi, in quanto dovuti (nell’an) e interamente vincolati (nel quid), non richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario.

Peraltro, la posizione trova oggi conforto e sostegno ulteriori nella disposizione contenuta nell’art. 21octies, secondo comma, secondo periodo, inserito nella legge n. 241 del 1990 dalla legge n. 15 del 2005.

Alla stregua di questa disposizione deve comunque escludersi l’annullabilità dell’ingiunzione o dell’ordine di demolizione allorquando il ricorrente non fornisca elementi di prova rilevanti e significativi idonei a contestare e a mettere in dubbio la verità dei fatti posti dall’amministrazione a base del provvedimento sanzionatorio.

In mancanza di tale prospettazione e documentazione probatoria idonea, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento resta comunque ininfluente e non consente l’annullamento dell’atto impugnato.

Nel caso di specie parte ricorrente non ha contestato il fatto della realizzazione abusiva, così come rilevata dall’amministrazione, e non ha fornito alcun elemento utile al fine di infirmare in punto di fatto gli accertamenti istruttori richiamati dal Comune procedente quali presupposti di fatto giustificativi del provvedimento sanzionatorio adottato;

h). infine, la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che i provvedimenti sanzionatori e ripristinatori di abusi edilizi non abbisognano di una particolare motivazione, e ciò sia in relazione alla già evidenziata natura dovuta e interamente vincolata dell’atto sanzionatorio, sia in ragione del fatto che l’interesse pubblico all’adozione della misura repressiva è in re ipsa (cfr. di questa Sezione, dec. 9 ottobre 2007, n. 9134, nonché, della Sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 53);

i). in ultimo, è adeguata la motivazione del provvedimento impugnato. Nella specie, nell’iter motivazionale si da atto che:

" 1). la richiesta di condono edilizio non potrà essere accolta in quanto le opere realizzate sono annoverabili tra l’elenco delle cause ostative alla sanatoria edilizia previste dall’art. 3 della l. reg. n. 12/2004 come successivamente modificata dall’art. 35 della l. reg. n. 18/2004;

2). in riferimento alla destinazione urbanistica dell’area le opere abusivamente realizzate ricadono in zona agricola – lotto minimo mq 20.000 del vigente Piano regolatore generale; l’area ricade altresì all’interno della perimetrazione del Parco di Veio ai sensi della l. reg. n. 29/1997; l’area risulta classificata nel Piano territoriale paesistico – ambito n. 4 – Valle del Tevere in zona di "trasformabilità limitata" disciplinata dall’art.5B delle Norme tecniche di attuazione".

In conclusione, ravvisata la legittimità dell’operato dell’Amministrazione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Comune resistente che liquida in complessivi Euro 2000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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