Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7435 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CdA di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale Z.A. fu condannato alla pena di giustizia e al risarcimento del danno in favore della PC, in quanto ritenuto colpevole dei delitti di cui all’art. 699 c.p., (capo a), art. 56 c.p., art. 614 c.p., commi 1 e 2 (capo b), art. 582 c.p., art. 583 c.p., nn. 1 e 3 (capo c), art. 635 cpv. c.p. (capo d), art. 586 c.p. (capo e).

Ricorre per cassazione l’imputato e deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del delitto ex art 586 c.p., originariamente contestato come delitto di cui all’art. 590 c.p..

Sostiene il ricorrente che le ferite riportate da S.V., colpita da frammenti di vetro, staccatisi dalla porta di ingresso del suo appartamento, contro la quale Z. aveva sferrato dei colpi, non possono ritenersi conseguenza della sua condotta, quanto piuttosto la conseguenza di cause sopravvenute, del tutto indipendenti dall’agire del ricorrente.

La stessa sentenza, da atto che la S., nel momento in cui si rese conto della condotta aggressiva dello Z., si recò in bagno per porsi in contatto con le FF.OO.;

quindi, del tutto inaspettatamente, ritornò presso la porta di ingresso e, in tale circostanza, fu colpita dalle schegge di vetro.

La condotta della donna, in quanto imprevedibile, va ricondotta sotto la categoria del "fattore eccezionale"; ciò esclude che l’evento dannoso possa essere posto a carico dell’imputato in quanto casualmente legato alla sua condotta, atteso che, appunto, il nesso eziologico, va considerato interrotto a seguito dell’azione della vittima.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e merita rigetto.

Il ricorrente va condannato alle spese del grado.

In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, il rapporto fra delitto voluto ed evento non voluto è stabilito dall’art. 586 c.p. in termini di pura e semplice causalità materiale, rientrando tale fattispecie tra i casi previsti dalla legge nei quali, ai sensi dell’art. 42 c.p., comma 3, l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione; si rendono pertanto applicabili in materia le norme sul rapporto di causalità e sul concorso di cause previste dagli artt. 40 e 41 c.p., e spetta al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità – se congruamente motivato – accertare l’eventuale esistenza di cause sopravvenute e la loro idoneità a escludere il rapporto di causalità, qualora siano state da sole sufficienti a determinare l’evento (ASN 199606361 – RV 205374).

Orbene, nel caso in esame, la Corte territoriale ha giudicato del tutto prevedibile che "dietro alle vetrate che l’imputato stava furiosamente infrangendo vi fossero persone che potessero essere colpite e ferite dalle schegge di vetro … dal momento che gli occupanti della casa si erano asserragliati … ecc.".

L’assunto non cozza certo nè contro i dettami della logica, nè contro quelli della comune esperienza, essendo noto, da un lato, che le scaglie di vetro possono procurare ferite anche gravi, e, dall’altro, che, infrangendo i vetri della porta di ingresso di una abitazione, è probabile (più che possibile) che gli occupanti possano essere colpiti dalle predette schegge.

Il fatto che la S. si sia portata, in un primo momento, all’interno dell’appartamento per telefonare alla polizia, nulla ha a che fare con la prevedibilità della sua condotta successiva.

Invero, dal punto di vista soggettivo, l’imputato non poteva sapere che cosa stava facendo (e che cosa avrebbe fatto) la donna tra le mura della casa nella quale egli tentava, con la violenza, di introdursi; dal punto di vista oggettivo, non si vede perchè la S., una volta chiamati gli agenti, non avrebbe potuto accorrere nel luogo nel quale si stava svolgendo l’azione delittuosa.

Le motivazioni di tale successiva condotta possono essere svariate (tentare di resistere, unitamente agli altri occupanti della casa, alla violenza di Z., tentare di convincere lo stesso a desistere dalla sua condotta ecc.).

Ciò che rileva, ovviamente, non è interpretare la volontà della S., ma verificare se la sua condotta abbia presentato quei caratteri di imprevedibilità, di assurdità, di bizzaria, atti a interrompere il nesso causale.

Ebbene, per le ragioni appena indicate, detto carattere è stato giustamente ritenuto insussistente dal giudice di secondo grado.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *