Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 25-02-2011, n. 7224 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.A. e S.G. venivano condannati per abusi edilizi con sentenza emessa il 29 novembre 2004 dal Tribunale di Napoli, 7^ sezione penale, in composizione monocratica con la quale tra l’altro, si ordinava la demolizione del manufatto in sequestro previa rimessione in pristino delle opere realizzate. Detta pronunzia risultava confermata dalla Corte di Appello di Napoli, prima sezione penale, con sentenza in data 12 luglio 2005, passata in giudicato il 16 ottobre 2005. 2. Successivamente B.A. e S.G. chiedevano la revoca ovvero la sospensione dell’ingiunzione di demolizione in attesa dell’esaurimento del procedimento amministrativo e la verifica della sussistenza della fattispecie regolata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34.

Con ordinanza del 1 dicembre 2009 il giudice dell’esecuzione del tribunale di Napoli rigettava l’istanza, rilevando che i ricorrenti non avevano prodotto alcun atto di sanatoria o altro provvedimento amministrativo che potesse giustificare la richiesta. Osservava che la cit. sentenza del 29 novembre 2004 del Tribunale di Napoli conteneva, tra l’altro, l’ordine di demolizione del manufatto in sequestro previa rimessione in pristino delle opere realizzate, pronunzia poi confermata in grado di appello e divenuta successivamente irrevocabile.

3. Avverso questa pronuncia gli originari ricorrenti propongono ricorso per cassazione con due motivi.
Motivi della decisione

1. Il ricorso – articolato in due motivi con cui, dopo un lungo excursus sui principi giuridici della materia, si eccepisce la mancanza di motivazione sul pregiudizio irrimediabile che dall’esecuzione dell’ordine di demolizione deriverebbe alla parte lecita dell’opera – è inammissibile.

Gli argomenti in diritto svolti dal ricorrente, riproduttivi essenzialmente di massime di giurisprudenza, sono privi di riferimento al caso concreto e quindi risultano avere carattere generale ed astratto. In particolare quanto alla dedotta mancanza di motivazione sull’impossibilità della demolizione dell’opera illegittima, va osservato – come rilevato dal P.G. – che l’obbligo di motivare sorge solo in presenza di un motivo specifico delle parti.

Nel caso in esame la consulenza, alla quale il ricorrente ha fatto riferimento, esprime valutazioni in termini di mera, generica probabilità di pregiudizio, nell’ipotesi di demolizione non eseguita a regola d’arte.

Si tratta comunque di apprezzamenti di merito in ordine alla sussistenza, o meno, di un irrimediabile pregiudizio quale conseguenza dell’esecuzione dell’ordine di demolizione, non deducibili come censura in sede di legittimità. 3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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