Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-01-2011) 24-02-2011, n. 7129 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Becker Italia S.r.l., già Siderurgica S.r.l., propone ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Napoli rigettava l’appello avverso i provvedimenti del GIP con i quali si respingevano l’istanza di dissequestro dell’azienda e di revoca del sequestro dell’azienda e dell’impianto della Siderurgica S.r.l..

Il mantenimento del sequestro preventivo dell’impianto in questione, originariamente motivato con riferimento ai reati di traffico illecito dei rifiuti (parti di veicoli fuori uso non bonificati), falso e truffa aggravata, è stato ritenuto ancora necessario in mancanza della autorizzazione della Provincia di Udine per la prosecuzione del trattamento dei rifiuti presso l’impianto stesso.

Ha rilevato infatti in proposito il tribunale che, all’esito della approvazione nel luglio 2009 del piano funzionale, la Provincia di Udine si è limitata ad emettere un provvedimento di natura interlocutoria nel quale, pur dandosi atto del buon esito sostanziale del collaudo, si è ancora evidenziata la permanenza di problemi relativi alla rumorosità dell’impianto nella postazione numero 7 e un’anomala formazione di polveri durante la movimentazione dei rifiuti, con la conseguente necessità di una serie ulteriore di prescrizioni rispetto alle quali vi sarebbe solo la comunicazione inviata alla provincia il 2 ottobre 2009 con la quale la ditta Becker dichiara di avere ottemperato a quanto prescritto.

In più rileva il tribunale che il passaggio di proprietà in favore di soggetti estranei al reato non può avere immediate ricadute sulla misura cautelare in atto in quanto gli acquirenti erano perfettamente a conoscenza delle vicende in cui si trovava la società.

In questa sede la società ricorrente deduce:

1) l’inosservanza dell’erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 30 del 1987 e del D.Lgs. n. 209 del 2003 in relazione alla efficacia dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto a seguito della procedura di collaudo.

Al riguardo si fa rilevare come la società abbia adempiuto alle prescrizioni imposte dalla stessa provincia e che quest’ultima non ha inteso inibire, come si evince dalla adozione di prescrizioni per l’esercizio dell’attività; che lo stesso pubblico ministero, con provvedimento del 1 marzo 2010, ha autorizzato la ripresa dell’attività, sia pure mantenendo il sequestro dell’impianto, alla sola condizione che non vi fossero rapporti con una azienda specificamente individuata in quanto coinvolta nel traffico dei rifiuti; che le prescrizioni impartite non sono state indicate come vincolanti per la ripresa dell’attività da parte della società dalla provincia di Udine; che trovando applicazione in materia di perfezionamento della procedura per l’adeguamento degli impianti esistenti i principi di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 208, con particolare riguardo al potere sostitutivo di cui al D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 5 in caso di mancato rispetto dei termini di legge per il rilascio dell’autorizzazione, l’autorizzazione deve ritenersi comunque già concessa.

2) Si lamenta inoltre l’illegittimità del sequestro preventivo in atto per la sopravvenuta insussistenza del periculum damni. Al riguardo si rileva che il sequestro non è finalizzato alla confisca e soprattutto, che non solo il pm ha già autorizzato la ripresa dell’attività dell’impianto ma che la limitazione riguarda unicamente l’approvvigionamento ad una singola società specificamente individuata. Il che è coerente con la contestazione dei reati ipotizzati, che nulla hanno a che fare con l’autorizzazione relativa all’impianto. In altre parole non vi è connessione tra i reati ipotizzati e le ragioni del mantenimento del sequestro preventivo dell’impianto.

3) Si lamenta infine la mancanza di motivazione con riferimento al permanere dei presupposti di legge per il mantenimento del sequestro preventivo dell’azienda avendo la società ricorrente ottemperato a quanto richiesto dalla provincia di Udine. La Becker Italia ha fatto inoltre pervenire memoria con ulteriore allegazione documentale facendo rilevare come successivamente alla data di proposizione del ricorso e, cioè, alla data del 24 settembre 2010, la provincia di Udine ha autorizzato la proroga quinquennale dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto, cosa questa peraltro già indicata nella determina 24.89.10.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni di seguito indicate.

E’ certamente vero che il sequestro preventivo si giustifica con la finalità di impedire non solo che la disponibilità della cosa da parte dell’imputato o dell’indagato costituisca un pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato per cui si procede, ma anche agevolazione della commissione di altri reati.

E’ tuttavia pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il "periculum in mora" che, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1, legittima il sequestro preventivo, deve intendersi non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione della commissione di altri reati. Con la conseguenza che qualora, anche per fatti sopravvenuti, le esigenze di cautela vengano a mancare in concreto – nel senso di poter escludere che dal reato commesso derivino ancora conseguenze dannose connesse all’attuale disponibilità del bene assoggettato alla misura cautelare reale – del sequestro preventivo, anche d’ufficio, deve essere disposta la revoca, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 3 (Sez. 6, n. 806 del 02/03/1999 Rv. 214922).

Nella specie il tribunale non si fa in effetti carico di esaminare la concretezza del periculum.

Ed infatti omette del tutto di argomentare sulle questioni poste dalla società ricorrente per dimostrare l’avvenuto adeguamento alle prescrizioni imposte dalla Provincia per l’attivazione dell’impianto, sostanzialmente non contestate nemmeno dal pubblico ministero che – come afferma lo stesso tribunale – non solo concede la facoltà d’uso ma pone limitazioni alla società titolare dell’impianto stesso solo con riferimento ai rapporti con alcune società in quanto implicate nel medesimo procedimento penale.

Di qui la necessità di annullare con rinvio il provvedimento impugnato.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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