Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 8322 Godimento ed utilizzazione del bene locato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. La Immobiliare Velate sas di Rumore Giuseppe ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1367 del 2.12.08 con cui, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 20829/06, è stato quantificato il danno per ritardato rilascio di un immobile locato ad uso non abitativo per lucro cessante compresi i soli interessi compensativi, ma escluso – per carenza di prova – quello per danno emergente.

1.2. Secondo quanto emerge dalla richiamata Cass. 20829/06:

"Con citazione del 30 marzo 1994 la società Immobiliare Velate S.A.S., che aveva concesso in locazione ad uso diverso dall’abitazione alla società COM.TA.L. S.R.L. il compendio immobiliare di sua proprietà in Torino, intimava alla società conduttrice licenza per finita locazione alla scadenza del 30 giugno 1996.

Il Pretore, con provvedimento interinale ex art. 665 c.p.c., ordinava il rilascio dell ‘immobile e rimetteva le parti per il giudizio di merito innanzi al Tribunale di Torino, competente per valore, che, con sentenza depositata il 1 aprile 1997, condannava la società conduttrice al rilascio dell’immobile.

Con atto di precetto dell’8 luglio 1996 la società locatrice intimava il rilascio dell’immobile.

La società COM.TA.L. S.R.L. proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 1, con cui chiedeva che il precetto fosse dichiarato nullo ed inefficace perchè la società locatrice non aveva corrisposto la indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, della quale reclamava la spettanza e chiedeva la determinazione.

La società Immobiliare Velate S.A.S. contrastava l’opposizione;

deduceva che il compenso per l’avviamento non era dovuto, non sussistendone le condizioni, di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 34;

a sua volta reclamava il risarcimento dei danni per la ritardata restituzione dell’immobile locato, ai sensi dell’art. 1591 c.c., seconda parte, e per la mancata esecuzione delle opere di riparazione.

Il Tribunale di Torino, con sentenza il cui dispositivo era letto all’udienza del 13 dicembre 2001, dichiarava inefficace il precetto e riconosceva alla società conduttrice la spettanza dell’indennità per l’avviamento commerciale, che determinava nella misura di L. 62.121.600.

Sull’impugnazione della società Immobiliare Velate S.A.S. provvedeva la Corte d’Appello di Torino con la sentenza pubblicata il 16 settembre 2002, che dichiarava inammissibile l’opposizione a precetto; rigettava la domanda della società conduttrice diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità per l’avviamento commerciale; condannava la società appellata al risarcimento dei danni per la ritardata restituzione dell’immobile locato; compensava in ragione di un terzo le spese dei due gradi del giudizio, che per il resto poneva a carico della società appellata.

Ai fini che ancora interessano i giudici dell’appello, quanto alla domanda avente ad oggetto il riconoscimento e la determinazione dell’indennità per l’avviamento commerciale, consideravano che:

a) la società COM.TA.L. S.R.L. non aveva mai nè dedotto, nè offerto di provare che nei locali condotti in locazione avvenisse il contatto con il pubblico degli utilizzatori finali, essendosi limitata soltanto a fare riferimento al suo oggetto sociale, per cui tanto bastava per rigettare la domanda;

b) agli atti era, piuttosto, la prova documentale dell’assoluta certezza dell’assenza di contatto con il pubblico nei locali suddetti;

c) a tutto concedere lrattività svolta negli immobili locati, secondo la prodotta certificazione di iscrizione alla Camera di Commercio e le successive precisazioni del medesimo Ufficio, costituiva commercio all’ingrosso di lamiere semilavorate e per essa era escluso il diritto all’indennità per l’avviamento;

d) la maggior parte degli acquirenti era da soggetti produttori di altri beni e non essi stessi utilizzatori finali.

Quanto alla domanda di risarcimento del maggior danno da ritardata restituzione dei locali ( art. 1591 c.c., seconda parte), il giudice di secondo grado considerava, sulla scorta dei contratti di locazione registrati relativi ad immobili ad uso diverso dall’abitazione della stessa zona della città, che il valore locativo dell’immobile condotto dalla società COM.TA.L. S.R.L., calcolato in rapporto alla media dei canoni a metro quadrato desunta dai suddetti contratti, era pari all’importo mensile di L. 15.000.000, somma questa che era stata offerta dal terzo D.M. per rilevarne la locazione dopo che ad esso fossero state effettuate le necessarie opere di manutenzione e ripristino da parte della società proprietaria". 1.3. Questa Corte, con la richiamata sentenza 20829/06, definì la questione sull’indennità di avviamento e, per quel che qui ancora rileva, cassò la pronuncia relativa alla liquidazione del danno da ritardata restituzione, con rinvio a diversa sezione della Corte di Appello di Torino affinchè :

applicasse il seguente principio di diritto: il maggior danno di cui all’art. 1591 c.c. richiede la specifica dimostrazione di un’effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato, nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente od in altre analoghe situazioni pregiudizievoli, con la precisazione che al riguardo debbono venire in evidenza le condizioni dell’immobile, la sua ubicazione e l’epoca della possibile sua utilizzazione";

