Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-04-2011, n. 8825 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato, depositato il 1 luglio 2008, la corte d’appello di Catanzaro ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento a favore dei ricorrenti della somma di Euro 1250,00 ciascuno, oltre interessi legali dal decreto.

La corte territoriale ha ritenuto che il giudizio presupposto (si trattava di opposizione a decreto ingiuntivo, introdotto con citazione del 10/1/94, definito con sentenza depositata il 13/12/2005, nel corso della quale, deceduta l’opposta il 3/9/2000, si erano costituiti gli eredi il 29/11/2001), andava valutato in due distinti periodi, il primo dal 10/1/94 al 3/9/00, ed il secondo, dal 29/11/2001 alla sentenza, da cui il riconoscimento ai ricorrenti dell’indennizzo iure hereditario per tre anni e di quattro mesi iure proprio, detratti i periodi dei rinvii addebitabili esclusivamente al comportamento negligente delle parti processuali (nella specie,mancata comparizione del difensore dell’opposta).

La corte territoriale ha pertanto riconosciuto ai ricorrenti l’indennizzo iure proprio di Euro 250,00 ciascuno e di Euro 1000,00 iure hereditario, stimando in Euro 3000,00 il danno sofferto dal de cuius sino al decesso.

Ricorrono per cassazione, sulla base di tre motivi, Q.R., A. e M.G..

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso, contenente ricorso incidentale. I ricorrenti hanno resistito al ricorso incidentale con controricorso ex art. 371 c.p.c., comma 4.
Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione ed errata applicazione dell’art. 110 c.p.c., in relazione alla L. n. 89 del 2001, per avere la corte territoriale scisso il processo in due periodi, mentre gli eredi hanno continuato il rapporto processuale, e, assumendo la qualità di parte nel processo unitariamente considerato, hanno subito direttamente il danno determinato dall’irragionevole durata, per tutto il periodo, dalla data di proposizione della domanda alla sentenza.

1.2.- Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano violazione ed errata applicazione dell’art. 111 Cost. e della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla determinazione della durata del processo ai fini della quantificazione del danno.

Secondo i ricorrenti, la determinazione del periodo da indennizzare è errata, in particolare, l’udienza del 18/9/1995 non è stata tenuta, il ruolo è stato congelato sino al 22/3/2001; l’udienza del 27 maggio 2004 è stata fissata in conseguenza di rinvio d’ufficio, non comunicato,e ciò ha determinato l’ulteriore differimento all’udienza del 28/10/2004; nè possono imputarsi per intero alla parte i periodi dei rinvii disposti per la mancata comparizione della parte alle udienze del 22 marzo 2001, 20 marzo causa, pur esistendo un processo, non vi è la parte che dalla sua irragionevole durata possa ricevere danno.

L’argomento della continuità della posizione processuale, che si fonda sull’art. 111 c.p.c., è inconferente a riguardo, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea e tradotto nella legge del 2001, non è basato sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a favore di chi abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali dal ritardo della definizione del processo, modulabili alla stregua del concreto patema d’animo subito.

3.4.- Il secondo motivo del ricorso principale è fondato, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.

La corte territoriale, tenuto presente il periodo di tre anni ritenuto ragionevole per la definizione del giudizio, ha determinato il periodo da indennizzare, detraendo "il tempo intercorrente tra le udienze di differimento del giudizio laddove il rinvio è da addebitare esclusivamente al comportamento negligente delle parti processuali (nella specie mancata comparizione in udienza del difensore dell’opposta)". In tal modo, il giudice del merito non ha riconosciuto alcun ruolo all’uso dei poteri di direzione del giudizio, spettanti come tale al Giudice, nè ha valutato la durata dei rinvii stessi, se e in che misura addebitabile all’Ufficio Giudiziario, in tal modo violando la L. n. 89 del 2001, art. 2, atteso che, come ritenuto da ultimo dalla sentenza di questa corte n. 1715 del 2008, a fronte di una cospicua serie di differimenti chiesti dalla parte, o non opposti, e disposti dal giudice istruttore, si deve distinguere, come impone la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, tra tempi addebitabili alle parti e tempi addebitabili allo Stato per la loro evidente irragionevolezza e pertanto, salvo che sia motivatamente evidenziata una vera e propria strategia dilatoria di parte, idonea ad impedire l’esercizio dei poteri di direzione del processo, propri del giudice istruttore, è necessario individuare la durata irragionevole comunque ascrivibile allo Stato, ferma restando la possibilità che la frequenza ed ingiustificatezza delle istanze di differimento incidano sulla valutazione del patema indotto dalla durata e conseguentemente sulla misura dell’indennizzo da riconoscere.

Alla stregua di tale principio va valutato il caso di specie e, esclusa la ricorrenza dell’ipotesi della strategia dilatoria della parte che non è stata neppure prospettata dall’Amministrazione, esclusa altresì la possibilità di valutare il rinvio disposto all’udienza del 22 marzo 2001, per le ragioni sopra esposte in relazione al primo motivo, siccome rientrante nel periodo successivo al decesso della P. e prima della costituzione degli eredi, va ritenuta la necessità della rivalutazione della durata irragionevole da parte del Giudice del merito, fermo restando l’accertamento della durata ragionevole, fissato in tre anni, in questa sede non contestato.

Da ciò ulteriormente consegue l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale, dovendo il Giudice del merito provvedere alla liquidazione dell’indennizzo, prendendo a parametro gli importi indicati dalla Corte europea, dai quali è lecito discostarsi in misura ragionevole, solo con adeguata e logica motivazione, altresì ponendoli in relazione con lo specifico patema d’animo che il Giudice del rinvio riterrà di riconnettere alla specifica condizione di chi subentra in un processo già segnato dalla durata irragionevole.

Va pertanto accolto il ricorso in relazione al motivo come sopra accolto, va cassato il decreto impugnato e va disposto il rinvio alla Corte d’appello, che dovrà attenersi ai principi sopra esposti e che provvedere anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; respinge il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo, assorbito il terzo, respinge il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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