Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-01-2011) 24-02-2011, n. 7135 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Rieti ha rigettato l’appello proposto da F.S. avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 22.3.2010, con il quale era stata respinta la richiesta di dissequestro di una cava.

Il Tribunale della libertà ha escluso che l’esercizio della predetta cava potesse ritenersi autorizzato ai sensi della L.R. Lazio 30 novembre 2001, n. 30, art. 1 per essere la sua coltivazione iniziata prima della imposizione del vincolo.

Sui punto l’ordinanza ha osservato che ai sensi della disposizione citata, in caso di imposizione di vincoli paesistici o ambientali successivamente all’inizio dell’attività estrattiva, la prosecuzione della stessa è subordinata alla presentazione di domanda di nulla osta secondo il progetto presentato prima dell’imposizione del vincolo e che i lavori possono essere ripresi conformemente a tale progetto.

Si rileva che, invece, l’appellante aveva presentato all’amministrazione regionale progetti aggiornati, ai quali non risultava applicabile la legge regionale richiamata, in quanto, in particolare, il progetto originario aveva ad oggetto un’area di 7.600 mq, mentre già nel dicembre 2004 l’area interessata dai lavori di coltivazione della cava aveva un’estensione di 22.000 mq.; ulteriore estensione per la quale sarebbe stata necessaria un’espressa autorizzazione della Regione.

Si aggiunge che nel caso in esame risulta contestata anche la violazione delle prescrizioni imposte con il nulla osto idrogeologico, di cui al capo c) dell’imputazione, mentre l’appello non si occupa di tale reato che ha giustificato, a sua volta, l’imposizione del vincolo.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione ed errata applicazione della L.R. n. 30 del 2001, art. 1 e vizi di motivazione.

Il ricorrente ripercorre i punti salienti dell’iter amministrativo relativo all’attivazione da parte del F. della procedura prevista dalla L.R. n. 30 del 2001.

Si osserva che l’esercizio della cava era stato autorizzato dal Comune di Contigliano nel 1962 e che dal verbale di assegnazione si evince che la stessa risultava della superficie di ha 2, delimitata ai tre angoli da termini lapidei murati sul terreno con malta cementizia.

Nel prosieguo si osserva, in sintesi, riportando l’esito di successivi accertamenti effettuati dal Corpo Forestale, secondo i quali la coltivazione della cava avveniva nei limiti stabiliti nel verbale di assegno, e le vicende amministrative e giudiziarie successive all’entrata in vigore della citata legge regionale, che sin dall’inizio l’area autorizzata dal progetto era di ha 2 e che i progetti che vengono denominati come aggiornati altro non sono che la riproposizione del progetto originario rivisitato in base ai progetti di recupero ambientale disposti dall’autorità giudiziaria.

Si aggiunge, infine, che in tal senso si era già espresso il Tribunale di Rieti con sentenza del 5.12.2003, la cui motivazione confligge irrimediabilmente con l’ordinanza gravata.

Il ricorso non è fondato.

L’ordinanza impugnata ha rilevato che la misura cautelare è fondata anche sulla imputazione di cui al capo c) del decreto di sequestro, per la violazione delle prescrizioni contenute nel nulla osta idrogeologico; violazione che non ha formato oggetto di censura da parte dell’appellante in sede di impugnazione di merito e neppure costituisce motivo di ricorso.

La citata violazione, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, giustifica di per sè il mantenimento del vincolo.

Per quanto riguarda, poi, le censure formulate della difesa dell’indagato le stesse, sotto l’apparente denuncia della violazione ed errata applicazione della citata legge regionale, sostanzialmente si esauriscono nella contestazione delle risultanze fattuali, in ordine all’estensione dell’area sulla quale era stata originariamente autorizzata la coltivazione della cava ed alla novità dei progetti presentati per la autorizzazione alla prosecuzione del suo esercizio rispetto a quello originario;

elementi di fatto sui quali è fondato il sequestro e lo stesso provvedimento impugnato.

Contestazione che non può essere riproposta in sede di legittimità.

Dallo stesso ricorso, peraltro, risulta che il F. è stato già condannato dal Tribunale di Rieti con sentenza del 25.6.2002, divenuta definitiva, per i reati di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 e art. 734 c.p., con conseguente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Inoltre, la motivazione della citata sentenza del Tribunale di Rieti in data 5.12.2003, che ha assolto l’imputato dal reato di cui al D.Lgs n. 490 del 1999, art. 163, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, non confligge affatto con l’ordinanza impugnata, in quanto la formula assolutoria è fondata non solo sulla carenza di adeguati accertamenti in ordine al progetto originario, che non risultava rinvenuto, ma soprattutto sulla esclusione dell’elemento psicologico del reato, per avere il F. agito in base ad errore incolpevole.

Sicchè, essendo contestata nella specie l’esecuzione di un’attività successiva a quella di cui alla pronuncia di assoluzione e peraltro afferente anche ad altre ipotesi di reato, la sentenza citata dal ricorrente non esplica alcun effetto ostativo ai sensi dell’art. 649 c.p.p.; nè, per quanto rilevato, la sua motivazione contrasta con un eventuale accertamento diverso in punto di fatto.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *