Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-01-2011) 24-02-2011, n. 7200

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

al Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 08.06.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Bari rigettava l’istanza di riabilitazione proposta da M. E. con riferimento alla sentenza di condanna 02.02.2004 del Tribunale della stessa sede per omicidio colposo, sul rilievo che il predetto condannato non aveva risarcito il danno e non risultava avere tenuto altri comportamenti significativi di effettiva buona condotta (quale un’offerta di beneficenza ad ente assistenziale).

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava il gravame deducendo: – aveva soddisfatto le spese di giustizia; – il risarcimento del danno non era stato statuito in sede di condanna; – aveva pagato spontaneamente le spese funerarie della vittima; – non poteva essere pretesa un’offerta caritatevole quale prova di buona condotta.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva il rigetto del ricorso.

4. In data 10.01.2011 la difesa depositava memoria di replica nella quale sostanzialmente ribadiva le proprie tesi.

5. Il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato con tutte le dovute conseguenze di legge.

Ed invero è del tutto evidente che: a) avere soddisfatto le – comunque dovute – spese di giustizia nulla ha a che fare con il risarcimento dei danni e non costituisce in sè prova di buona condotta; b) avere sostenuto le sole spese funerarie della vittima non esaurisce l’obbligo risarcitorio, di cui tali spese costituiscono solo minima parte, nè in sè può integrare quella prova di effettiva e costante buona condotta richiesta dalla specifica normativa.

Quanto, dunque, all’elemento del compiuto adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, richiesto in termini preclusivi dall’art. 179 c.p., u.c., n. 2, deve altresì essere rilevata l’erroneità della deduzione del ricorrente che fa leva sull’insussistenza di una condanna risarcitoria, essendo invero pacifico principio giurisprudenziale – che va qui richiamato e ribadito – secondo cui, discendendo tale obbligo ex lege in relazione al commesso reato (nella fattispecie omicidio colposo) in forza del dettato dell’art. 185 c.p., non occorre – ai fini in parola – che tale obbligo sia contemplato in una sentenza di condanna (sul punto cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 48148 in data 18.11.2008, Rv. 242809, Maggi; ecc.). Quanto infine al fatto che si tratti di vittima straniera, si rendeva necessario che il condannato, nel richiedere la riabilitazione, avesse dimostrato – al fine di soddisfare quanto previsto dal cit. art. 179 c.p., u.c., n. 2 – di avere fatto tutto il possibile per adempiere (come tentare, con ogni mezzo esigibile, di rintracciare i prossimi congiunti della vittima nel Paese d’origine) onde, appunto, dimostrare che si verta in caso di vera e propria impossibilità di adempiere. In tal senso va dunque inserito lo spunto motivazionale dell’impugnata ordinanza laddove rileva che, nulla essendo stato dimostrato in tal senso da parte dell’istante in ordine al suddetto primario obbligo, si doveva pretendere almeno un’iniziativa per equivalente che desse adeguato e congruo conto della buona volontà del condannato. L’impugnata ordinanza, pertanto, logica e coerente, è immune dai denunciati vizi.

In definitiva il ricorso, infondato, non può essere accolto. Alla completa reiezione dell’impugnazione segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente M.E. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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