– esaminasse anche, in adeguata motivazione, se ed in quale misura nel predetto calcolo del lucro cessante possa essere attribuita valenza al rilascio parziale della res locata;

valutasse, se del caso sulla scorta di indagini tecniche e dovendo la questione relativa allo stato dell’immobile all’epoca del rilascio in relazione alle opere necessarie al suo ripristino venire all’esame del giudice del rinvio in rapporto alla domanda risarcitoria da lucro cessante ex art. 1591 c.c. se ed in quale misura la conduttrice fosse tenuta a rimborsarne l’importo alla locatrice.

1.4. All’esito del giudizio di rinvio, la Corte di Appello di Torino ha alla fine liquidato il danno in Euro 90.000, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, condannando la Com.Ta.L. – Commercio Taglio Lamiere srl al pagamento della stessa somma, oltre che delle spese di lite di tutti i gradi di giudizio; in particolare, pervenendo a tale importo mediante una liquidazione equitativa in ragione del 20% della differenza tra i valori locativi dell’intero complesso e di quella sua parte rilasciata il 26.2.01 e suscettibile di autonoma locazione, diminuita delle indennità di locazione percepite, il tutto abbattuto per la non riconoscibilita degli oneri fiscali, per la variabilità dei presumibili costi di produzione e per le spese comunque sostenute per rendere nuovamente locabile l’immobile; ed escludendo il danno emergente per non potersi considerare provato che gli esborsi esposti fossero relativi a spese per ovviare a difetti di manutenzione a carico della conduttrice.

2. Per la cassazione della sentenza n. 1367/08 della Corte di Appello di Torino propone ricorso la Immobiliare Velate sas, affidandosi ad otto motivi; resiste con controricorso, dispiegando a sua volta ricorso incidentale articolato su tre motivi, la Com.Ta.L. – Commercio Taglio Lamiere srl; ed a quest’ultimo replica, con ulteriore controricorso, la ricorrente principale. E, presentate memorie da entrambe le parti, all’udienza pubblica del 17.2.11 compare per la discussione orale soltanto la controricorrente.
Motivi della decisione

3. La ricorrente principale sviluppa nove motivi:

3.1. un primo, di violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 6, 72, 81, 85 per la dedotta erroneità dell’affermazione della non sottoposizione del risarcimento ad oneri fiscali, posta tra le altre a fondamento della decurtazione del valore locativo netto di Euro 456.320,45; motivo concluso con il prescritto quesito di diritto;

3.2. un secondo, per motivazione insufficiente, in relazione all’adduzione, quale fattore negativo di determinazione del lucro cessante, sia della non sottoposizione – oltretutto errata dal punto di vista strettamente giuridico, secondo quanto esposto al primo motivo – del risarcimento ad oneri fiscali, sia della considerazione degli oneri di gestione, manutenzione e ammortamento; motivo concluso con il prescritto riepilogo;

3.3. un terzo, per contraddittorieta della motivazione nel punto in cui, per la determinazione del danno, è stato portato in deduzione il costo delle spese necessarie per rendere nuovamente locabile l’immobile, mentre invece i valori stimati dal C.T.U. e fatti propri dalla stessa sentenza si riferivano appunto all’immobile nello stato in cui si trovava prima della ristrutturazione; motivo concluso con il prescritto riepilogo;

3.4. un quarto, per insufficienza della motivazione in ordine alla decurtazione dell’80% pure applicata; motivo concluso con il prescritto riepilogo;

3.5. un quinto, di violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c., per omesso riconoscimento della rivalutazione all’attualità dei valori locativi, calcolati dal C.T.U., peraltro in modo conforme ai quesiti formulatigli, in riferimento ai singoli periodi di occupazione: e tanto benchè il relativo credito fosse di valore, con conseguente insufficienza del riconoscimento dei soli interessi compensativi; motivo concluso con il prescritto quesito;

3.6. un sesto, di violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219 e 1223 c.c., per l’erroneità del riconoscimento, quale dies a quo degli interessi compensativi, della data della domanda, mentre invece non era necessaria alcuna costituzione in mora se non altro a far tempo dalla scadenza del contratto di locazione; motivo concluso con il prescritto quesito;

3.7. un settimo, per omessa motivazione sulla reiezione della domanda di risarcimento del danno emergente, con cui si contesta la correttezza del primo dei due motivi addotti a tal fine dalla Corte territoriale (mancanza di prova dell’ascrivibilità delle condizioni dell’immobile ad inadempimento del conduttore): per avere al contrario contrattualmente assunto la locataria ogni obbligo anche relativo all’ordinaria manutenzione; motivo concluso con il prescritto riepilogo;

3.8. un ottavo, per omessa motivazione sulla reiezione della domanda di risarcimento del danno emergente, con cui si contesta la correttezza del secondo dei due motivi addotti a tal fine dalla Corte territoriale (mancanza di prova dell’ascrivibilità degli esborsi alle riparazioni indotte da fatti imputabili alla conduttrice, piuttosto che alla scelta di trasformare il complesso edilizio per attribuirvi un valore aggiunto): per potersi invece desumere la quota di tali costi dalla relazione di parte; motivo concluso con il prescritto riepilogo;

3.9. un nono (benchè rubricato come ottavo), per insufficienza della motivazione, consistente nell’omessa disposizione di C.T.U. per l’individuazione del danno emergente sulla base della documentazione fotografica già prodotta; motivo concluso con il prescritto riepilogo.

4. Nel controricorso la Com.Ta.L. – Commercio Taglio Lamiere srl:

4.1. contesta analiticamente le avverse censure, dopo avere avvinto le prime con la complessiva critica di tendere ad una non consentita rivalutazione della valutazione equitativa del giudice di merito;

4.2. protesta che la valutazione equitativa può legittimamente essere operata in via onnicomprensiva e quindi senza rivalutazione monetaria;

4.3. eccepisce l’infondatezza delle censure sul danno emergente, sia per l’incidenza della vetustà di costruzione sulle condizioni specifiche del bene locato, sia per l’irrilevanza delle risultanze della consulenza di parte;

4.4. propone a sua volta ricorso incidentale avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino:

4.4.1. con un primo motivo lamentando l’errata interpretazione ed applicazione dell’art. 1591 c.c. alla luce del principio di diritto affermato in sede di rinvio, il quale non comportava automaticamente il risarcimento del valore locativo presumibilmente ricavabile dalla locazione, mentre la Corte territoriale aveva evidenziato l’impossibilità di accertare lo stato dell’immobile nelle diverse epoche di rilascio, per la carente e tardiva allegazione degli elementi di fatto, il tempo trascorso e le modifiche nel frattempo intervenute; motivo concluso con il prescritto quesito;

4.4.2. con un secondo motivo adducendo un’omissione di pronuncia, in violazione degli artt. 112 e 389 c.p.c., sulla domanda di restituzione – o su quella subordinata di compensazione – di somme pagate da essa locataria in esecuzione della prima sentenza di appello (peraltro dispiegata con separato ricorso per decreto ingiuntivo, concesso e confermato almeno in primo grado con il rigetto dell’opposizione dispiegata avverso di esso); motivo concluso con il prescritto quesito e corredato della produzione di documentazione sui pagamenti effettuati e sullo stato del separato giudizio;

4.4.3. con un terzo motivo dolendosi di violazione di legge e contestuale vizio di motivazione in ordine alla statuizione sulle spese, visto che essa locataria doveva considerarsi vittoriosa quanto meno nel giudizio di cassazione e che la Corte territoriale immotivatamente aveva accollato per intero le spese di tutta la lite alla locataria stessa.

5. Con successivo controricorso, finalizzato a resistere al ricorso incidentale, la Immobiliare Velate sas ha dedotto l’inammissibilità della documentazione prodotta dalla controparte in uno al ricorso incidentale, comunque argomentando per l’infondatezza dei tre motivi su cui questo si articola, separatamente esaminati.

6. Per il suo carattere pregiudiziale, va esaminato dapprima il primo motivo di ricorso incidentale (di cui sopra, sub 4.4.1), con il quale la locataria si duole della violazione del principio di diritto affermato nella sentenza di questa Corte, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe riscontrato in concreto, quanto a lucro cessante, l’esistenza del pregiudizio al patrimonio della locatrice, pure per la difficoltà di ricostruire lo stato dell’immobile alle diverse scadenze: ma esso è infondato, visto che i giudici torinesi individuano una serie di elementi indiziari gravi, univoci e concordanti (v. pag. 9 e seg. della sentenza qui impugnata) con motivazione scevra da vizi logici e giuridici; d’altro canto, la ricorrente incidentale, pur riportando uno stralcio di poche righe di un’ordinanza istruttoria della Corte territoriale del 18.1.08, da cui si desumerebbe l’impossibilità di accertare lo stato dell’immobile, non riporta poi (in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, applicabile anche a quello incidentale) e quindi tanto meno analiticamente censura i passaggi argomentativi della C.T.U. che è seguita e che è stata con tutta evidenza fatta propria dai giudici del rinvio, passaggi che invece sono a base dell’individuazione di un ben preciso valore locativo alle determinate e rispettive scadenze ed in rapporto alle specifiche condizioni ad ognuna di queste.

7. Può così passarsi alla disamina del ricorso principale; ed al riguardo le doglianze della ricorrente principale in ordine al lucro cessante, globalmente considerate (motivi dal primo al sesto, di cui sopra ai punti da 3.1 a 3.6), debbono riconoscersi fondate nei sensi di cui appresso:

7.1. è ben vero che la valutazione equitativa costituisce un apprezzamento in fatto e che, come tale, essa è normalmente incensurabile in cassazione; ma è necessario addurre ed applicare ragioni, del processo logico sul quale detta valutazione è fondata, che siano congrue, per quanto anche solo sommariamente indicate (tra le molte, v. Cass. 30 maggio 2002 n. 7896);

7.2. nel caso in esame, le ragioni di decurtazione del valore locativo sono ora imprecise, ora francamente incongrue, ora perfino scorrette:

7.2.1. non essendo corretta la tesi della non assoggettabilità delle somme percepite ai sensi dell’art. 1591 c.c. a tassazione di alcun tipo, se non altro in considerazione della norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 2 e succ. mod., che equipara ai redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi; e non rilevando, in concreto, che sulle somme sia o meno stata pagata l’imposta dovuta, tanto non elidendo l’originario debito tributario del percipiente ed attenendo ai successivi rapporti tra costui e l’autorità finanziaria, cui resta estraneo il rapporto con il solvens;

7.2.2. essendo incongruo considerare le spese necessarie per rendere nuovamente locabile il complesso immobiliare, atteso che i valori locativi sono stati considerati secondo quanto emerge dai soli atti direttamente scrutinabili da parte di questa Corte – in relazione alle condizioni dell’immobile alle diverse epoche prese a riferimento, sicchè il mancato guadagno era relativo appunto allo stato di quello;

7.2.3. essendo incongruo valutare nella loro interezza gli oneri di gestione, relativi all’attività imprenditoriale di una società che professionalmente gestisce immobili, all’ipotesi della mancata disponibilità dell’immobile, perchè in tale situazione quelli ordinariamente collegati al normale sfruttamento del bene conseguibile con la disponibilità sono rimpiazzati quanto meno da quelli derivanti dalla gestione del contenzioso, dei quali non può farsi carico al danneggiato, siccome dipendenti proprio dall’inadempimento del conduttore (che verrebbe così a beneficiare di un’indebita esenzione dalle conseguenze della sua propria non legittima condotta, con conseguente iniqua duplicazione invece del detrimento dell’incolpevole creditore alla restituzione del bene);

7.2.4. essendo incongruo considerare il tempo occorrente a reperire altri soggetti interessati alla locazione, visto che l’indisponibilità, collegata alla mancata restituzione, ha plausibilmente – in applicazione di nozioni di comune esperienza sugli effetti di tale situazione – dilatato i tempi di ricerca e diminuito la probabilità di potenziali nuovi locatari (e dipendendo quindi anche tale negativa conseguenza per il locatore dalla condotta illegittima del conduttore inadempiente);

7.3. inoltre, se è vero che non è certo necessario, per la liquidazione equitativa, dare conto in modo analitico dell’incidenza di singoli fattori, non potendosi mai pretendere un’applicazione matematica di voci e coefficienti, è pur vero che, sia pure in modo globale e sommario:

