Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-04-2011, n. 8511 Difformità e vizi dell’opera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato a mezzo posta il 14 ottobre 2005, la s.n.c. Carrozzerie Speciali Bordogna di Bordogna Dario & C, ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 2958 del 16 novembre 2004, che aveva confermato, tranne che per il regolamento delle spese di lite, la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione avanzata dalla s.r.l.

S.T.i. International avverso il decreto ingiuntivo che le intimava di pagare la somma di Euro 11.459,57 a titolo di saldo del prezzo convenuto per la fornitura ed istallazione di un impianto di condizionamento all’interno di un veicolo di regia mobile Iveco Eurocargo, avendo ritenuto il giudice di secondo grado fondata l’eccezione di inadempimento sollevata dalla società opponente per essere l’opera consegnata difettosa per errori commessi nella fase della sua istallazione. La società S.T.i. International resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia "Omessa e/o contraddittoria motivazione circa la valutazione di elementi tecnici fondamentali ai fini della valutazione dell’adempimento della Società appellante alle proprie obbligazioni", censurando la sentenza impugnata per avere affermato l’inadempimento della società appaltatrice sulla base dell’accertamento della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva rilevato l’idoneità dell’apparecchio scelto dalla committente, ma che esso non era stato istallato secondo le regole dell’arte. Ad avviso della ricorrente l’accertamento compiuto dal consulente era però parziale e non probante, in quanto esso si era limitato a verificare la idoneità del macchinario a veicolo fermo, non già in movimento, aspetto che invece era essenziale.

La Corte territoriale ha poi colpevolmente ignorato le dichiarazioni dei testi escussi all’udienza del 6 marzo 2000, concordi nell’affermare che l’istallazione del macchinario era avvenuto da parte della ricorrente sulla base delle direttive del legale rappresentante della società opponente. Il mezzo è infondato.

Quanto alla prima censura, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il giudice di appello, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ha considerato la circostanza che il giudizio di idoneità dell’impianto era stato formulato dal consulente tecnico d’ufficio con riferimento al veicolo fermo e non al mezzo in movimento. La Corte ha quindi ritenuto corretto tale modus procedendi, richiamando sul punto l’elaborato del consulente tecnico ove viene precisato che le specifiche funzioni tipiche dei normali condizionatori per automezzi che devono operare su veicoli in movimento non sono state nella specie considerate, atteso che l’automezzo viene utilizzato solo da fermo per la funzione cui è destinata "potendo in caso contrario manifestarsi problemi di stabilità per gli operatori seduti su poltroncine a rotelle e per quelli in movimento interno del mezzo di regia in un ambiente di lavoro in cui è richiesta rapidità e precisione dei movimenti" (pagg. 6 e 7 della sentenza). Tale valutazione non risulta specificatamente contestata dalla ricorrente e ciò è sufficiente a rigettare la censura.

La denunzia del vizio di omessa considerazione delle prove testimoniali è invece inammissibile, non rispettando qui il ricorso il requisito di autosufficienza, il quale impone al ricorrente per cassazione, che deduca l’omessa considerazione o erronea valutazione da parte del giudice di merito di risultanze istruttorie, di riprodurre esattamente il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate, al fine di consentire alla Corte di valutare la sussistenza e decisività delle stesse (Cass. n. 17915 del 2010; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004).

Costituisce diritto vivente di questa Corte il principio che il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

Nel caso di specie, in particolare, il ricorso non rispetta il suddetto principio di autosufficienza, in quanto omette completamente di riprodurre il testo delle prove testimoniali che assume essere state mal valutate dal giudice territoriale, mancanza che impedisce al Collegio qualsiasi valutazione sul punto.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., comma 1, lamentando che il giudice territoriale non abbia considerato che, all’atto di consegna del veicolo, la società S.T.I. era stata posta a piena conoscenza dei vizi del condizionatore, sicchè ad essa non spettava alcuna garanzia. Si assume, inoltre, che il giudicante non ha debitamente valutato il fatto che alla fase della installazione del condizionatore avesse presenziato il legale rappresentante della committente, al quale non poteva non essere noto che la società Carrozzerie Bordogna non era una ditta specializzata in impiantistica di condizionamento. Il motivo è infondato.

