Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-01-2011) 25-02-2011, n. 7423 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

quanto segue:

La CdA di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale D.M. e A. P. furono condannati alla pena di giustizia in quanto ritenuti colpevoli del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione (con riferimento alla somma ottenuta in finanziamento dalla DANESI spa) e documentale, con riferimento alla mancata contabilizzazione della stessa e ciò in relazione alla dichiarazione di fallimento della CAFFE’ ITALIANO DI ALLIERI LAURA E C. sas (sentenza Tribunale di Roma del 25.3.1999), della quale il D. era amministratore di fatto e la A. socio accomandatario.

Ricorre per cassazione il comune difensore e deduce carenze dell’apparato motivazionale in relazione all’art. 533 ss. c.p.p., atteso che il danno subito dai due imputati, che nella impresa da loro gestita hanno perso l’intero capitale, anche personale, è certamente superiore a quello procurato ai creditori. Il CT del PM ha affermato di non avere avuto a disposizione i partitari e la prima nota e di non aver potuto, di conseguenza, comprendere il significato di alcune appostazioni sul libro giornale. Dunque le conclusioni dei giudici del merito sulla mancanza di valore probatorio delle registrazioni relative alle fideiussioni DANESI sono in contrasto con le risultanze acquisite in istruttoria dibattimentale.

Quanto alla bancarotta distrattiva, è rimasto accertato che i finanziamenti provenienti dalla DANESI sono stati utilizzati per avviare altre attività, sempre aventi connessione con il servizio di bar e ristorazione.

Deduce inoltre mancata assunzione di prova decisiva, chiedendo venga ripetuta l’indagine sulle risultanze contabili della sas indagine che renderà possibile accertare che nessuna operazione è rimasta al di fuori della contabilizzazione e nessuna somma è stata distratta.

I ricorsi sono inammissibili per la loro assoluta aspecificità.

In realtà i ricorrenti propongono le medesime censure cui ha fornito – sia pur sintetica – risposta la sentenza di secondo grado.

In ordine al finanziamento ricevuto dalla DANESI, si assume genericamente che esso sia stato utilizzato per ampliare la attività della sas, ma nessuna concreta indicazione in tal senso viene fornita, di talchè i ricorrenti in pratica chiedono di essere creduti "sulla parola".

Rappresenta per altro jus receptum (es. ASN 199907569 – RV 213636) il principio in base al quale, in tema di bancarotta fraudolenta, una volta accertato che l’imprenditore ha avuto nella sua disponibilità determinati beni, nel caso in cui egli non renda conto del loro mancato reperimento, nè sappia giustificarne la destinazione per effettive necessità dell’impresa, si deve dedurre che gli stessi siano stati dolosamente distratti; ciò in quanto il fallito ha l’obbligo giuridico di fornire dimostrazione della destinazione dei beni acquisiti al suo patrimonio Insomma, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita ben può essere desunta dalla mancata dimostrazione, a opera dell’amministratore, della destinazione dei beni (ASN 200907048 – RV 243295).

Ciò a maggior ragione deve dirsi delle liquidità.

Per quanto specificamente riguarda poi la bancarotta documentale, sono gli stessi ricorrenti che, nel negare la ricostruibilità della situazione patrimoniale e contabile, finiscono per confermare la tesi fatta propria dai giudici del merito.

Non meno generica è la seconda censura, atteso che, con essa, ci si limita a ipotizzare – del tutto astrattamente – un differente esito processuale a seguito di un’auspicata ripetizione degli accertamenti contabili già effettuati in primo grado.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di somma a favore della Cassa delle ammende.

Si stima equo determinare detta somma in Euro 500.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro cinquecento a favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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