Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-12-2010) 24-02-2011, n. 7194 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 22 maggio 2009 questa Corte, quinta sezione penale, si è pronunciata sui ricorsi proposti, tra gli altri, da G.R. e T.A. avverso la sentenza emessa il 28 marzo 2008 dalla Corte d’appello di Napoli.

In particolare, è stato rigettato il ricorso proposto da G. R. in punto responsabilità con riferimento al delitto, contestato al capo E), di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ed è stata annullata la sentenza nei confronti della stessa con riguardo alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti dell’essere l’associazione armata e del numero delle persone, in difetto della indicazione da parte dei giudici di merito di elementi probativi della consapevolezza della ricorrente in ordine a detti caratteri.

Con la suddetta sentenza è stato rigettato il ricorso proposto da T.A. in punto responsabilità con riferimento al delitto, contestato al capo E), di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e alla ricorrenza della circostanza aggravante dell’essere detta associazione armata;

è stato rigettato il ricorso dalla stessa proposto anche con riferimento a vari episodi di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti contestati ai capi G), H) e L); è stata, invece, annullata la sentenza d’appello nei confronti della stessa T. con riguardo alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del numero delle persone quanto al reato di cui al capo E), in difetto di elementi probativi della consapevolezza del detto numero da parte dell’imputata, e con riguardo alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del metodo mafioso o del fine di agevolare il clan D’Alessandro quanto ai capi E), H) e I) (rectius L), in difetto di adeguata dimostrazione delle modalità e/o finalità della condotta delittuosa.

2. Con sentenza in data 11 febbraio 2010 la Corte d’appello di Napoli, decidendo in sede di rinvio, in riforma della sentenza del 12 febbraio 2007 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli nei confronti di G.R. e T.A., ha escluso per entrambe le imputate la circostanza aggravante del numero delle persone, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3; ha escluso per la sola G. la circostanza aggravante dell’essere l’associazione armata di cui all’art. 74, comma 4, stesso D.P.R., ed ha escluso per la T. la circostanza aggravante, alla stessa contestata, di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

La Corte d’appello, in particolare, rilevava, con riferimento alla posizione della G., che non emergevano dalle conversazioni intercettate, alle quali la stessa era risultata presente, nè riferimenti ad armi possedute o nelle disponibilità del clan nè contatti con persone diverse dai coniugi A. – T. o dal coniuge B.G., separatamente giudicato.

Con riferimento alla posizione di T.A., ad avviso della Corte di merito, non erano individuabili nel provvedimento impugnato dati significativi alla stessa riferibili, probativi dell’utilizzo del metodo mafioso o della finalità di agevolare il clan camorristico D’Alessandro, nè della consapevolezza del numero superiore a dieci dei partecipanti al sodalizio, nè dall’esame degli atti emergevano elementi nuovi o non adeguatamente valorizzati nella sentenza emessa il 28 marzo 2008 dalla stessa Corte d’appello.

Per effetto della esclusione delle dette circostanze aggravanti, la pena per la G. veniva determinata in cinque anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione, con la diminuzione per le già concesse circostanze attenuanti generiche, l’aumento per la già riconosciuta continuazione e la riduzione per il rito abbreviato, e per la T. in sei anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione, con la prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche sulla residua circostanza aggravante, l’aumento per la già riconosciuta continuazione e la riduzione per il rito abbreviato.

3. Avverso detta sentenza hanno proposto separati ricorsi le due imputate.

G.R., con unico motivo, deduce violazione di legge sul rilievo della erroneità del calcolo di pena operato dalla Corte d’appello in conseguenza dell’omessa riduzione della pena nella misura di un terzo come imposto dall’art. 442 cod. proc. pen..

T.A., con unico motivo, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo che l’esclusione da tutte le contestazioni mosse della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 avrebbe dovuto comportare un minore aumento della pena ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen., in misura corrispondente all’accoglimento dell’impugnazione, mentre l’aumento per continuazione era rimasto in concreto pari a tre anni e sei mesi di reclusione.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono fondati.

2. Quanto a G.R. la pena, per effetto della esclusione delle circostanze aggravanti del numero delle persone e dell’essere l’associazione armata, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 3 e 4, è stata determinata in cinque anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione.