7.3.1. occorre pur sempre l’adduzione di un congruo motivo in base al quale si giunge al risultato finale; e, nel caso di specie, per la giustificazione di un così ampio scarto – pari a ben l’80% – tra il dato originario e quello finale di determinazione della liquidazione, tanto da sostanzialmente vanificare il primo, i giudici di merito si limitano ad un generico – e perciò insufficiente – stilema del tipo "stimato congruo";

7.3.2. comunque avrebbe meritato approfondimento la questione della determinazione della rilevanza del risultato utile anzichè del ricavo totale (al lordo di imposte ed oneri), in rapporto se del caso ai dati – se ritualmente già acquisiti – degli utili di gestione medi od ordinari per la società locatrice, che esercitava – come accertato dai giudici di merito – tale attività in forma professionale, nel medesimo periodo cui si riferisce la mancata restituzione;

7.4. ancora (specificamente quanto ai motivi 3.5. e 3.6), se è vero che il carattere equitativo della liquidazione può comportare che nel valore finale sia compresa anche la rivalutazione, cosa che avviene riferendo detto valore all’epoca della liquidazione e limitando gli accessori ai soli interessi da un’epoca successiva al fatto generatore di responsabilità, le ragioni di tale pur legittima scelta, che finisce con ulteriormente – e sensibilmente – abbattere l’entità del risarcimento in concreto liquidata, devono pur sempre, benchè anche in questo caso pure solamente in modo sommario, essere esplicitate o indicate;

7.5. la valutazione del lucro cessante è perciò nel suo complesso incongrua e non sorretta da valide ragioni e, al riguardo, non è possibile fare a meno di cassare la qui gravata decisione con ulteriore rinvio alla Corte di appello, affinchè essa applichi il seguente principio di diritto: nella liquidazione equitativa del risarcimento del danno da lucro cessante per ritardata restituzione dell’immobile locato, il giudice deve applicare ragioni congrue, anche se sommariamente indicate, ove intenda ridimensionare i dati a sua disposizione dei ricavi lordi presumibili; e tra esse non possono comprendersi decurtazioni per oneri fiscali, comunque a vario o diverso titolo incombenti sul risarcimento, nonchè per le conseguenze dirette della mancata disponibilità o per il ripristino o la modifica dei locali, quando il valore locativo è stato calcolato in rapporto al loro stato effettivo; e comunque occorrendo dare adeguato, anche se solo sommario, conto sia delle ragioni dell’entità complessiva della decurtazione rispetto al dato certo di partenza costituito dal valore locativo potenziale, soprattutto se di ingente entità (anche in relazione al rapporto tra ricavi lordi ed utili di gestione – questi a loro volta al lordo peraltro di oneri fiscali e di spese indotte dalla mancata disponibilità – in concreto riscontrato nell’attività di impresa della locatrice nel periodo di mancata disponibilità del bene), sia della determinazione di riferire la liquidazione all’attualità anzichè al tempo dei fatti e di limitare la decorrenza degli accessori.

8. Anche i motivi di ricorso principale relativi alla reiezione della domanda sul danno emergente sono fondati:

8.1. il giudice del rinvio, cui la questione è stata devoluta per essere stata ritenuta assorbita con la (precedente sentenza n. 20829/06 di questa Corte, ha ritenuto carente la prova dell’ascrivibilità dei costi di ristrutturazione – allegati per ben Euro 607.947,15, ma richiesti solo per la quota appunto imputabile al ripristino – a fatti o condotte del conduttore, piuttosto che alla libera scelta della locatrice di trasformare l’immobile per attribuirvi un valore aggiunto;

8.2. in tal modo, peraltro, la Corte territoriale ha totalmente omesso di prendere in considerazione le conseguenze dell’obbligo contrattualmente assunto dalla locataria, con l’art. 4 del contratto riprodotto nel ricorso principale con indicazione della sua affoliazione agli atti di causa fin dal primo grado, di provvedere a tutte le opere di manutenzione anche straordinaria: sicchè, se non altro in teoria, la tesi della locatrice dell’ascrivibilità a controparte di tutte le spese necessarie per il ripristino andava verificata con apposita e specifica indagine tecnica, del resto significativamente suggerita proprio da questa Corte nel passaggio finale della motivazione della più volte richiamata sentenza n. 20829/06;

