Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 24-02-2011, n. 7159 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Genova quale Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 16 giugno 2010, decidendo a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, che con sentenza del 25 marzo 2010 aveva annullato l’ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Genova il 17 aprile 2009 reiettiva dell’istanza volta alla declaratoria della continuazione in sede esecutiva, avanzata nell’interesse di D.R., in relazione a quattro sentenze di condanna, ha nuovamente rigettato l’istanza.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentandone la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in relazione a quanto affermato dai Supremi Giudici all’atto del rinvio.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, infondato e non merita accoglimento.

2. Il ricorrente deduce, infatti, una totale mancanza di motivazione dell’impugnata decisione in ordine alla valutazione della sussistenza della continuazione rispettivamente tra i reati di cui ai punti 7 ed 8 e di cui ai punti 9 e 10 del provvedimento di cumulo del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova del 1 ottobre 2007.

In particolare, il ricorrente deduce, quanto ai reati del primo gruppo (punti 7 e 8), la mancata affermazione dell’identità del disegno criminoso, desumibile, viceversa, dal titolo dei reati ( art. 648 c.p.) e dalla vicinanza temporale dei fatti (arco temporale di tre anni).

Quanto al secondo gruppo di reati (punti 9 e 10), l’esistenza di una contiguità temporale (gennaio-marzo 1998) e dell’identità delle fattispecie delittuose ( artt. 648, 477 e 482 c.p.).

La Corte territoriale, al contrario, ha dato pienamente conto, con motivazione logica e fondata sul corretto esame delle circostanze di fatto e dei principi di diritto della materia, delle contestazioni mosse da questa Corte all’atto dell’annullamento della pregressa ordinanza.

Nell’impugnato provvedimento, infatti, la Corte di Appello ha in modo chiaramente evidenziabile e logicamente espresso, compiuto quella valutazione richiesta da questa Corte nel provvedimento rescindente sostenendo, per disattendere la richiesta del ricorrente:

a) quanto ai reati di cui ai punti 7 e 8, il notevole lasso di tempo tra i fatti ascritti (fatti commessi rispettivamente in Napoli dall’aprile al maggio 1986 e il 16 maggio 1989) che lascia legittimamente presumere una generale inclinazione alla commissione di reati piuttosto che l’unicità di un disegno criminoso, reso vieppiù inesistente dagli ulteriori e oggettivi criteri, nascenti dalla diversità dei titoli di reati, quali, da un lato, la ricettazione di titoli di credito e, d’altra parte, la truffa aggravata ottenuta mediante l’utilizzo di documenti contraffatti e in concorso con soggetti diversi in relazione agli episodi contemplati nelle due decisioni;

b) quanto ai reati di cui ai punti 9 e 10, non solo la diversità dei reati ascritti, quali il falso ideologico commesso uti singulus e la ricettazione di gioielli con soggetti mai comparsi nei precedenti episodi ma, altresì, la commissione in luoghi diversi (Milano e Genova) e in tempi, del pari, diversi (dal 13 marzo 1996 al 10 gennaio 1998 e in epoca anteriore al 28 marzo 1998).

Tutto ciò premesso in fatto, questa volta in punto di diritto si afferma pacificamente nella giurisprudenza di questa Corte come la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p. secondo comma, non possa identificarsi con una scelta di vita che implichi la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati (v. Cass. Sez. 1^ 5 novembre 2008 n. 44862, Sez. 5^ 25 settembre 2009 n. 49476 e Sez. 1^ 17 marzo 2010 n. 12905).

Quello che occorre, invece, è che si abbia una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.

La programmazione può essere, perciò, ab origine anche di massima, purchè i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di "adattamento" alle eventualità del caso, come mezzo al conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico.

Ed è in relazione alla unitarietà del fine che la coerenza modale degli episodi e la loro contiguità temporale degli episodi fungono da indizio della assenza di interruzioni o soluzioni di continuità della deliberazione originaria, della impossibilità di affermare, cioè, che gli episodi successivi siano frutto dell’insorgenza di autonome risoluzioni antidoverose.

Se dunque può escludersi che una programmazione e deliberazione unitaria possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati per come in concreto realizzati o dell’unitarietà del contesto, ovvero ancora della identità della spinta a delinquere o della brevità del lasso temporale che separa lo svolgimento dei diversi episodi, neppure può dubitarsi che ciascuno di codesti fattori, nessuno di per sè "indizio necessario", aggiunto ad altro incrementa la possibilità che debba riconoscersi l’esistenza del medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle coincidenze indiziarie favorevoli.

3. Avendo il provvedimento impugnato fatto buon uso dei dianzi indicati principi ecco che il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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