Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 24-02-2011, n. 7154 ebrezza Sequestro preventivo

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. Dott. MONETTI Vito che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.S. ricorre avverso il provvedimento di cui in epigrafe con il quale il Tribunale di Torino – Sezione del Riesame – ha dichiarato inammissibile l’appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. presentato contro il decreto del pubblico ministero che aveva disposto la vendita o la distruzione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 151 dell’autoveicolo sequestratogli preventivamente a fini di confisca nell’ambito di procedimento penale che lo vedeva indagato della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S..

Il Tribunale ha ritenuto la competenza del pubblico ministero ad adottare il provvedimento di vendita/distruzione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 151, comma 3, risultando il richiamo normativo al "magistrato" come da intendere esteso anche al pubblico ministero, oltre che al giudice.

Doveva quindi attribuirsi al pubblico ministero, che in fase di indagini ha la "concreta gestione" del bene in sequestro, la valutazione, di ordine materiale e tecnico, sul pericolo di deperimento del bene ovvero sulla sussistenza di un rilevante dispendio per la sua conservazione, prodromica all’adozione del provvedimento di vendita/distruzione, secondo il richiamato disposto normativo.

Nessun pregiudizio poteva comunque derivarne per il proprietario della cosa, posto che il ricavato viene depositato e, nel caso in cui all’esito del processo non sia disposta la confisca, restituito al soggetto cui la cosa originaria sia stata sequestrata.

In ogni caso, il provvedimento de quo, in ossequio al principio di tassatività delle impugnazioni, vigente anche in materia cautelare, non poteva ritenersi impugnabile, risultando in particolare impugnabili con lo strumento dell’appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. attivato dall’interessato solo le ordinanze in materia di sequestro preventivo e il decreto di revoca del sequestro emesso nel corso delle indagini preliminari.

Di qui la declaratoria di inammissibilità, contro cui qui ricorre il M., che sostiene, da un lato, la competenza ad adottare il provvedimento di vendita/distruzione solo del giudice, e non anche del pubblico ministero, e, dall’altro, l’insussistenza dei presupposti per la vendita/distruzione si sostiene che nessuna rilevante spesa per l’Erario poteva derivarne essendo stato indicato un luogo ove custodire il veicolo. Sostiene ancora la esistenza di un interesse concreto a dolersi del provvedimento, giacchè, in ogni caso, la possibilità di rivalersi sulla somma ricavata dalla vendita, non escludeva la sussistenza di un interesse afferente "il diritto di proprietà" e il "valore funzionale" del veicolo.

Nel merito, poi, articola contestazioni sulla fondatezza della contestazione provvisoria.

Il Procuratore generale presso questa Corte insta per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sulla base del principio di tassatività delle impugnazioni. Ritiene, poi, che competente ad adottare il provvedimento de quo correttamente doveva ritenersi il pubblico ministero.

Il ricorso è infondato.

Vale l’assorbente rilievo che, in base al principio di tassatività, il provvedimento de quo non è soggetto ad alcun mezzo di impugnazione, tantomeno all’appello ex art. 322 bis cod. proc. pen..

In tal senso corretta è la soluzione adottata dal giudice cautelare, giacchè, in applicazione della regola generale di cui all’art. 568 c.p.p., comma 1, esteso anche alla materia cautelare, il provvedimento adottato dal pubblico ministero D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 151 non è assoggettabile ad alcun mezzo di impugnazione.

Va solo soggiunto, per completezza, che non è revocabile in dubbio la competenza del pubblico ministero ad adottarlo in fase di indagini preliminari, giacchè il riferimento al "magistrato" contenuto nella richiamata disposizione è da intendere esteso non solo al giudice, ma anche al pubblico ministero, allorquando, come nella fase delle indagini preliminari, sia tale organo a "procedere".

L’apprezzamento circa i presupposti sulla vendita/distruzione è rimessa, quindi, all’organo procedente e non può essere censurata coltivando lo strumento delle impugnazioni.

Tale conclusione non giustificherebbe la considerazione, pure plausibile, che l’ordinamento non appresti efficace tutela del cittadino nei confronti degli atti posti in essere dal pubblico ministero, quale organo dell’esecuzione, tra i quali indubbiamente rientra il decreto di vendita dell’autovettura a seguito di sequestro preventivo disposto dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità, condivisa da questo Collegio (v. Sez. 3^, 20 dicembre 2007, Stravati, rv. 238530;

Sez. 3^, 25 marzo 2003, Massa, rv. 224672; Sez. 1^, 17 giugno 1999, Crea O., rv. 214236)) l’atto con il quale il pubblico ministro, nell’ambito dei poteri attribuitigli dall’art. 655 cod. proc. pen., determina le modalità esecutive di un provvedimento giurisdizionale, non avendo contenuto decisorio ed attitudine a definire il rapporto processuale, non hanno natura giurisdizionale ma amministrativa, promanando da un organo le cui funzioni, in quella fase, sono eminentemente di carattere esecutivo e amministrativo.

Ne consegue, per quanto, qui rileva, che per ottenere una pronuncia ablativa o modificativa di tali provvedimenti è esperibile lo specifico rimedio dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., che ha una portata più generale e riguarda tutti i provvedimenti adottati in sede esecutiva dal pubblico ministero. Tali provvedimenti non possono, pertanto, essere impugnati con i mezzi d’impugnazione previsti per i provvedimenti giurisdizionali ed in particolare con la richiesta di riesame di cui all’art. 322 cod. proc. pen., perchè anche questa si riferisce al provvedimento del giudice.

Ne consegue altresì che tali atti, quand’anche fossero abnormi, non potrebbero essere impugnati con ricorso per cassazione, perchè tale mezzo di impugnazione può essere esperito solo attraverso provvedimenti giurisdizionali.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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