8.3. nel caso in esame, per la peculiarità della situazione, consistente nell’avere la locatrice eseguito diversi complessivi lavori di ristrutturazione dell’immobile, di fronte alla possibilità, comunque conseguita la ricostruzione dello stato dell’immobile al momento della riconsegna (visto che il valore locativo è pacificamente – per quanto è dato evincere dal tenore testuale della sentenza gravata ed in rapporto ai soli atti direttamente scrutinabili da questa Corte – stato riferito alle condizioni del bene come via via esistenti in epoche diverse anteriori al rilascio), era con tutta evidenza allora necessario tentare una C.T.U. cosiddetta percipiente, beninteso sui dati comunque già ritualmente acquisiti, per l’evidente impossibilità di conseguire altrimenti la prova di quali, dei detti lavori e relativi costi, si potessero ascrivere al ripristino dell’immobile nelle condizioni esistenti al momento dell’inizio della locazione;

8.4. solo all’esito di un concreto tentativo in tal senso sarebbe stata valutabile un’eventuale – e solo stavolta definitiva od insuperabile – impossibilità, per l’intervenuto radicale mutamento dei luoghi o per la carenza di documentazione affidabile al riguardo, di determinare la quota dei lavori imputabili al fatto del conduttore e solo allora sarebbe stato possibile, in applicazione del principio dell’onere della prova, negare – per impossibilità, quand’anche non imputabile, di provarlo – il diritto della locatrice al risarcimento del relativo danno;

8.5. e va qualificata viziata la sentenza che esclude la prova di un fatto dopo avere negato alla parte onerata i mezzi istruttori, anche di ufficio disponibili, per suffragare le sue tesi: infatti, la mancata ammissione di un mezzo di prova da luogo ad un vizio di difetto di motivazione se le circostanze in ordine alle quali la prova è richiesta avrebbero potuto determinare una diversa decisione e se la motivazione con cui la richiesta è stata rigettata presenta vizi logico-giuridici (Cass. 30 agosto 1995 n. 9208, Cass. 23 maggio 2002 n. 7596); in altri termini, la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza, sotto il profilo dell’omesso o insufficiente esame della relativa istanza, tutte le volte in cui il mezzo stesso sia diretto a dimostrare punti decisivi della controversia, con la conseguenza che, potendo la Suprema Corte controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice cui è riservato l’apprezzamento dei fatti, la sentenza di merito va cassata per vizio inerente alla motivazione allorchè tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto, quale risulta dalla sentenza impugnata (Cass. 21 aprile 2005 n. 8357);

8.6. ne consegue che è fondata anche la complessiva doglianza sul rigetto della domanda per danno emergente – proprio perchè esclude la prova dell’imputabilità dei costi esposti al fatto del conduttore, conseguibile invece attraverso specifici mezzi istruttori – e che anche per questo profilo la sentenza impugnata va cassata con ulteriore rinvio, affinchè sia applicato alla controversia il seguente principio di diritto: la domanda di risarcimento del danno emergente arrecato all’immobile locato, riguardo al quale il conduttore abbia assunto contrattualmente l’obbligazione di provvedere ad ogni attività di manutenzione anche straordinaria, non può essere rigettata senza il previo espletamento di una specifica indagine tecnica sulla base degli elementi già ritualmente acquisiti, la quale tenti di isolare, dal coacervo delle complessive spese per lavori eseguiti dal locatore all’immobile ritenute documentate o attendibili, quelle relative ai costi di ripristino del bene nelle condizioni esistenti all’inizio della locazione.

9. Quanto ai motivi di ricorso incidentale, una volta già esaminato e rigettato il primo, gli altri due, relativi all’omessa pronuncia sulla domanda restitutoria e sul carico delle spese, restano assorbiti, essendo agevolmente e necessariamente rimessi al giudice dell’ulteriore rinvio le relative questioni, strettamente dipendenti dalla riconsiderazione della domanda principale della locatrice di risarcimento del danno nella sua duplice componente.

10. In conclusione, la gravata sentenza di rinvio va cassata, con rinvio alla stessa Corte di Appello di Torino in diversa composizione, affinchè si attenga ai principi di diritto di cui sopra ai paragrafi 7.5 ed 8.6 e perchè riesamini, di conseguenza ed in dipendenza della soluzione alle questioni a quelli sottese, le ulteriori questioni relative alla domanda di restituzione dispiegata dalla locataria ed al carico delle spese; al medesimo giudice del rinvio è in ogni caso rimessa la regolamentazione delle spese dell’intero giudizio, comprese quelle di legittimità.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale e, assorbiti il secondo ed il terzo motivo di ricorso incidentale, cassa con rinvio alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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