Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-02-2011, n. 1145 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 6478 del 2010 censurata con ricorso per revocazione la Sezione ha dichiarato irricevibile l’appello proposto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sede di -Roma n. 09560/2008.

Il Collegio ha rilevato, ex officio,il superamento del termine lungo di 1 anno di cui all’art. 327 del codice di procedura civile per impugnare la sentenza di primo grado non notificata.

L’appello, infatti, era stato notificato a mezzo del servizio postale il 21.12.2009 (come risultava dall’atto di accettazione di raccomandata da parte del servizio stesso), mentre il termine decadenziale di cui trattasi scadeva il 19.12.2009 (sabato), tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza appellata (4.11.2008).

L’amministrazione originaria resistente in primo grado soccombente in appello, ha chiesto la revocazione della decisione in epigrafe, ai sensi dell’art. 395 n. 4 del codice di procedura civile, assumendo che la sentenza era fondata su un errore di fatto, incidente su un punto non controverso.

Esso riposava nella omessa applicazione del disposto di cui all’art. 155 del codice di procedura civile, siccome novellato dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263 e dall’art.58 co. V della legge n. 18 giugno 2009, n. 69, (applicabile al procedimento in oggetto in quanto il ricorso era pendente alla data del 1 marzo 2006).

Posto che la scadenza del termine coincideva con il sabato, essa era prorogata al lunedì successivo ( art. 155 comma V del codice di procedura civile: "la proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato.").

In ogni caso, anche a volere prescindere dalla suindicata disposizione, il termine sarebbe scaduto il 20 dicembre 2009: trattavasi di giorno festivo (domenica) e pertanto il termine doveva essere prorogato al 21 dicembre 2009

Doveva pertanto essere revocata la impugnata decisione e dovevano essere esaminati nel merito i motivi di impugnazione proposti dall’odierna impugnante.

Essi erano fondati.

Il primo giudice aveva richiamato il combinatodisposto di cui agli articoli 2 comma IV e 22 comma II della legge 23 luglio 1991, n. 223 ed aveva escluso la applicabilità retroattiva di dette disposizioni, senza avvedersi che la richiesta di proroga presentata in data 9 novembre 1993 concretava una vicenda giuridica sorta ex novo.

Il provvedimento concessorio della cassa integrazione guadagni, infatti, risaliva a numerosi anni addietro, per cui la proroga non poteva essere ricollegata giuridicamente ed eziologicamente all’ originario provvedimento concessorio.

Nel merito, peraltro la società appellata non aveva dimostrato la sussistenza dei presupposti per ottenere la proroga del trattamento di integrazione salariale concesso a più di due anni di distanza.

In sede rescindente, conclusivamente, doveva essere annullata la decisione del Consiglio di Stato n. 6478 del 2010 e, rescissoriamente pronunciando, doveva essere accolto l’appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sede di -Roma n. 09560 del 2008, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

La società in liquidazione E.P. ha depositato una articolata memoria chiedendo in primo luogo che il ricorso per revocazione venga dichiarato inammissibile: se errore v’era stato, esso aveva natura giuridica, in quanto il Collegio non aveva ritenuto applicabile al caso di specie la sopravvenuta modifica dell’art. 155 del codice di procedura civile.

In ogni caso, nel merito i motivi di appello proposti dal Ministero erano infondati e collidenti con la circostanza che la richiesta di proroga del trattamento di integrazione poteva essere presentata unicamente in un momento successivo alla conoscenza dell’avvenuto rilascio del provvedimento concessorio del trattamento di integrazione salariale predetto.

Alla adunanza camerale del 15 febbraio 2011 la causa è stata assunta in decisione.
Motivi della decisione

1. Stante la completezza del contraddittorio e la fondatezza del ricorso per revocazione quanto alla devoluta statuizione rescindente il ricorso per revocazione può essere deciso con sentenza parziale assunta all’odierna adunanza camerale.

2. Il gravame revocatorio è certamente ammissibile.

2.1. Come è noto, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 del codice di procedura civile deve consistere in un "travisamento di fatto costitutivo di "quell’abbaglio dei sensi" che cade su un punto decisivo ma non espressamente controverso della causa." (ex multis, Consiglio Stato, sez. IV, 07 settembre 2006, n. 5196).

La ratio di tale condivisibile orientamento riposa nella necessità di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi (soprattutto, ovviamente, il problema si pone con riferimento alle sentenze pronunciate nell’ultimo grado di giudizio di merito, ovvero, per ciò che attiene ai procedimenti innanzi al Giudice Ordinario, in sede di legittimità) in una forma di gravame, teoricamente reiterabile più volte, idoneo a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale (ex multis Cassazione civile, sez. I, 19 giugno 2007, n. 14267).

Il rimedio in esame non è pertanto praticabile, allorchè incida su un aspetto della controversia che ha formato oggetto di valutazione giudiziale (tra le tante, Cassazione civile, sez. II, 22 giugno 2007, n. 14608).

La Sezione ha in passato condiviso pienamente tale orientamento ed ha affermato che "ai sensi dell’art. 395 n. 4 del codice di procedura civile, sono soggette a revocazione per errore di fatto le sentenze pronunciate in grado di appello, quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare" (Consiglio Stato, sez. VI, 21 giugno 2006, n. 3721, Consiglio Stato, sez. VI, 05 giugno 2006, n. 3343, Consiglio Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2278).

2.2 Nel caso di specie, all’evidenza, l’ errore prospettato quale vizio revocatorio attinge uno specifico capo della sentenza non oggetto di analitica valutazione da parte dei giudici d’appello e che non costituì punto controverso (la tardività dell’impugnazione venne rilevata ex officio).

Né dicasi trattarsi di errore di diritto per omessa applicazione della novella che aveva interpolato l’art. 155 del codice di procedura civile, posto che il Collegio neppure si pose tale problematica (come si evince che nessuna né traccia v’è nella motivazione di tale questione).

Sotto altro profilo parte ricorrente in revocazione ha altresì chiarito che, anche se il computo dei termini di impugnazione avesse seguito l’antevigente disciplina, ugualmente l’impugnazione doveva considerarsi tempestiva.

Non può dubitarsi dell’ammissibilità del rimedio impugnatorio.

3. L’impugnazione revocatoria è altresì fondata quanto alla lamentata erroneità in fatto dell’impugnata decisione: essa deve pertanto essere annullata.

3.1. Come è noto, infatti, ai sensi dell’articolo 58, comma 3, della l. 18 giugno 2009, n. 69 le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto dell’art. 155 del codice di procedura civile si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1° marzo 2006

Il novellato comma quinto dell’art. 155 c.p.c, in particolare,dispone che "la proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato."

Il quarto comma dell’art. 155 predetto, ("Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo") ed il comma V, imponevano comunque di considerare "prorogato" il termine che asseritamente scadeva il sabato 19 dicembre al successivo lunedì 21 dicembre (data di effettiva notifica dell’appello).

3.2. Né può dubitarsi sell’applicabilità della novella ( legge n. 263 del 2005) che ha interpolato l’art. 155 del codice di procedura civile al processo amministrativo (si veda, sul punto, Consiglio di Stato n. 2144/2010).

L’ omologazione del giorno del sabato a quelli festivi agli effetti della proroga del termine in scadenza è prevista dall’art. 2 della legge n. 263/2005 senza eccezioni quanto agli ambiti di applicazione. La nuova previsione fa sistema ed integra la previgente regola esonerativa dall’onere di compimento dell’atto processuale in scadenza nel giorno festivo e trova, quindi, applicazione al processo amministrativo unitamente all’intero corpo di disposizioni sul calcolo dei termini contenuta dall’art. 155 c.p.c..

3.3. Neppure può dubitarsi che, stante la pendenza del ricorso in esame alla data dell’1 marzo 2006 la disposizione stessa fosse immediatamente applicabile.

4. Per altro verso, l’erroneità del computo del termine "lungo" di impugnazione di cui all’art. 327 del codice di procedura civile contenuta nell’appellata decisione è evidente, e sussisterebbe se anche, per ipotesi, la novella di cui all’art. 155 del codice di rito civile non fosse stata applicabile.

E’ noto, infatti, il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui "al termine "lungo" di un anno per impugnare le sentenze del Tar non notificate deve essere aggiunto il tempo corrispondente alla sospensione dei termini nel periodo feriale, che è di 46 giorni e non di 45", poiché tanti sono i giorni compresi nel periodo di sospensione che decorre dall’1 agosto al 15 settembre.".(Consiglio Stato, sez. VI, 19/10/2009, n. 6377).

Ne consegue che il termine esatto di proposizione del ricorso in appello, tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza appellata (4.11.2008) sarebbe scaduto domenica 20 dicembre 2009 (e sarebbe stato prorogato al 21.12.2009) e non già, come rilevato nella gravata sentenza, il 19 dicembre 2009.

4.Ne consegue che il ricorso in appello non era tardivo, e per errore di fatto, incidente sulla modalità di computo del termine di impugnazione contenuto nell’impugnata decisione, esso venne dichiarato irricevibile.

Discende da ciò l’accoglimento del ricorso per revocazione e l’annullamento della decisione della Sezione n. 6478 del 2010

Quanto al susseguente vaglio in ordine alla doverosa statuizione rescissoria, appare indispensabile all’uopo la acquisizione del fascicolo di appello n. 429/2010 (nell’ambito del quale fu pronunciata la decisione n. 6487/2010 oggetto dell’ odierna impugnazione).

Detto incombente si demanda alla Segreteria della Sezione, rinviandosi la trattazione del procedimento alla pubblica udienza del 12 aprile 2011.

Ogni statuizione sulle spese è rinviata alla definizione della fase rescissoria del presente procedimento.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

pronunciando sul ricorso per revocazione come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata decisione della Sezione n. 6487/2010.

Ai fini della fase rescissoria, pronunziando in via interlocutoria, dispone acquisirsi il fascicolo relativo all’appello n. 429/2010.

Rinvia la trattazione del procedimento alla pubblica udienza del 12 aprile 2011.

Spese al definitivo

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *