Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-04-2011, n. 8822 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Campobasso, pronunciando in sede di rinvio dalla Cassazione, con decreto del 6.2.08, ha respinto il ricorso proposto da E. e F.T. per ottenere il risarcimento del danno subito per l’eccessiva durata del processo civile da essi promosso dinanzi al Tribunale dell’Aquila con citazione del 30.1.81, definito in primo grado con sentenza di parziale accoglimento del 10.2.93 ed in appello con sentenza di rigetto del 12.9.03.

La Corte, pur avendo accertato che il procedimento aveva avuto una durata di oltre tredici anni superiore a quella ragionevole, ha escluso la sussistenza del danno non patrimoniale lamentato dai ricorrenti, in ragione dell’evidente infondatezza delle domande da essi proposte, di cui essi dovevano avere piena consapevolezza.

I F. hanno chiesto la cassazione del provvedimento, affidandola a due motivi di ricorso.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

1) Con il primo motivo di ricorso, E. e F.T., denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 3, nonchè vizio di motivazione, lamentano che il giudice del merito non si sia attenuto ai principi di diritto enunciati da questa Corte nel giudizio rescindente.

Deducono inoltre che, una volta accertata l’irragionevole durata del processo, la Corte territoriale ha errato nell’escludere la sussistenza del danno non patrimoniale in ragione della asserita, palese infondatezza della pretesa dalla azionata, sia perchè, di fatto, la domanda da essi proposta fu respinta solo in grado d’appello, sia perchè, ai fini del riconoscimento dell’equo indennizzo, è irrilevante l’esito sfavorevole del giudizio, a meno che la parte non si sia resa responsabile di lite temeraria.

La prima delle due censure nelle quali si articola il motivo è infondata e deve essere respinta.

La domanda di equo indennizzo proposta dai ricorrenti fu respinta una prima volta dalla Corte d’Appello di Campobasso sul rilievo che la durata del processo era addebitabile ai rinvii richiesti dalle parti, il cui comportamento processuale denotava una mancanza di interesse alla decisione della causa e faceva escludere l’esistenza del danno non patrimoniale lamentato. Quel decreto fu cassato da questa Corte per avere "… il giudice del merito omesso di determinare il periodo di durata eccessiva del processo, laddove detratti i periodi addebitabili ai comportamenti delle parti processuali, avrebbe dovuto individuare quelli dovuti alle disfunzioni della giustizia e stabilire quindi, in relazione alla complessità della causa ed ai criteri stabiliti dalla Corte EDU, il periodo eccedente la normale durata …" e per aver ritenuto che la condotta processuale delle parti " potesse far escludere la mancanza di ogni danno morale ….".

Nel provvedimento oggi impugnato, la Corte di merito ha minuziosamente compiuto la valutazione demandatale in sede di giudizio di rinvio, determinando in complessivi anni 13, mesi 7 e giorni 11 la durata irragionevole del procedimento presupposto, ed ha respinto la pretesa dei ricorrenti sulla scorta di una diversa motivazione, che non le era preclusa dall’enunciato della sentenza rescindente.

E’ invece fondato il secondo motivo di censura.

Costituisce principio costantemente affermato da questa Corte che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo di cui all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ne consegue che il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale se non ricorrono, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (Cass. SS.UU. 1338/04). Da tale principio la Corte territoriale si è discostata, contraddittoriamente affermando, per un verso, che i ricorrenti dovevano essere pienamente consapevoli della palese infondatezza della domanda proposta, nonostante il suo parziale accoglimento in primo grado, e non considerando, per l’altro, che il diritto alla ragionevole durata del processo non è condizionato all’esito favorevole del giudizio e che pertanto l’accoglimento o il rigetto della domanda non incidono sulla pretesa indennitaria della parte, salvo che questa si sia resa responsabile di lite temeraria o di vero e proprio abuso del processo (Cass. n. 28341/08). L’accoglimento, per tale parte, del motivo comporta la cassazione del provvedimento impugnato.

Resta assorbito il (peraltro inammissibile) secondo motivo di ricorso, con il quale i F., nonostante il rigetto nell’an della domanda, si dolgono dell’omessa pronuncia della Corte in ordine al quantum.

Poichè i ricorrenti non hanno mosso critiche al decreto nella parte in cui ha fissato in anni 13, mesi 7 e giorni 11 la durata irragionevole del procedimento presupposto, non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto e questa Corte può decidere nel merito.

Nel caso di specie, non emergendo elementi tali da far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale subito dai ricorrenti, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dai giudici nazionali nel caso di lesione di diritti diversi da quello in esame, comporta, nell’osservanza della giurisprudenza della Corte EDU, il riconoscimento di una somma di Euro 750,00 per i primi tre anni eccedenti la durata ragionevole e di Euro 1.000 per gli anni successivi (Cass. n. 21840/09).

Il Ministero della Giustizia va pertanto condannato a pagare a ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 12.850, maggiorata degli interessi legali dalla data di deposito del ricorso (1.4.04) al saldo effettivo.

Le spese del giudizio, da distrarsi in favore del difensore antistatario, avv. Alessandro Marchetti, seguono la soccombenza e si liquidano per ciascuno dei due giudizi di merito in Euro 500,00 per onorari, Euro 700,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, e, per ciascuno dei due giudizi di cassazione, in Euro 900,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia a pagare ad F.E. ed a F.T., a titolo di equo indennizzo L. n. 89 del 2001, ex art. 2 la somma di Euro 12.850,00 ciascuno, oltre agli interessi dalla data della domanda al saldo effettivo;

condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali, liquidate per ognuna delle due fasi di merito in Euro 500,00 per onorari, Euro 700,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, e, per ognuno dei due giudizi di cassazione, in Euro 900,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, con distrazione a favore dell’avv. Alessandro Marchetti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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