La Corte di appello si è pronunciata sul punto relativo all’applicabilità dell’art. 1667 c.c., comma 1, – che esclude la garanzia dell’appaltatore per i difetti ed i vizi dell’opera se il committente, nonostante la loro conoscenza o conoscibilità, l’ha comunque accettata – osservando che nel caso di specie tale conoscenza non poteva desumersi dalla opposizione del legale rappresentante della società committente alla applicazione di vaschette supplementari di raccolta della condensa secondo quanto proposto dalla ricorrente in fase di installazione dell’impianto, aggiungendo che comunque "la tracimazione dell’acqua ebbe a verificarsi solo in seguito alla successiva utilizzazione del mezzo da parte della originaria committente Videe srl".

Queste due affermazioni non risultano contestate dal ricorso, che anzi espressamente concorda sulla prima. La società ricorrente invece lamenta che il giudice di merito non abbia considerato che, "all’atto della consegna del veicolo, la S.T.I. S.r.l. era stata posta a piena conoscenza dei vizi inerenti al condizionatore, con particolare riguardo alla formazione di condensa e alla efficacia risolutiva del rimedio costituito dall’apprestamento delle vaschette". La censura non può essere accolta.

L’art. 1667 c.c., comma 1, esclude la garanzia dell’appaltatore nel caso in cui il committente accetti l’opera pur conoscendo o potendo conoscere i vizi della stessa. Nel caso di specie, l’accertamento del giudice di merito che ha escluso che la conoscenza dei vizi potesse dedursi dalla proposta dell’appaltatrice di applicare vaschette supplementari per raccogliere la condensa non è stato, come detto, contestato; la diversa circostanza che la committente sia stata informata specificatamente di questi difetti lamentati al momento della riconsegna del mezzo non appare invece sostenuta da elementi di prova e di conferma, tralasciando qui il ricorso di indicare le risultanze di causa comprovanti tale fatto. La doglianza perciò appare generica e comunque involgente un accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità. Infondata è anche l’ulteriore censura di violazione di legge, per non avere il giudice di merito escluso la garanzia dell’appaltatore per essere stati i lavori di installazione del condizionatore eseguiti sotto la direzione del legale rappresentante della committente, che si era rivolto a ditta non specializzata nel settore impiantistico.

Tale critica è infondata in quanto lo stesso presupposto di fatto da cui essa muove risulta smentito dalla sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale, con apprezzamento di fatto non oggetto di censura, escluso che, alla luce del concreto atteggiarsi del rapporto, la società ricorrente potesse essere considerata come mera esecutrice delle direttive impartite dalla controparte. Quanto alla sua mancanza di specializzazione nel settore impiantistico, la deduzione risulta esaminata dal giudice di secondo grado, che l’ha ritenuta irrilevante avendo comunque l’impresa ricorrente accettato di eseguire i lavori commissionati, assumendosi così l’obbligo del loro adempimneto a regola d’arte.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ., lamentando che il giudice a quo abbia ritenuto legittima l’eccezione di inadempimento sollevata dalla committente nonostante che l’aspetto inerente all’installazione avesse un rilievo secondario e che la parte stessa, presenziando alle operazioni di montaggio, avesse potuto riscontrare le obiettive difficoltà incontrate dalla ditta installatrice. Per tali ragioni, conclude la ricorrente, l’eccezione de qua avrebbe dovuto essere disattesa, in quanto contraria a buona fede e sproporzionata rispetto all’entità delle obbligazioni comunque adempiute dalla ditta appaltatrice. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo perchè si tratta di contestazione (recte:

controeccezione) nuova, non indicando la società ricorrente di averla formulata già nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado e quindi di averla riprodotta in sede di appello.

In secondo luogo in quanto questa Corte è ferma nel ritenere che la valutazione della gravità dell’inadempimento che legittima la parte non inadempiente a sollevare l’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ. costituisce un apprezzamento di fatto demandato alla esclusiva competenza del giudice di merito (Cass. n. 16930 del 2003; Cass. n. 9176 del 2000). Con la conseguenza che il motivo è inammissibile in quanto sollecita un sindacato sulla valutazione del giudice territoriale non consentito in sede di giudizio di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione, che però nella specie non è stato sollevato. Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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