Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7426

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 20 ottobre 2009, ha confermato la sentenza del Tribunale di Locri, Sezione Distaccata di Siderno del 23 aprile 2008 che aveva condannato F.M. e F.V. alla pena di mesi otto di reclusione per il delitto di lesioni personali in danno di Fa.Do..

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione:

F.M. personalmente lamentandone:

a) la violazione di legge, quanto alla ritenuta esistenza del concorso nel reato ascritto;

b) la manifesta illogicità, quanto alla ritenuta attendibilità della parte offesa nonchè quanto alla ritenuta validità delle deposizioni testimoniali a carico.

F.V. a mezzo del proprio difensore lamentandone:

a) la nullità per l’omessa citazione nel giudizio di appello;

b) la violazione di legge sul punto del mancato accoglimento della tesi defensionale in merito alla sussistenza della scriminante della legittima difesa ovvero dell’eccesso colposo in tale scriminante;

c) la manifesta illogicità, quanto alla ritenuta attendibilità della parte offesa nonchè quanto alla ritenuta validità delle deposizioni testimoniali a carico.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono infondati e non meritano accoglimento.

2. Giova premettere in diritto, come ribadito costantemente da questa Corte, pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Il Giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti "atti del processo".

Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi "atti del processo" e di una correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale "esistenza" della motivazione e sulla permanenza della "resistenza" logica del ragionamento del Giudice.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

3. In fatto, questa volta, si osserva come i motivi di ricorso di F.M. risultino simili se non identici a quelli presentati in sede di appello e disattesi dalla Corte territoriale (v. pagine 6 e 7 della motivazione) per cui il ricorso sarebbe già affetto da una genericità ai limiti dell’inammissibilità.

A ciò si aggiunga come, nell’impugnata decisione, sia stata logicamente evidenziata la compartecipazione di tutti gli imputati nella fattispecie criminosa, per cui non può dubitarsi dell’applicabilità dell’art. 110 c.p. (v. pagina 15 della motivazione); le dichiarazioni della parte lesa siano state ritenute, con motivazione pienamente logica, del tutto attendibili nonchè corroborate dalle ulteriori acquisizioni probatorie (in particolare la certificazione medica del tutto compatibile con il racconto dei fatti nonchè le testimonianze M. e S., vedi pagine 12- 15 della motivazione) e che dalla deposizione testimoniale del coimputato F.V. non possa trarsi alcun elemento a vantaggio dell’odierno ricorrente (v. pagine 26-28 della motivazione).

Di nessun pregio si appalesa, inoltre, l’asserzione defensionale (comune ad entrambi i ricorrenti) in merito all’impossibilità di porre a fondamento della dichiarazione di responsabilità dell’imputato le dichiarazioni della parte offesa allorquando le stesse, per altri reati, non siano state ritenute, al contrario attendibili.

Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato (v. Cass. Sez. 3 26 settembre 2006 n. 40170 e da ultimo Sez. 3 11 maggio 2010 n. 21640) il principio che l’esclusione di attendibilità per una parte del racconto non implica, per il principio della cosiddetta "frazionabilità" della valutazione, un giudizio di inattendibilità con riferimento a quelle altre parti che reggono alla verifica del riscontro oggettivo esterno, sempre che, però, non sussista un’interferenza fattuale e logica tra la parte del narrato ritenuta falsa e le rimanenti parti e l’inattendibilità non sia talmente macroscopica, per accertato contrasto con altre sicure risultanze di prova, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante.

In altri termini, è lecita la "valutazione frazionata" delle dichiarazioni accusatorie, sempre che non esista un’interferenza fattuale e logica fra la parte del narrato ritenuta falsa o non credibile e le rimanenti parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate; il che si verifica solo quando fra la prima parte e le altre esista un rapporto di causalità necessaria ovvero quando Cuna sia imprescindibile antecedente logico dell’altra.

Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto buon uso di tali principi allorquando ha affermato, suffragando tale affermazione con l’indicazione degli elementi fattuali di riscontro (v. pagine 9-14 della motivazione), che le dichiarazioni della parte offesa relativamente al solo reato ascritto "si sono rivelate, nel complesso, coerenti e credibili, oltre ad essere state confermate dalle dichiarazioni dei testi M. e S. e documentate dal referto medico". 4. Quanto ai motivi di ricorso di F.V., preliminarmente e in rito, nessuna nullità può dirsi verificata in ordine alla sua citazione nel giudizio di appello.

La notifica del decreto di citazione a giudizio il 24 aprile 2009 personalmente all’imputato in (OMISSIS), costituisce la prova che nessuna violazione del diritto di difesa si sia realizzata nei suoi confronti, non avendo egli eletto domicilio presso il difensore di fiducia.

Quanto al merito effettivo, i motivi del ricorso in Cassazione ripetono, anche in questo caso come per l’altro ricorrente, quanto già evidenziato nell’impugnazione in grado di appello (v. pagina 16 della motivazione) sia con riferimento all’attendibilità della parte offesa (v. pagine 17-18 della motivazione) che alla deposizione dei testi M. e S. (v. pagine 21-25 della motivazione) che, infine, alla stessa attendibilità delle proprie dichiarazioni defensionali (v. pagine 26-28 della motivazione).

All’imputato, infine, non è stata riconosciuta l’esistenza della scriminante della legittima difesa neppure sotto il profilo dell’eccesso colposo.

Anche in questo caso, però, la Corte territoriale ha logicamente risposto al relativo motivo d’appello sostenendo, con assorbente considerazione, come il F.V., a differenza del coimputato Mo. oggi non ricorrente, non avesse ricevuto alcuna percossa dalla parte lesa Fa. e, pertanto, non avesse la necessità di difendersi da chicchessia.

5. I ricorsi vanno, pertanto, rigettati e ciascuno dei ricorrenti condannato, altresì, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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