Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 8332 Padroni e committenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il (OMISSIS) un cane pastore tedesco affidato alla piccola G. feriva al volto G.D. di anni dieci che si era avvicinato alla bimba.

2. Con citazione del 7 marzo 2000 i genitori di D., G. F. e P.R., convenivano dinanzi al tribunale di Roma i genitori di G., Gi. e M.T. e ne chiedevano la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali. Resisteva M.T., restava contumace Gi..

2. Il Tribunale di Roma con sentenza del 27 maggio 2003 affermava la responsabilità della madre M.T. e la condannava al risarcimento dei danni nella misura di complessive Euro 15.578,00 oltre il lucro cessante, interessi e spese di lite.

3. Contro la decisione proponevano appello le parti lese chiedendo la condanna solidale anche dell’altro genitore e la migliore determinazione dei danni e deducendo omessa pronuncia per responsabilità ai sensi dello art. 96 c.p.c. Resisteva la sola M.T., restava contumace il marito.

4. La Corte di appello di Roma con sentenza del 15 gennaio 2008, in parziale riforma dichiarava i coniugi M. responsabili in solido e lo condannava, quali genitori esercenti la potestà sul minore G.D., la somma di Euro 35.022,16 oltre lucro cessante ed interessi, ed al rimborso forfettario delle spese generali in relazione alla liquidazione data dal primo giudice ed alla rifusione delle spese del grado.

5. Contro la decisione ricorre G.G., maggiorenne, deducendo cinque motivi di ricorso. Resistono le controparti con due distinti controricorsi. M.T. produce memoria.
Motivi della decisione

6. Il ricorso non merita accoglimento. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva ed a seguire la confutazione in diritto.

6.A. SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce error in iudicando per la mancata liquidazione di danni biologici indiretti e consequenziali a successivi interventi chirurgici di natura estetica, determinanti periodi di inabilità temporanea, come precisato nel quesito sulla base del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 c.c. Nel secondo motivo si deduce omessa motivazione in relazione alle componenti del danno biologico relative alla vita di relazione ed alla vita sessuale, e lo error in iudicando per la violazione dei criteri risarcitori su tali punti.

Nel terzo motivo si deduce il vizio della motivazione in relazione alla perdita della capacità lavorativa generica che attiene al danno biologico e non già ad una componente patrimoniale.

Nel quarto motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione, in relazione alla mancata enunciazione di criteri certi in ordine alla valutazione del danno biologico e del danno non patrimoniale.

Nel quinto motivo si deduce vizio della motivazione ed error in iudicando in relazione al danno patrimoniale per la perdita della capacità lavorativa specifica.

7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Questa Corte, nel conformarsi ai dieta nomofilattici delle Sezioni Unite civili 11 novembre 2008 n. 26972, ed ai principi generali sulla integralità del risarcimento del danno alla persona, quando viene lesa la salute, in tutte le sue componenti patrimoniali e non patrimoniali, ritiene che nella particolare fattispecie, come circostanziata, considerata dalla Corte romana, la valutazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali sia esente da censure per violazione di norme di legge, essendo invece conforme ai principi equitativi in relazione alla gravità delle conseguenze come medicalmente accertate e quindi stimate dalla prudente discrezionalità del giudice nella sua stima complessiva dei danni non patrimoniali.

Il primo motivo, che richiede una valutazione di inabilità futura, è infondato in ordine alla mancata specificazione di circostanze di rilievo medico.

Il secondo motivo, che richiede una valutazione della perdita della vita di relazione e delle difficoltà di natura sessuale, è inammissibile per la sua genericità.

Il terzo motivo che deduce il vizio della motivazione sulla capacità generica, come componente del danno biologico, appare infondato in relazione alla considerazione che le cicatrici al volto non precludono alcuna attività lavorativa futura, come si legge a ff. 3 della motivazione, dove la Corte usa impropriamente la aggettivazione di attività lavorativa specifica, per poi tornare a considerarla anche sotto il profilo del danno patrimoniale.

Il quarto motivo che pure esprime la esigenza di una motivazione fondata su criteri oggettivi certi, non può certo riferirsi alla aestimatio del giudice, ma ai parametri convenzionali della medicina legale, e ad un giudizio equitativo che si conforma ragionevolmente al criterio della gravità della lesione sui vari aspetti rilevanti della vita di una persona giovanissima, che si ritrova deturpata nel viso.

La Corte romana ha dato conto delle varie componenti del danno biologico, del danno estetico riportato alla sfera psicologico esistenziale, e del danno morale, per pervenire ad una equa valutazione analitica e quindi globale.

Infondato infine il quinto motivo, posto che la valutazione data sulle future difficoltà del giovinetto decenne nel mondo del lavoro, non si fonda su elementi certi rivelatori di difficoltà obbiettive e discriminanti.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. La peculiarità del caso anche in relazione alle difficoltà dello approccio medico legale, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti in lite.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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