Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-10-2010) 24-02-2011, n. 7175

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Palermo, adito ex art. 309 c.p.p., con ordinanza del 29 aprile 2010, confermava l’ordinanza in data 2 aprile 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva applicato la misura della custodia in carcere a N.N., in ordine a due fatti di tentativo di incendio doloso, ex artt. 56, 110 e 423 c.p., per avere in (OMISSIS), nella notte tra il (OMISSIS), in concorso con C.T., appiccato il fuoco a due autovetture, l’una di L.S. (capo 3), l’altra di C.N. (capo 4, in questo caso con l’innesto del fuoco anche al portone di casa), così compiendo atti diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio, evento non verificatosi per il pronto intervento delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco; condotte aggravate ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 2. Osservava il Tribunale, ritenuta la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti, stante il concreto pericolo di incendio derivante dal carburante contenuto nei serbatoi delle autovetture, una delle quali alimentata anche a GPL, e neutralizzato solo per il pronto intervento dei vigili del fuoco, che i gravi indizi di colpevolezza a carico del N. derivavano dal contenuto di intercettazioni di conversazioni, ambientali e telefoniche, operate nei giorni 16, 30 e 31 ottobre 2008 e dai dati del traffico telefonico, attestanti una chiamata sul cellulare del N. da parte della moglie subito dopo una delle conversazioni incriminate. Sussisteva l’aggravante contestata, sia per la caratura mafiosa del correo C., sia per le caratteristiche delle azioni criminosi, tali da far desumere che non si fosse trattato di una bravata ma di un’azione diretta a intimorire soggetti preventivamente individuati cui lanciare segnali mafiosi.

3. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato, con un primo atto a mezzo del difensore avv. Gianni Caracci, il quale, con un primo motivo solleva eccezione di costituzionalità della procedura di riesame nella parte in cui non assicura la partecipazione del pubblico, in analogia con quanto affermato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 93 del 2010, al procedimento giurisdizionale concernente l’applicazione delle misure di prevenzione.

Con un secondo motivo, con riferimento alle intercettazioni disposte con decreto 2675/2008, relativo alle intercettazioni ambientali intercorse tra il C. e altri due soggetti, uno dei quali identificato nel ricorrente, denuncia la violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3, e art. 271 c.p.p., sostenendo che ne doveva essere dichiarata la inutilizzabilità, in quanto le operazioni erano state svolte con impianti in dotazione della p.g., in difetto di motivazione circa la inidoneità degli impianti di Procura, atteso che il decreto del p.m. si limita a richiamare un’attestazione dell’Ufficio intercettazioni senza autonoma motivazione.

Con un terzo motivo denuncia analoga inutilizzabilità, poichè le relative operazioni sono state effettuate con apparecchiature fornite da una ditta privata e non, come prescrive la norma per il caso di insufficienza o inidoneità degli impianti di Procura, con quelle in dotazione di un pubblico servizio o della polizia giudiziaria.

Con un quinto motivo denuncia analoga inutilizzabilità, in relazione all’art. 267 c.p.p., comma 1, e art. 271 c.p.p., comma 1, per carenza assoluta di motivazione circa la indispensabilità delle intercettazioni ai fini della prosecuzione delle indagini, dato che i decreti si limitano a richiamare genericamente una situazione di eccezionalità derivante dai reati per i quali si procede.

4. Ha proposto distinto ricorso l’altro difensore del N., avv. Carlo Ferracane, il quale denuncia:

4.1. Erronea qualificazione giuridica dei fatti come tentativo di incendio ex art. 423 c.p., dovendosi gli stessi essere inquadrati sotto la meno grave fattispecie di cui all’art. 424 c.p., comma 1, che non consentiva l’applicazione della misura custodiale.

4.2. Vizio di motivazione in punto di ritenuta presenza del N. nell’autovettura del C. al momento della ricezione della telefonata fattagli dalla moglie, non essendovi alcun elemento per individuare il luogo e il contesto in cui l’indagato si trovava al momento di detta chiamata.

Inoltre, l’altro elemento valorizzato nella ordinanza impugnata, desunto dal riferimento fatto da uno degli interlocutori a un impianto di lavaggio-auto da impiantare su un terreno ritenuto in proprietà del N. era smentito dalla circostanza della vendita del terreno da parte di quest’ultimo circa sette mesi prima del colloquio intercettato.

4.3. Violazione dell’art. 358 c.p.p., non avendo il p.m. svolto indagini a favore dell’indagato, in particolare in punto di individuazione del soggetto che partecipava nelle conversazioni intercettate, tenuto conto di tutti i riferimenti temporali e oggettivi del fatto.

4.4. Violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, in mancanza di alcuna riferibilità della condotta contestata a finalità o metodi di natura mafiosa.

4.5. Violazione dell’art. 274 c.p.p. e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, non sussistendo alcuna situazione concretamente riconducibile ai parametri contenuti nelle lettere a), b), e c) di tale articolo.

L’avv. Ferracane ha poi depositato memoria, con la quale si specificano ulteriormente le ragioni a sostegno dei motivi di ricorso.
Motivi della decisione

1. Preso atto della rinuncia al primo motivo, ad avviso della Corte tutti i restanti motivi sono infondati.

Le operazioni di intercettazione sono state legittimamente svolte con impianti diversi da quelli esistenti presso la Procura, data l’attestazione di inidoneità di questi, cui si è richiamato, facendola propria, il p.m. nel suo decreto; nulla rilevando che la p.g. si sia avvalsa di strumentazioni prese in noleggio da un ditta privata, dato che, attraverso tale accordo di utilizzazione, esse ben possono dirsi in dotazione della p.g..

Le questioni sulla significatività degli elementi indiziari raccolti e sulla presunta inosservanza del dovere del p.m. di svolgere indagini a favore dell’indagato si risolvono in censure di fatto, non esaminabili in sede di legittimità, a fronte di una motivazione dell’ordinanza impugnata del tutto logica ed esaustiva.

Non sussiste la denunciata violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, posto che il N. ha agito in concorso con C.T., affiliato in posizione non marginale alla famiglia di Castelvetrano, e che le modalità della condotta criminosa indicano di per sè l’uso di un metodo mafioso, in un contesto territoriale ben caratterizzato dalla presenza di un gruppo criminale mafioso.

Quanto alle esigenze cautelari, nulla di significativo è offerto nel ricorso per vincere la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, cui si è giustamente richiamata l’ordinanza impugnata.

2. Il Tribunale ha ritenuto configurabile la ipotesi contestata di tentativo di incendio, ex art. 423 c.p., mettendo in rilievo la diffusività del fuoco appiccato alle due autovetture, e alla concreta possibilità di una esplosione, essendo uno dei veicoli alimentato a GPL. Al riguardo va ricordato che secondo le linee tracciate dalla giurisprudenza di legittimità, la distinzione tra la fattispecie di cui all’art. 423 c.p. (Incendio) e quella di cui all’art. 424 c.p. (Danneggiamento seguito da incendio) va individuata nella volontà del soggetto attivo del reato, che nella prima fattispecie agisce per provocare un incendio, nella seconda soltanto per danneggiare, essendo l’incendio che ne sorge una conseguenza non voluta casualmente riferibile (per colpa) alla sua condotta (v. per tutte Sez. 1, n. 5362, 7 febbraio 1997, D’Avanzo).

In presenza di una fattispecie tentata, non essendosi determinato un incendio (come nel caso in esame), è decisivo, dunque, l’elemento soggettivo del reato, richiedendosi per la configurabilità della più grave ipotesi di cui all’art. 423 c.p. oltre alla volontà di danneggiamento la coscienza e volontà di cagionare un evento di proporzioni tali assumere le caratteristiche di diffusività, di vastità del fuoco e di difficoltà di spegnimento che connotano giuridicamente l’incendio (v. Sez. 1, n. 6250, 3 febbraio 2009, Cerasuolo; Id., n. 217, 15 gennaio 1997, Rottino).

Sul punto la valutazione operata dal Tribunale non appare appagante, essendosi dato atto solo della potenziale diffusività del fuoco appiccato alle due autovetture, senza alcuna indagine, sia pure di tipo sintomatico, sull’elemento soggettivo del reato.

3. Ne deriva che su questo solo punto l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Palermo.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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