La sentenza è pervenuta a tale determinazione partendo dalla pena base, per il reato di cui al capo E), di dieci anni di reclusione, che è stata ridotta di un terzo per la concessione delle circostanze attenuanti generiche fino alla pena di sei anni e otto mesi di reclusione. Detta pena è stata aumentata di anni due per effetto della già riconosciuta continuazione del reato di cui al capo E) con il reato, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, giudicato con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torre Annunziata del 7 dicembre 2005, irrevocabile il 26 settembre 2006, fino alla pena di otto anni e otto mesi di reclusione.

La successiva diminuzione di detta ultima pena complessiva a cinque anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione per effetto dell’applicazione dell’art. 442 c.p.p., comma 2, è inferiore alla misura fissa di un terzo, inderogabilmente prevista dalla detta norma.

3. Tale violazione comporta l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di G.R. limitatamente alla pena.

L’annullamento deve essere disposto senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), potendo procedere alla determinazione della pena, che non richiede alcuna valutazione discrezionale del giudice, direttamente questa Corte.

Applicando alla pena suddetta di otto anni e otto mesi di reclusione la riduzione fissa di un terzo, la pena nei confronti di G. R. deve essere, quindi, correttamemte determinata, in cinque anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione.

4. Quanto a T.A. la pena finale è stata determinata in sei anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione.

La sentenza è pervenuta a tale determinazione partendo dalla pena base per il reato di cui al capo E) di dieci anni di reclusione, previa esclusione della circostanza aggravante del numero delle persone, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3, e della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Tale pena è stata ridotta di un terzo per effetto della già avvenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulla residua circostanza aggravante contestata (di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4), fino alla pena di sei anni e otto mesi di reclusione, che è stata i aumentata, ai sensi dell’art. 31 cpv. cod. pen., nella misura complessiva di tre anni e sei mesi di reclusione, fino alla pena di dieci anni e due mesi di reclusione, poi diminuita di un terzo per il rito abbreviato.

4.1. L’entità dell’aumento della pena ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen., come dedotto dalla ricorrente, non è corretta.

L’aumento della pena nella misura di tre anni e sei mesi di reclusione attiene al vincolo della continuazione, già riconosciuto per unicità del disegno criminoso dai giudici di merito, prima della sentenza di questa Corte del 22 maggio 2009, tra il reato di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (contestato al capo E) e alcuni reati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (contestati ai capi G, H, L). Esso corrisponde all’aumento già determinato dai giudici di merito, che avevano indicato in un anno l’aumento con riferimento al reato di cui al capo G), in relazione al quale non era stata contestata la circostanza aggravante prevista dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, e rispettivamente in un anno e sei mesi di reclusione e in un anno l’aumento con riferimento ai reati di cui ai capi H) e L), in relazione ai quali detta circostanza aggravante era stata contestata.

L’esclusione della circostanza aggravante prevista dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, disposta da questa Corte con l’indicata sentenza del 22 maggio 2009 con riferimento, oltre che al reato associativo, anche ai reati di cui ai capi H) e I) (rectius L), avrebbe dovuto comportare un minore aumento della pena per la continuazione del reato associativo con detti reati.

4.2. Secondo il condivisibile orientamento espresso da questa Corte, nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado impugnata dal solo imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli "elementi autonomi" che concorrono alla sua determinazione, individuati dall’art. 597 c.p.p., comma 4, e costituiti sia dagli aumenti o dalle diminuzioni apportati alla pena base per le circostanze sia dall’aumento conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione.

Per effetto di tale autonomia, nel caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, anche se unificati per continuazione, il giudice d’appello deve necessariamente ridurre non solo la pena complessivamente inflitta, ma anche tutti gli elementi che rilevano nel calcolo di essa (Sez. 4, n. 41585 del 04/11/2010, dep. 24/11/2010, Pizzi, Rv. 248549; Sez. 1, n. 24895 del 28/05/2009, dep. 16/06/2009, Calabrese e altro, Rv.

243806; Sez. 4, n. 47341 del 28/10/2005, dep. 30/12/2005, Salah, Rv.

233177; Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, dep. 10/11/2005, William Morales, Rv. 232066).

Alla stregua di tali principi, l’aumento di pena, già calcolato separatamente per i singoli reati legati dal vincolo della continuazione, non poteva rimanere identico a quello individuato dal primo giudice nè nella sua entità complessiva nè con riferimento ai singoli episodi criminosi in continuazione, e non più aggravati.

5. La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata nei confronti di T.A. limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto, non potendo procedersi in questa sede, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli che si atterrà, nella determinazione della pena, ai principi sopra espressi.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di G.R. limitatamente alla pena, che ridetermina in 5 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di T.A. limitatamente alla pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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