Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7428

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Assise di Appello di Bari, con sentenza del 10 dicembre 2009, decidendo a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, che con sentenza del 28 aprile 2009 aveva annullato la sentenza emessa dalla medesima Corte di Assise di Appello il 30 settembre 2008 relativamente al concorso anomalo di S. M. nell’omicidio di C.A., lo ha condannato alla pena di anni dodici di reclusione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentandone quale unico motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e all’eccessività della pena irrogata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

2. Il ricorrente deduce, infatti, una mancanza ovvero illogicità di motivazione dell’impugnata decisione, in ordine al diniego delle attenuanti generiche oltre che alla quantificazione della pena che non è, al contrario, dato ravvisare.

Per quel che riguarda, infatti, tali le censure si deve rilevare come nell’analisi dei criteri direttivi fissati dall’art. 133 c.p., la Corte territoriale abbia attribuito rilievo preponderante, da un punto soggettivo, alla "sicura capacità a delinquere e allo spessore criminale che non giustificano eccessiva indulgenza" in capo all’odierno ricorrente nonchè al comportamento post delictum non improntato affatto a pentimento o a concreto ravvedimento (v. pagina 7 della motivazione).

A ciò si aggiunga, questa volta in senso oggettivo, la gravità dei fatti, evidenziata dall’organizzazione della rapina in maniera professionale, dalla concreta attività dello S. che mise a disposizione un secondo automezzo per la fuga, dall’incendio dell’auto adoperata per il delitto onde evitare il rilevamento di impronte o di altre tracce, dalla micidialità delle armi adoperate deducendone l’estrema pericolosità anche dell’odierno imputato.

Peraltro, ai fini della giustificazione del potere discrezionale riconosciuto al Giudice nella determinazione della pena, è sufficiente l’indicazione degli elementi reputati decisivi nella scelta compiuta, senza che sia necessario valutare analiticamente tutte le circostanze rilevanti, in positivo o in negativo (v. Cass. Sez. 2 27 febbraio 1997 n. 2889).

In materia, la più recente giurisprudenza di legittimità ha avuto ancora modo di precisare (v. Cass. Sez. 3 5 novembre 2008, n. 46353) che nel negare le circostanze attenuanti generiche il Giudice di merito possa ritenere assolutamente preclusive appunto la gravità della condotta, senza la necessità di scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva dovendosi, invece, ritenere sufficiente che il Giudice indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, la cui considerazione comporta infatti il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati.

Corollario di tali enunciati è il principio che anche in sede di impugnazione il Giudice di secondo grado possa, addirittura, trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui all’art. 133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato (v. Cass. Sez. 1 3 marzo 1992 n. 6200 e da ultimo Sez. 2 19 febbraio 2009 n. 19907).

Corrisponde, inoltre, a valutazioni alternative di merito non traducibili in censure di legittimità, la sottolineatura, da parte della difesa, di altri elementi di valutazione, come ad esempio l’incensuratezza dell’imputato ovvero il diverso trattamento sanzionatorio degli altri correi.

Deve, infine, notarsi come all’imputato sia stata già concessa l’attenuante di cui all’art. 116 c.p., comma 2 proprio per riportare il trattamento sanzionatorio nei suoi confronti ad una più equa valutazione, pur in presenza delle dianzi evidenziate gravi circostanze di segno opposto.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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