Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Siracusa, con sentenza del 30 giugno 2008, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Siracusa del 22 gennaio 2008 che aveva condannato R.M. alla pena di Euro 900,00 di multa per il delitto di lesioni personali in danno di G.G., G.A. e F.M.N..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentandone:

a) la mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova;

b) il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione di cui all’art. 62 c.p., comma 2;

c) l’intervenuta maturazione della prescrizione del reato.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è chiaramente inammissibile.

2. Giova premettere in diritto, come ribadito costantemente da questa Corte, pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Il Giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti "atti del processo".

Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi "atti del processo" e di una correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale "esistenza" della motivazione e sulla permanenza della "resistenza" logica del ragionamento del Giudice.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

3. In fatto, questa volta, si osserva come i motivi di ricorso risultino simili se non identici a quelli presentati in sede di appello e disattesi dalla Corte territoriale (v. pagina 1 della decisione impugnata).

A ciò si aggiunga come in appello sia stato, addirittura, disposto un supplemento d’istruttoria all’esito del quale il Giudicante, con motivazione pienamente logica, ha chiarito il perchè della validità delle dichiarazioni testimoniali delle parti offese (v. pagine 2-4 della motivazione), corroborate da idonea certificazione medica in merito alle subite lesioni e dalla insufficienza delle deposizioni testimoniali della difesa a contrastare l’impianto accusatorio (v. pagina 5 della motivazione).

La mancata concessione al ricorrente dell’attenuante della provocazione, di cui all’art. 62 c.p., n. 2, del pari è stata correttamente motivata sul presupposto dell’inesistenza dello stato d’ira in capo all’imputato e a cagione dell’inesistenza di un atto ingiusto posto in essere dalle parti offese.

In calce al ricorso il ricorrente ha, altresì, invocato l’intervenuta prescrizione del reato ascritto che, al contrario, non è dato ravvisare posto che il fatto commesso il (OMISSIS) si prescrive in anni sette e mesi sei ai quali vanno aggiunti anni uno, mesi quattro e giorni ventidue di sospensione processuale.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *