Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 8541 Cessione dei beni Concordato preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Sig. P.P. fu ammesso, con decreto 13 agosto 1984 del Tribunale di Bari, alla procedura di concordato preventivo con garanzia personale e ipotecaria dei sigg. P.M., P. A.M. e B.R.. Allo scopo di ottenere il voto favorevole del sig. V.M. – che, avendo acquistato anche i crediti dei sigg. G.M.M. e D.G., era divenuto titolare di gran parte dei crediti concorrenti – promise al medesimo la vendita di un immobile, da pagarsi parte in danaro e parte mediante compensazione integrale dei crediti del promissario acquirente. La promessa era sospensivamente condizionata all’omologazione del concordato.

La proposta di concordato ebbe alterne vicende, ma alla fine fu omologata con sentenza 13 giugno 1989 della Corte d’appello di Bari.

Il V. convenne quindi P.P. davanti al Tribunale della stessa città, con citazione del 20 dicembre 1991, chiedendo l’esecuzione in forma specifica della promessa di vendita e il risarcimento dei danni. Il P. resistette eccependo, fra l’altro, la nullità o l’inefficacia della promessa per varie ragioni.

A detta causa venne riunita quella successivamente introdotta dal V., con citazione del 2 novembre 1992 nei confronti dei garanti del concordato e dei sigg. G. e D., sia per l’accertamento dell’avvenuta cessione dei crediti di questi ultimi in proprio favore, sia per l’esecuzione della promessa di vendita; la Corte di Cassazione rigettò il ricorso avverso la sentenza di omologazione del concordato, che dunque passò in giudicato; a seguito della morte di P.P. il giudizio davanti al Tribunale fu interrotto e poi riassunto nei confronti degli eredi sigg. C.L.I.A., P.L. e P. P.; infine il Tribunale, respinte le eccezioni dei convenuti, accolse la domanda del V., salvo che per il risarcimento dei danni e salvo che nei confronti di L. e P.P., i quali avevano rinunziato all’eredità.

La sig.ra C. propose appello, cui resistettero il sig. V. e il sig. G., entrambi proponendo anche appello incidentale rispettivamente sul rigetto della domanda risarcitoria e sulla condanna alle spese processuali. Anche la sig.ra P.A. M. propose appello incidentale sostenendo, come la C., l’invalidità o inefficacia del preliminare di vendita. Gli altri appellati rimasero invece contumaci.

La Corte di Bari accolse l’appello principale della sig.ra C. e l’appello incidentale della sig.ra P..

Ritenne insussistente l’eccepita inefficacia del contratto preliminare di vendita, quale atto di straordinaria amministrazione ai sensi della L. Fall., art. 167, comma 2, dato che tale inefficacia vale soltanto nel fallimento successivo – nella specie non dichiarato essendovi stata, invece, definitiva omologazione del concordato – e nei confronti dei soli creditori concorrenti; ma ritenne, altresì, che il medesimo contratto fosse nullo perchè con esso il V. otteneva, in violazione della par condicio creditorum, l’integrale soddisfazione del proprio credito chirografario, mentre gli altri creditori ottenevano solo la percentuale concordataria (63%), e ciò rappresentava appunto il risultato cui tendevano le parti del contratto preliminare, che diversamente non sarebbe stato stipulato.

Nel che la Corte dichiarò assorbite le ulteriori censure degli appellanti.

Il sig. V. ha quindi proposto ricorso per cassazione per un solo, complesso motivo, cui hanno resistito, con separati controricorsi, le sig.re C. e P.. Gli altri intimati non hanno svolto difese. Il ricorrente ha anche presentato memoria.
Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, si contesta, la sussistenza della nullità contrattuale dichiarata dalla Corte d’appello, osservando che la sanzione prevista dall’ordinamento in caso di violazione della par condicio creditorum è, semmai, l’inefficacia relativa, o inopponibilità, del negozio.

Le due controricorrenti contestano tale tesi e aggiungono che comunque il contratto sarebbe mallo per contrarietà alla norma imperativa di cui all’art. 2744 c.c., o perchè in frode alla legge (controricorso C., in cui si invocano anche i poteri di questa Corte correttivi della motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2), o perchè contrario alla norma penale di cui alla L. Fall., art. 233, che reprime il mercato di voto concordatario (controricorso Pedone).

2. – Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo della violazione di legge.

La Corte d’appello, pur non richiamando espressamente gli artt. 1418 e 1345 c.c., ha dichiarato la nullità del contratto preliminare di compravendita per illiceità del motivo determinante comune alle parti, come si ricava agevolmente dalle ragioni indicate in sentenza a giustificazione della statuizione.

In tal modo, però, ha disatteso l’orientamento già espresso in propostito da questa Corte – e dal quale non vi è ragione di discostarsi – secondo cui il motivo illecito che, se comune ad entrambe le parti e determinante per la stipulazione, comporta la nullità del contratto, si identifica con una finalità vietata dall’ordinamento, poichè contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poichè diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa; onde l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non è illecito, non rinvenendosi nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale, come per il contratto in frode alla legge, l’invalidità del contratto in frode dei terzi, ai quali, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale (Cass. Sez. Un. 10603/1993). Nel caso di pregiudizio ai terzi creditori per violazione della par condicio nell’ambito di procedure concorsuali, la sanzione specifica prevista, nei congrui casi, dall’ordinamento è semmai l’inefficacia relativa o l’inopponibilità dell’atto ai creditori concorsuali, non certo la nullità (cfr., di recente, Cass. 20576/2010).

3. – La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio. Non sussiste, infatti, nella specie il potere di questa Corte di cui all’art. 384 c.p.c., u.c., espressamente invocato da una delle controricorrenti in vista della declaratoria della nullità del contratto per altra ragione, quale la contrarietà alle norme imperative di cui all’art. 2744 c.c. o L. Fall., art. 233, o la frode alla legge: esula, invero, dalla mera correzione della motivazione in diritto la declaratoria della nullità per titoli diversi e che presuppongono ulteriori accertamenti in fatto non contenuti nella sentenza impugnata. Le relative questioni restano ovviamente impregiudicate nel giudizio di rinvio.

Il giudice di rinvio si atterrà al principio di diritto sopra enunciato al paragrafo 2 e provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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