Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 24-02-2011, n. 7166

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Lecce, sez.ne distaccata di Gallipoli, con la sentenza di cui in epigrafe, pronunziata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 4, ritenuta la continuazione tra tutti i reati e tenuto conto della recidiva, ha applicato a B.A., D.M.M. e D.M. G. la pena di anni uno e mesi due di reclusione e della multa di Euro 450 con riferimento ai delitti ex artt. 110, 56 e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 2, artt. 635 e 707 c.p..

Ricorrono per Cassazione i tre imputati.

B. (personalmente) deduce carenza della motivazione della sentenza impugnata circa la colpevolezza dell’imputato e la corretta qualificazione dei fatti allo stesso addebitati.

D.M.M. (personalmente) deduce violazione di legge e carenza dell’apparato motivazionale in ordine all’art. 129 c.p.p., atteso che il giudicante non ha adeguatamente chiarito perchè non abbia adottato decisione assolutoria. Inoltre la modifica della imputazione va operata dal PM e non dal giudice. La richiesta di patteggiamento doveva dunque essere dichiarata inammissibile, non solo per la inesatta qualificazione giuridica, ma anche per errore sul nomen juris.

D.M.G. (tramite difensore) deduce violazione degli artt. 129 e 444 c.p.p., artt. 133, 635 e 707 c.p.. Il giudice non può limitarsi a recepire l’accordo tra le parti, ma deve provvedere quantomeno a una, sia pur sintetica, esposizione dei fatti quali emergono dalle carte processuali.

Nel caso di specie, ciò non è accaduto.

E’ poi erronea la sentenza nella parte in cui non ha ritenuto sia il reato ex art. 635 c.p., sia quello ex art. 707 c.p., assorbiti nel tentativo di furto come aggravato ex art. 625 c.p., n. 2.
Motivi della decisione

I tre ricorsi sono manifestamente infondati e, in parte, generici.

Essi vanno dunque dichiarati inammissibili.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di somma a favore della Cassa delle ammende.

Si stima equo determinare detta somma in Euro 1000.

I ricorrenti deducono innanzitutto violazione di legge e/o vizi motivazionali della sentenza impugnata, relativamente alla dichiarata carenza delle condizioni per una pronuncia ex art. 129 c.p.p..

Al proposito va ricordato che – secondo il costante indirizzo di questa Corte, ribadito dalle Sezioni Unite (27 marzo 1992, Di Benedetto) e mantenuto fermo anche successivamente – per quanto concerne il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p., l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza avessero inteso sostenere la sopra ricordata ipotesi di assorbimento.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro mille a favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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