CIVILE – Locazione di immobili adibiti ad uso abitativo e diniego di rinnovo del contratto ai sensi dell’art. 3 legge n. 431/1998

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito di diritto http://www.gadit.it/

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con citazione notificata in data 2-8-2001 LO. IU. Bi. Ro. – premesso che era proprietaria dell’immobile sito in (OMESSO) concesso in locazione ad uso abitativo dall’usufruttuaria (deceduta nelle more) a ZA. Pa. per la durata di otto anni dal (OMESSO) – intimava al predetto ZA.Pa. licenza per finita locazione alla data del (OMESSO), convenendolo innanzi al Tribunale di Napoli per la convalida. Precisava di avere inviato disdetta al conduttore con raccomandata del (OMESSO), comunicando di avere necessita’ di adibire l’immobile ad abitazione del proprio nucleo famigliare.

L’intimato si opponeva alla convalida, assumendo di avere stipulato con l’usufruttuaria un nuovo contratto di locazione in data (OMESSO), per cui il contratto sarebbe scaduto il (OMESSO) per effetto del rinnovo previsto dalla Legge n. 431 del 1998.

Disattesa la richiesta di rilascio e disposto il mutamento del rito, con sentenza in data 21-10-2002 il Tribunale di Napoli dichiarava risolto il rapporto di locazione alla scadenza indicata dal conduttore del (OMESSO) e condannava il medesimo al rilascio dell’immobile per quella data; compensava le spese.

1.2. La decisione, gravata da appello da LO. IU.Bi. Ro. , era riformata dalla Corte di appello di Napoli, la quale con sentenza del 29-10-2004 dichiarava cessata alla data del (OMESSO) la locazione stipulata il (OMESSO), fissava l’esecuzione per il 30-4-2005 e dichiarava interamente compensate le spese del doppio grado.

In motivazione la Corte di appello osservava che era indubbio (e non era, comunque, disputato tra le parti) che la disdetta intimata dalla LO. IU. ottemperasse al disposto della Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 1, lettera a) per cui il contratto di locazione inter partes andava risolto alla prima scadenza quadriennale, per essersi la locatrice avvalsa della facolta’ di diniego del rinnovo con la tempestiva comunicazione di volere destinare l’immobile ad uso abitativo proprio e del proprio nucleo famigliare.

1.3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione ZA.Pa. , svolgendo due motivi.

Ha resistito la LO. IU. , depositando controricorso, integrato da a ZA.Pa. memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 414 c.p.c. e segg., richiamati dall’articolo 447 bis c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. In particolare il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto che la locatrice fosse esonerata dalla prova della necessita’ di disporre dell’immobile per il proprio uso abitativo, in quanto il conduttore non aveva sollevato contestazioni in ordine alla serieta’ ed effettivita’ dell’intento in questione all’atto della costituzione in giudizio e si era limitato ad evidenziare la mancata articolazione di richieste istruttorie in ordine a detta destinazione solo con la memoria del 15-2-2002.

In contrario senso lo ZA. deduce che – in relazione all’intimazione di licenza per la scadenza degli otto anni del precedente contratto – non si disputava della sussistenza o meno della necessita’ della locatrice e che, invece, in riferimento al contratto in data (OMESSO) la contestazione della necessita’ era implicita nel fatto di avere tempestivamente rilevato con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 426 c.p.c. la mancata prova di quanto dedotto dalla locatrice.

Sotto altro profilo il ricorrente deduce che e’ illogico il riferimento alla Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 5 nel punto in cui la Corte di appello ha rilevato che la mancata destinazione dell’alloggio all’uso per il quale viene esercitata la facolta’ di diniego trova adeguata sanzione nella norma indicata; rileva, in contrario senso, che la disposizione normativa richiamata riguarda la fase successiva al processo e non esime il locatore della prova della necessita’ di adibire l’immobile ad uso proprio.

1.1. Il motivo e’ infondato.

Premesso che il diniego di rinnovo di cui alla Legge n. 431 del 1998, articolo 3 (al pari dell’analogo istituto di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 27) presuppone l’intenzione (e non gia’ la necessita’, come sembra supporre il ricorrente) del locatore di disporre dell’immobile per uno degli usi previsti dalla norma, si osserva innanzitutto che, per consolidata giurisprudenza, l’intenzione deve essere seria, cioe’ realizzabile giuridicamente e tecnicamente, ma il relativo accertamento non deve essere spinto, con un aggravamento dell’onere probatorio, non previsto dalla legge, fino alla dimostrazione in concreto della realizzazione di quell’intento (cfr. Cass. 1994/10423; 2000/15075). Inoltre la relativa valutazione, costituendo un accertamento fattuale, rientra nei compiti del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’, se immune da vizi motivazionali rilevabili in tale sede. In ogni caso l’intenzione del locatore risulta insindacabile nel suo contenuto di merito, in ordine alla quale il giudice non puo’ interferire sulla circostanza che la divisata destinazione non sarebbe positiva per il locatore, comportando, ad esempio, un aggravio di spese (Cass. 12.5.1993, n. 5413).

Per altro verso questa S.C. – richiedendo una specificazione analitica e inequivoca da parte del locatore del motivo di diniego con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la disdetta – ha costantemente ravvisato la ratio di questa specificazione nel fatto che solo attraverso essa e’ possibile valutare, con giudizio ex ante in caso di contestazione, la realizzabilita’ tecnica e giuridica dell’intento (Cass. 3.12.1994 n. 10423) e successivamente il controllo sull’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato, in caso di richiesta di applicazione delle previste misure sanzionatorie.

1.2. Orbene ritiene il Collegio che la decisione impugnata non si e’ affatto discostata dai principi indicati ed e’ motivata in termini congrui e logici. Invero i giudici di appello – precisato che la lettera di disdetta conteneva specifica indicazione dell’uso abitativo cui la locatrice intendeva destinare l’immobile – hanno espresso una valutazione di stretto merito, ritenendo che non fosse contestata la veridicita’ dell’intenzione di cui trattasi id est, la serieta’ dell’intenzione), correlativamente escludendo la necessita’ della prova della realizzabilita’ dell’intento stesso (che del resto, non risulta messo in discussione neppure dal presente ricorso per cassazione, con cui si pone, piuttosto, una questione di prova della ecessita’ abitativa) e riservando, dunque, al trascorrere del tempo e all’iniziativa dell’interessato la verifica dell’effettiva e concreta realizzazione dell’intento medesimo.

In altri termini – contrariamente a quanto opinato da parte ricorrente – cio’ che i giudici di appello hanno evidenziato non e’ l’intempestivita’, bensi’ l’inconsistenza delle generiche deduzioni del conduttore. Invero affermare che mancano richieste istruttorie in ordine alla destinazione dell’immobile locato non significa affatto contestare la realizzabilita’ di detta destinazione; donde l’insussistenza di elementi fattuali su cui esercitare il controllo ex ante, risultando, per altro verso, esclusa in radice la verifica del merito della scelta operata dalla locatrice.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. A tal riguardo il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto assorbito il motivo di appello con cui la LO. IU. aveva, in via subordinata, dedotto il vizio di extrapetizione in relazione alla pronuncia di risoluzione emessa con riguardo alla seconda scadenza contrattuale del contratto in data (OMESSO).

2.1. Il motivo e’ inammissibile per carenza di interesse, in quanto difetta sul punto una specifica soccombenza che legittimi l’impugnazione, non essendovi in realta’ alcuna decisione sul merito della questione ritenuta assorbita, peraltro proposta in appello dall’odierna resistente In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 2.200,00 (di cui euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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