Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-01-2011) 25-02-2011, n. 7416

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 31 maggio 2010, ha parzialmente confermato, riducendo soltanto la pena, la sentenza del Tribunale di Roma del 16 maggio 2006 con la quale R.S. era stato condannato per il delitto di furto aggravato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore lamentando:

a) l’inosservanza dell’art. 517 c.p.p. in relazione all’affermazione della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2 piuttosto che di quella contestata di cui al medesimo art. 625 c.p., n. 1;

b) il difetto di motivazione in merito all’esistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 1;

c) l’erronea applicazione di legge nel considerare sussistente l’aggravante della violenza sulle cose sulla base della mera energia fisica.
Motivi della decisione

1. Il ricorso si appalesa, all’evidenza, inammissibile.

2. I primi due motivi meritano di essere affrontati congiuntamente, presentando l’esame di questioni analoghe e analogamente inammissibili.

In primis, perchè pur essendovi formalmente nel capo d’imputazione l’indicazione dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 1 (non più esistente all’epoca dei fatti, (OMISSIS), a cagione dell’abrogazione di cui alla L. 26 marzo 2001, n. 128), al contrario, nella sua concreta esplicazione e nella stessa motivazione della sentenza di prime cure si fa esclusivo riferimento all’aggravante della violenza sulle cose e pertanto la Corte nulla doveva motivare in merito all’aggravante dell’introduzione in un edificio o abitazione, non essendovi ulteriore traccia della suddetta aggravante agli atti del giudizio.

Non sussiste neppure la dedotta nullità per mancata contestazione della ritenuta aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2 in quanto, pacificamente da parte della giurisprudenza di legittimità, si afferma come i fatti ascritti non abbisognino di formule sacramentali ovvero dell’indicazione degli articoli di legge di riferimento per essere correttamente contestati allorquando, come nel caso di specie, l’imputato abbia potuto esplicare il proprio diritto di difesa (v.

Cass. Sez. 3 3 luglio 2008 n. 32706 e Sez. 5 16 settembre 2008 n. 38588).

3. Del pari manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso.

La giurisprudenza di questa Corte ha posto in evidenza come, in tema di furto, sussista l’aggravante della violenza sulle cose ( art. 625 c.p., n. 2) tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, faccia uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione non essendo neppure ritenuto necessario che la violenza (da intendersi come alterazione dello stato delle cose mediante impiego di energia fisica) sia esercitata con danno alla "res" oggetto del comportamento rilevante ex art. 624 c.p. (v, da ultimo questa stessa Sezione 5 14 maggio 2010 n. 24029).

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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