Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7429 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Enna, con sentenza 6.7.2005, condannò L.P. S. alla pena di giustizia, riconoscendolo colpevole dei delitti di cui all’art. 572 c.p. (capo A), art. 582 c.p., art. 583 c.p., comma 1, n. 2, artt. 6585 e 577 c.p., (capo B), artt. 81 cpv., 609 bis e 609 septies c.p., (capo C), art. 610 c.p. (capo D), per fatti vendicatisi fino al (OMISSIS) in danno della sorella L. P.P.T. e del fratello handicappato L.P.L..

L.P.S. fu condannato anche al risarcimento del danno nei confronti dei due predetti familiari, costituitisi PC. La Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza di cui in epigrafe, in riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto l’imputato dal delitto sub C) perchè il fatto non sussiste, ha dichiarato NDP per prescrizione con riferimento agli altri delitti, ha confermato le statuizioni civili, rideterminando in diminuzione il risarcimento del danno dovuto a L.P.P.T..

La Corte, all’esito della perizia psichiatrica collegiale, disposta in secondo grado, è giunta alla conclusione che L.P.P. T., in quanto non completamente compos sui, non era pienamente attendibile e che, conseguentemente, essendo la prova del delitto di cui al capo C) affidata unicamente alla sua testimonianza, non fosse stato raggiunto un sufficiente grado di certezza in ordine alla sua effettiva sussistenza.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce violazione degli artt. 129 e 192 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. c), art. 578 c.p.p. e artt. 572, 582 e 610 c.p., nonchè contraddittorietà della motivazione.

La perizia collegiale ha evidenziato come la L.P. fosse affetta da un delirio di persecuzione, che la porta a rielaborare in maniera distorta il suo vissuto. Sulla base di tale obiettivo accertamento, la Corte ha assolto l’imputato dal più infamante dei reati a lui ascritti, non rilevando tuttavia, la profonda contraddizione consistente nell’aver poi ritenuto attendibile la donna in relazione alle altre imputazioni.

Oltretutto i pretesi abusi sessuali costituirebbero parte integrante della condotta di cui al delitto ex art. 572 c.p., reato, come è noto, abituale e del quale, venendo meno la affermazione di responsabilità con riferimento ai delitti di natura sessuale, viene meno anche la prova.

Più in generale: non si vede come la inidoneità mentale della sorella del ricorrente possa essere stata superata e come possano essere state superate le numerose testimonianze di segno contrario, che tutte stanno a provare come il L.P.S. si fosse in realtà fatto carico della grave situazione familiare, dovendo egli badare alla sorella psicopatica e al fratello L., handicappato, del quale, per altro, proprio la P.T. era stata nominata tutrice. Nè si possono valorizzare le dichiarazioni dell’altro fratello, G., che viveva a (OMISSIS), vale a dire in un’altra città, e che ha semplicemente ricevuto le confidenze della sorella.

Le dichiarazioni dei testi appartenenti all’Arma dei Carabinieri, poi, sono irrilevanti, o, addirittura, favorevoli all’imputato, mentre la stessa Corte territoriale finisce per svalutare ulteriormente le parole della L.P.P.T., la quale parla di una inesistente frattura di una costola (episodio negato dal medico di famiglia) e della compromissione funzionale delle dita di una mano, laddove il trauma sarebbe stato subito all’altra mano.

Anche il fatto che l’imputato abbia impedito alla sorella e al fratello Luigi di prendere la corriera per recarsi a (OMISSIS) è stato travisato dai giudici di appello, atteso che, se egli li avesse lasciati fare, certamente sarebbe stato accusato del delitto di abbandono di persone incapaci. Inspiegabilmente, poi, il L. non è mai stato ascoltato.

