Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 24-02-2011, n. 7125 Sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Udine in data 6 Luglio 2009 è stata applicata al Sig. S. la misura della custodia in carcere in ordine a plurimi reati, ivi compresa la violazione della libertà sessuale della persona offesa.

Con sentenza emessa in data 3 Giugno 2010 il Tribunale di Udine ha condannato il Sig. S. alla pena di tre anni e tre mesi di reclusione per i reati contestati ai capi A e B e quindi alla pena di un anno e quindici giorni di reclusione per i reati contestati ai capi C e D. Nello stesso contesto il Tribunale di Udine ha respinto una precedente istanza ex art. 209 c.p.p. volta ad ottenere la revoca o la modifica della misura cautelare, evidenziando che il programma di disintossicazione era ancora in corso, anche mediante trattamento farmacologico, e che non sussistevano elementi per affermare che una misura di custodia attenuata potesse dirsi adeguata.

Avverso tale decisione la Difesa ha proposto appello e quindi depositato motivi aggiunti, con allegata documentazione, prospettando per il Sig. S. una concreta possibilità di lavoro e l’avvio di un percorso di recupero sostenuto dalla Caritas di (OMISSIS).

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Trieste ha respinto l’impugnazione. Data per presupposta la sussistenza di un quadro indiziario grave, quale emerge dalla sentenza di condanna, il Tribunale ha evidenziato come l’entità della pena sia tale da "impedire, allo stato, qualunque ipotesi di pena c.d. alternativa".

Il Tribunale motiva ulteriormente la reiezione dell’appello con argomenti diversi che possono così sintetizzarsi: a) l’assenza di collegamento tra la natura dei reati commessi e la condizione di tossicodipendenza; b) la non rilevanza del decorso di un anno dall’inizio della custodia, trattandosi di periodo temporale non lungo e legato alla scelta dell’imputato di procedere con rito ordinario, nel senso che non si ravvisano elementi per ritenere avvenuto un cambiamento della persona tale da giustificare un trattamento più lieve, posto che nessun risarcimento del danno è stato effettuato e che in assenza del deposito delle motivazioni della sentenza non è dato sapere in base a quali elementi sono state concesse le circostanze attenuanti generiche.

Avverso tale decisione il Sig. S. propone ricorso tramite la Difesa.

Con primo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’art. 310 c.p.p. e art. 309 c.p.p., comma 10, con conseguente perdita di efficacia della misura: l’udienza camerale è stata fissata l’ultimo giorno utile rispetto ai termini di legge e in tale data è stato depositato il solo dispositivo della decisione, mentre le motivazioni del medesimo sono state depositate in ritardo.

Con secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c) per avere il Tribunale errato sia nel ritenere priva di rilievo la tossicodipendenza rispetto ad una condotta illecita maturata certamente in una sorta di "raptus", sia nel ritenere irrilevante la disintossicazione dalla droga e il decorso del tempo rispetto al rischio di ricaduta nel reato, sia nel considerare non rilevante il percorso compiuto dall’imputato, le certificazioni dei sanitari del carcere, la concreta possibilità di lavoro e di impegno sociale.
Motivi della decisione

La Corte ritiene manifestamente infondato il primo motivo di ricorso.

L’art. 310 c.p.p., comma 2 dispone, con previsione che si distingue da quella contenuta nell’art. 309 c.p.p. con riferimento alla procedura di riesame, che il Tribunale giudicando in sede di appello sulla misura cautelare personale debba "decidere" entro venti giorni dalla presentazione dell’impugnazione, ma non prevede in alcun modo che entro il medesimo termine debba essere depositata la motivazione, così rinviando alle regole generali previste dalla procedura camerale partecipata ex art. 127 c.p.p., comma 7.

A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento al secondo motivo di ricorso. La Corte ritiene non condivisibile sul piano dell’interpretazione dei principi che regolano il processo penale l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui la scelta dell’imputato di non richiedere riti alternativi e procedere con il rito ordinario comporterebbe una tempistica processuale, più ampia, di cui l’imputato stesso non può dolersi in sede di controllo sulla misura cautelare in corso. I principi fissati dagli artt. 274 e 275 c.p.p., infatti, così come interpretati dalle Sezioni Unite Penali con la sentenza n.40583 del 24 settembre – 20 ottobre 2009, Lattanzi (rv 244377), impongono di considerare il tempo trascorso dai fatti, e possiamo aggiungere la durata della custodia in atti, come un fattore tendenzialmente attenuante le esigenze cautelari, con la conseguenza che il mantenimento della custodia in carcere deve trovare attenta valutazione e adeguata motivazione senza che a tal fine rilevi la scelta del rito processuale. Sotto diverso profilo, la Corte ritiene che non possa censurarsi la valutazione, propria del giudizio di merito e non manifestamente illogica, che il Tribunale ha operato circa l’assenza di collegamento fra la condizione di tossicodipendenza e i reati commessi, ma che debba trovare censura il passaggio motivazionale circa l’assenza di prove di un "cambiamento della persona" tale da giustificare un’attenuazione della misura. Si è in presenza, a parere della Corte, di un’affermazione apodittica, che non appare sorretta da idonea giustificazione a fronte della documentazione versata in atti con riferimento al percorso trattamentale avvenuto in carcere e alla possibilità per il ricorrente di usufruire di uno sviluppo coerente di tale percorso grazie alla disponibilità della Caritas di (OMISSIS).

Alla luce di tali considerazioni l’ordinanza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Trieste per un nuovo esame alla luce dei principi affermati con al presente decisione.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Udine.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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