Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-01-2011) 24-02-2011, n. 7169 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Firenze ha respinto l’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del locale Giudice per le Indagini preliminari, che aveva rigettato l’istanza della Procura della Repubblica di sequestro preventivo dei filmati costituenti la serie televisiva intitolata "Il Mostro di Firenze", ipotizzando a carico dei responsabili il delitto di diffamazione aggravato a mezzo stampa in danno di C. F., a suo tempo indagato e poi prosciolto in sede di udienza preliminare dall’accusa di aver concorso in almeno quattro dei delitti attribuiti al c.d. "mostro di Firenze".

Il G.I.P. aveva rilevato che sussisteva l’interesse pubblico alla divulgazione delle circostanze e delle indagini relative ai delitti del "mostro di Firenze" e che le modalità di divulgazione non avevano superato il limite della continenza; che, quanto al contenuto informativo degli episodi costituenti la serie, i fatti riferiti erano sostanzialmente veri anche se, in realtà, avvenuti con modalità parzialmente diverse, concernendo tuttavia le discrasie le modalità di singoli accadimenti e non la sostanza dei medesimi – così che non se ne potesse trarre la conclusione di una sostanziale divergenza fra il contenuto informativo dei diversi episodi e l’accertamento dei fatti contenuto nella sentenza di proscioglimento del C. – e trovando tali divergenze la loro giustificazione nella natura non documentaristica dell’opera, ma nella sua natura di sceneggiato televisivo, cui poteva essere connaturale una certa parte di invenzione di fantasia. Il Tribunale ha rigettato l’appello del Pubblico Ministero, osservando che l’opera in questione non era da qualificarsi come documentaristica, irrilevante essendo a tal fine che fossero stati utilizzati i veri nomi e cognomi dei protagonisti delle vicende, ma che rimaneva in ogni caso opera di fantasia (c.d. fiction), sia pure ispirata ad episodi realmente accaduti, nella quale necessariamente si stemperava la fedeltà al dato reale, in quanto manifestazione della libertà di creazione artistica.

Anche il Tribunale del riesame, come il primo giudice, ha esaminato i singoli episodi denunciati, in relazione alle diverse puntate dell’opera, ed ha rilevato come i passaggi che si discostavano dalla realtà non travalicassero il limite della licenza artistica e come in definitiva il film, nel suo complesso, centrato più sulla figura delle parti offese e sulle difficoltà delle indagini, non fosse tale da indurre nel pubblico il messaggio che C. fosse stato il mandante di quattro degli omicidi.

Propone ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze deducendo manifesta illogicità, contraddittorietà, mancanza della motivazione ed erronea applicazione della legge penale.

Rileva che la serie sarebbe da qualificare come "documento-film", non tanto perchè erano stati utilizzati i veri nomi e cognomi dei protagonisti, ma perchè era stata la stessa produzione ad attribuire all’opera il carattere documentaristico, con esclusione quindi della natura di c.d. fiction. Osserva come la ricostruzione dei diversi episodi, e di tutte le circostanze dei fatti, fosse stata rigorosamente fedele alla realtà, con eccezione di alcune situazioni concernenti il solo C., in danno alla cui reputazione erano state inventate situazioni irrispettose della realtà degli accadimenti non giustificabili con la libertà di creazione artistica, che, se costituzionalmente garantita, trova il suo limite nella tutela dell’onore e della reputazione personale, non sacrificabili alla libertà creativa.

Hanno depositato memoria i difensori degli indagati M., L. e T. con la quale chiedono sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero. Ad avviso del Collegio il ricorso è inammissibile perchè sottopone al giudizio di legittimità questioni relative alla motivazione del provvedimento – di cui si lamenta difetto di logicità e della quale non si condividono le valutazioni circa il rispetto dei limiti del diritto di espressione artistica – senza considerare che in materia di sequestro preventivo il ricorso per Cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, può aver ad oggetto la motivazione solo per denunciarne i casi estremi di violazione dell’art. 125 c.p.p., per la totale fisica mancanza della stessa o una tale mancanza della necessaria argomentazione a sostegno del provvedimento, da costituire motivazione apparente (cfr. per tutte Sez. 5, sent. n. 35532 del 25/6/2010, Rv. 248129, ric: Angelici).

Nel caso di specie il ricorrente non deduce omissione o sostanziale inesistenza di motivazione, ma censura le considerazioni del provvedimento impugnato ed il suo contenuto valutativo sull’estensione, nella specie, delle manifestazioni del diritto di creazione artistica, come manifestazione del diritto di espressione del pensiero.

Profili diversi di violazione di legge non vengono evidenziati dal ricorrente, la cui impugnazione quindi non può che essere dichiarata inammissibile.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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