Infine, per quanto riguarda il risarcimento del danno, danno non provato, nè nella sua sussistenza, nè nella sua quantificazione, la rideterminazione in favore di P.T. è irrazionale, in quanto, una volta intervenuta la assoluzione per il delitto sub C), non si comprende perchè detto risarcimento sia stati fissato nel triplo rispetto a quello riconosciuto a L..
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La CdA ha posto in evidenza le seguenti emergenze processuali: 1) L. P.P.T. è affetta da delirio persecutorio;

conseguentemente l’accusa di violenza sessuale, in quanto fondata unicamente sulla sua parola, non può ritenersi certa; da qui la assoluzione dell’imputato con riferimento al reato sub C), 2) è viceversa rimasto accertato, anche per le parziali ammissioni del ricorrente, l’episodio in cui L.P.S. impedì ai sui fratelli di prendere la corriera per (OMISSIS), 3) è certo che in tale occasione P.T. e L. si rifugiarono in casa T.; in detto appartamento intervenne il carabiniere L. G. che vide la donna uscire da una stanza piangendo, ma non rilevò segni di percosse, 4) il dott Pu., in un’occasione, costatò lividi all’avambraccio sinistro, all’emitorace, e dolenzia del quarto dito della mano sinistra di P.T., 5) il dott. B., in altra occasione, rilevò contusione al torace, contusioni al volto e tumefazioni all’occhio, 6) il ten. Ga., ancora in altra occasione, intervenne su richiesta della P. T. e trovò la casa familiare in gran disordine. Rilevò inoltre lo stato di evidente agitazione, tanto della donna, quanto dell’imputato. In detta circostanza, osservò l’ufficiale, P. T. presentava tumefazioni a uno zigomo e alle braccia, 7) il (OMISSIS) P.T., tramite il fratello G., invocò di nuovo intervento dei CC. Orbene, sulla base di tali premesse fattuali, la Corte nissena ha ritenuto che pur non essendo rimasto provato – come anticipato – il delitto sub C) e pur essendo emersa una evidente tendenza della P.T. alla enfatizzazione vittimistica, non di meno esistevano dati obiettivi che, di per sè, riscontrano le accuse formulate a carico dell’imputato.

In altre parole, la tendenza alla esagerazione nella ricostruzione degli accadimenti, operata dalla PO (per cui una contusione toracica diventa una frattura di costole e la presenza di amici del fratello diventa il sintomo di una concertata azione persecutoria) non può, per i giudici del merito, togliere ogni valenza alle oggettive emergenze di causa che documentano lesioni, stress, stato di agitazione e, almeno un episodio, di violenza psicologica nei confronti dei familiari, costretti a desistere dal loro intendimento di recarsi a (OMISSIS) per prendere contatto con l’altro fratello. E’ evidente che l’assoluzione dal reato del capo D) non rende insussistente il reato di cui al capo A), segnando detta assoluzione il venir meno di una sola delle condotte (la più grave, indubbiamente) attraverso le quali possono realizzarsi i maltrattamenti, ma la prova di detti maltrattamenti (fisici e morali) per la CdA non si rinviene unicamente nelle parole di L.P. P.T..

Quanto al contributo proveniente dagli altri testi, a parte quanto si è già detto per quel che riguarda i due sanitari (i medici Pu. e B., che riferiscono, come si è anticipato, dati obiettivi, accertati grazie alla loro specifica competenza professionale), la CdA, motivatamene, lo ridimensiona, rinvenendo nelle parole di tali persone, vicine all’imputato, un atteggiamento reticente e pregiudizialmente ostile alla PO, accusata di essere "scappata di casa" in quanto si rifiutava di sbrigare le faccende domestiche, quasi fosse un soggetto in accertata condizione di subordinazione e dunque sottomessa alla auctoritas del fratello S..

Quanto la risarcimento del danno, la critica dell’impugnante poggia, evidentemente, su di una concezione meramente "aritmetica" dei criteri in base ai quali lo stesso dovrebbe essere valutato. E’ infatti vero che l’imputato è stato definitivamente assolto dal delitto sub C), che vedeva come PO la sola P.T., ma ciò non può portare come conseguenza a und meccanica equiparazione della posizione risarcitoria della predetta e del fratello L..

Nella ridefinizione (in diminuzione, come si è detto) del quantum dovuto alla donna, la CdA ha, evidentemente, apprezzato equitativamente (e non avrebbe potuto diversamente fare) il danno in concreto provocato alla stessa (l’unica, oltretutto, a quanto risulta, ad aver riportato anche conseguenze "fisiche", a seguito delle reiterate violenze dell’imputato).

Al rigetto consegue condanna alle spese del grado.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2006, art. 52, comma 3 deve essere disposto, ope legis, il cd. "oscuramento" dei dati relativi alle parti.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento; dispone che siano omesse le generalità delle parti e che siano omessi gli altri dati identificativi delle stesse, in quanto disposto dalla legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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