Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-02-2011, n. 1136 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

per delega dell’avvocato Manzi, l’avvocato dello Stato Rumetto e l’avvocato Cardi;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società T.C. e la società T., rispettivamente mandataria e mandante di un costituendo raggruppamento che ha partecipato alla gara per pubblico incanto indetta dal Consiglio nazionale delle Ricerche per l’affidamento di lavori di costruzione di quattro edifici prefabbricati da destinare a sede di laboratori e studi di istituti nell’area della ricerca Roma 1 – Montelibretti, gara indetta con bando pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 23 giugno 2006 e nella quale il raggruppamento stesso si è collocato al secondo posto, chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tar del Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso l’aggiudicazione all’associazione temporanea odierna controinteressata.

Espongono le appellanti che il disciplinare di gara, all’art. 5, prescriveva il possesso da parte dei concorrenti, tra gli altri, dei seguenti requisiti: -iscrizione SOA per le categorie OS13, almeno classifica IV; OG1, almeno classifica III; OS28, almeno classifica III; OS30, scorporabile subappaltabile, almeno classifica III; – certificazione del sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9001: 2000 per le categorie inerenti l’appalto.

Il disciplinare precisava che ai fini della partecipazione i concorrenti dovessero presentare un plico contenente quattro sottofascicoli, nel primo dei quali, contrassegnato dalla lettera A e relativo alla documentazione amministrativa, doveva essere inserita, a pena di esclusione, l’attestazione rilasciata da società organismo di attestazione SOA di cui al dpr 34/2000 regolarmente autorizzata, in corso di validità, per categorie e classifiche adeguate a quelle dei lavori da appaltare"; inoltre, veniva chiarito che i concorrenti avrebbero potuto beneficiare dell’importo del 50% dell’importo del deposito cauzionale provvisorio previsto, se in possesso di certificazione di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000, rilasciata da organismi accreditati ai sensi delle norme UNI CEI EN 45000.

In data 11 settembre 2006 si è riunita la Commissione di gara, che ha provveduto all’esame della documentazione presentata dai concorrenti; all’esito di tale esame, la Commissione ha concluso per la completezza, la regolarità e la conformità della documentazione presentata da tutti i partecipanti, nonostante fosse emerso che una delle imprese componenti il raggruppamento poi risultato aggiudicatario, e precisamente la E.E. s.r.l., chiamata ad eseguire le lavorazioni per la categoria OS30, non era in possesso della certificazione UNI EN ISO 9001:2000.

In particolare, dall’attestazione della SOA prodotta in gara dalla predetta impresa è emerso che la certificazione del sistema di qualità era scaduta e dallo stesso certificato di qualità si evinceva che la certificazione di qualità risale al 4 febbraio 2003: di conseguenza, posto che le certificazioni hanno validità triennale, tale certificato era scaduto alla data del 4 febbraio 2006, mentre il bando è stato pubblicato il 23 giugno 2006 e l’offerta è stata presentata il 5 settembre 2006.

Sostenendo che il possesso della certificazione del sistema di qualità debba essere provato esclusivamente attraverso l’attestazione SOA, non essendo sufficiente l’allegazione del certificato di qualificazione alla domanda di partecipazione, e poiché solo in sede di stipula del contratto di appalto la s.r.l. E.E. ha esibito un rapporto di verifica ispettiva dal quale risultava la validità della precedente certificazione per i successivi tre anni, le odierne appellanti hanno proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio avverso l’aggiudicazione comunicata in data 6 ottobre 2006 a favore del raggruppamento del quale è mandataria la B.P. s.r.l., che avrebbe invece dovuto essere escluso anche per aver presentato una cauzione ridotta rispetto a quanto imposto dal disciplinare di gara.

Inoltre, secondo le ricorrenti, la Commissione è incorsa in errore anche nel calcolo del punteggio da attribuire all’elemento prezzo, non rispettando le regole proprie del metodo aggregativocompensatore, indicate nel disciplinare stesso; in forza di tale errore il raggruppamento controinteressato ha conseguito un punteggio che gli ha permesso di classificarsi primo nella graduatoria di gara, al posto del raggruppamento ricorrente, che sarebbe altrimenti risultato vincitore; infine, la Commissione ha introdotto subcriteri di valutazione delle offerte non previsti nel bando.

Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso, rilevando che la E.E. ha presentato un certificato di qualità in corso di validità alla data del 5 settembre 2006, termine ultimo per la presentazione della documentazione di gara, come si deduce dal rapporto esibito al momento della sottoscrizione del contratto; che la formula adottata dalla Commissione nel calcolo dell’elemento prezzo rispecchia il contenuto logico della formula indicata nel disciplinare, a sua volta ripetitiva di quella dettata dall’allegato B al d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554; che l’ultimo motivo di ricorso, sopra specificato, è inammissibile per difetto di interesse.

Avverso tale sentenza le appellanti deducono che: 1) la dimostrazione del possesso della certificazione di qualità in corso di validità avrebbe dovuto essere fornita entro il termine del 5 settembre 2006, mentre sia l’attestato SOA sia il certificato inerente il sistema di qualità prodotti dalla E.E. entro tale data evidenziavano la mancanza del requisito; la prova del possesso della certificazione del sistema di qualità non poteva essere raggiunta in modo diverso dalla produzione dell’attestato SOA e, in particolare, mediante la produzione di un rapporto di verifica avvenuta al momento della stipula del contratto; 2) la Commissione non ha fatto corretta applicazione del metodo di cui all’allegato B d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

Le appellanti, contrastate dall’Amministrazione intimata e dall’impresa mandataria del raggruppamento aggiudicatario, concludono per l’accoglimento del gravame e il risarcimento dei danni patiti per effetto dell’illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado, avendo avuto ormai esecuzione il contratto stipulato il 13 novembre 2006 con l’associazione temporanea controinteressata.

Il Collegio osserva:

I) dalla documentazione versata in atti emerge che l’attestazione SOA presentata dalla E.E. s.r.l. a corredo della offerta reca quale data di scadenza della validità quinquennale della qualificazione alla esecuzione dei lavori pubblici per le categorie e le classifiche richieste dal bando il 26 dicembre 2006: alla data del 5 settembre 2006, termine ultimo per la presentazione della documentazione, pertanto, l’attestazione era in corso di validità;

II) la suddetta attestazione dichiara che la E.E. è in possesso del certificato di qualità previsto dall’art. 2 comma 1 lettera q) d. P.R. n. 34 del 2000, rilasciato il 4 febbraio 2003 e valido fino al 4 febbraio 2006. Anche di tale certificazione alla data del 5 settembre 2006 era in corso la validità, in quanto prorogata fino al 30 ottobre 2008 in esito alla visita ispettiva condotta il 18 ottobre 2005 (prima quindi della scadenza) dall’organismo a ciò abilitato, come è stato dichiarato dallo stesso organismo con nota del 6 dicembre 2006. Quest’ultima nota, contrariamente a quanto pretendono le appellanti, non costituisce la proroga della certificazione, ma ne attesta il perdurare della validità, a seguito della conclusione con esito positivo della visita ispettiva.

Deriva da quanto sopra che, come ha ritenuto il primo giudice, alla data del 5 settembre 2006 sia l’attestazione SOA, sia il certificato di qualità della E.E. s.r.l. erano in corso di validità; inoltre (ed è constatazione decisiva) nella documentazione che il bando richiede a pena di esclusione è indicata, al punto 9.1, l’attestazione SOA di cui al dPR n. 341 del 2000, ma non la certificazione di qualità, il cui possesso è pur indicato tra i requisiti minimi per la partecipazione alla gara e la cui presenza nel plico contenente la documentazione amministrativa consente la riduzione del deposito cauzionale. Ciò significa che l’allegazione tempestiva del certificato era, per le imprese che aspiravano alla partecipazione, una facoltà e non un obbligo posto a pena di esclusione, e che la produzione documentale entro la data stabilita era imprescindibile al limitato fine della fruizione dell’agevolazione suddetta.

Devono, quindi essere respinte le censure svolte, sul punto, dalle appellanti: per le medesime considerazioni infondato è anche il motivo, collegato a quello appena esaminato, che deduce l’illegittima fruizione del beneficio della cauzione provvisoria ridotta, prevista a favore dei concorrenti che avessero prodotto la certificazione di qualità. Tale beneficio conferma, come si è detto, l’ammissibilità alla procedura anche delle imprese che, pur in possesso della certificazione in corso di validità, non ne avessero allegato tempestivamente la documentazione; inoltre, la perdurante validità della certificazione presentata dalla E.E. conforta, sul punto, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione.

III) Quanto al metodo adottato per ponderare i punteggi da attribuire all’elemento prezzo offerto dai concorrenti, nessun errore può essere addebitato alla Commissione di gara (e al Tribunale amministrativo che ha riconosciuto la legittimità della formula seguita), posto che risulta rispettato il metodo aggregativocompensatore previsto dall’allegato B al d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, espressamente richiamato dall’art. 3 del bando di gara. La formula prescelta, in base alla quale i punteggi da assegnare alle offerte economiche riflettono in proporzione il distacco tra offerta economicamente più vantaggiosa e le altre mediante la moltiplicazione del punteggio massimo attribuibile (sessanta punti) per il quoziente che si ottiene dividendo l’offerta più favorevole per quella di volta in volta esaminata, appare rispettosa di criteri di logicità e coerenza nella valutazione, e si sottrae quindi alle censure di merito sollevate con l’appello.

IV) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto, ma le spese di lite possono, in ragione della complessità della controversia, essere compensate tra le parti, anche per questo secondo grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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