Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-11-2010) 25-02-2011, n. 7490 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 25 marzo 2010 la Corte d’appello di Campobasso ha confermato la decisione emessa, a seguito di giudizio abbreviato condizionato all’espletamento di una perizia sul materiale esplodente in sequestro, il 16 settembre 2009 dal Tribunale di Campobasso, che aveva dichiarato G.C. e S. D. colpevoli, in concorso, del reato pluriaggravato di detenzione e porto di materiale esplodente (di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p. e L. n. 497 del 1974, art. 10 e art. 12, commi 1 e 2, e art. 14), del reato di lesioni personali aggravate in danno di S.M. (di cui agli artt. 110, 582 e 585 c.p.), del reato di danneggiamento aggravato di una insegna pubblicitaria di un negozio e della rottura del portone di ingresso dell’abitazione dei coniugi R. e Ga. (di cui all’art. 110 c.p. e art. 635 c.p., comma 2, n. 3, in relazione all’art. 625 c.p., n. 7) e del reato di detenzione e porto di coltello della lunghezza complessiva di cm. ventisette (di cui all’art. 110 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 4), e aveva condannato, S.D., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro novecento di multa, e G.C. alla pena di anni tre di reclusione ed Euro mille di multa, con la confisca e la distruzione di quanto in sequestro.

Con la stessa sentenza la Corte d’appello, in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore Generale, ha dichiarato G.C. interdetto dai pubblici uffici per la durata di cinque anni.

2. Da entrambe le decisioni di merito emergeva che:

– nella notte del (OMISSIS) vi era stata una esplosione nella Via (OMISSIS);

– agenti del N.O.R. dei Carabinieri di Campobasso, intervenuti verso l’una a seguito di segnalazione della centrale operativa, avevano constatato la presenza di un gruppo di persone impaurite e di S.M. che aveva dichiarato di essere stato colpito dall’onda d’urto di una esplosione, avevano rinvenuto carta pirica bruciata con spago attaccato, e avevano riscontrato il danneggiamento dell’insegna pubblicitaria di un negozio e del portone di ingresso di un’abitazione;

– sulla base delle informazioni rese dalle numerose persone presenti venivano identificati due giovani, indicati come gli autori del fatto: uno, con la maglia bianca, identificato per S. D., era in possesso di un marsupio rosso contenente una bomba carta, un fodero di pugnale, un mazzo di chiavi e frammenti di sostanza stupefacente, l’altro con la maglia grigio-verde, indicato dallo S. come la persona che gli aveva consegnato il marsupio con la bomba carta, che gli aveva intimato di far esplodere, e identificato per G.C., aveva rivendicato la proprietà delle chiavi contenute nel marsupio;

– dalle informazioni assunte era anche emerso che prima dell’arrivo dei Carabinieri il giovane con la maglia bianca, poi identificato per S., aveva passato un coltello al giovane con la maglia grigio verde, poi identificato per G., che lo aveva nascosto in una pianta, dove era stato rinvenuto.

3. La Corte d’appello, dopo aver sintetizzato le doglianze mosse, con gli atti di appello, da parte degli imputati e del Procuratore della Repubblica e aver riaffermato la piena utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, raccolti nel corso delle indagini preliminari (dichiarazioni rese ai Carabinieri dalle numerose persone presenti, dichiarazioni rese dagli imputati, referto medico relativo alle lesioni cagionate dall’esplosione a S.M., dichiarazioni rese dai coniugi R. e Ga., abitanti nell’immobile il cui portone d’ingresso era stato danneggiato per l’esplosione), unitamente a quelli acquisiti nel corso della integrazione probatoria (esame perito e perizia sui reperti esplodenti), ha ritenuto sussistere prove univoche di colpevolezza nei confronti degli imputati per tutti i reati loro ascritti.

3.1. In particolare, secondo la Corte, la prova della responsabilità dell’imputato S.D. per tutti i reati contestati era costituita dal fatto che lo stesso, individuato dai Carabinieri sulla base delle precise indicazioni fornite dalle numerose persone presenti, era stato trovato in possesso di un marsupio rosso contenente una bomba carta simile a quella esplosa, un fodero di pugnale, un mazzo di chiavi e frammenti di sostanza stupefacente, e aveva ammesso, all’udienza del 29 giugno 2009 rendendo spontanee dichiarazioni, di avere compiuto il "grave gesto, illustrandone la genesi e la condotta tenuta;

3.2. Per quanto riguarda l’imputato G.C., secondo la Corte di merito, la prova della sua responsabilità per tutti i reati contestati era costituita dal fatto che stesso, individuato dai Carabinieri sulla base delle precise indicazioni fornite dai testi presenti, era stato chiamato in correità dallo S. come "ideatore e complice" dell’azione delittuosa.

Tale chiamata in correità era stata positivamente riscontrata da elementi oggettivi: immediata individuazione dell’imputato da parte dei Carabinieri sulla base delle indicazioni acquisite dai testi presenti al momento dell’esplosione; rinvenimento nel marsupio rosso, in possesso dello S., delle chiavi pertinenti all’abitazione del G., come dallo stesso ammesso, e probative della riferibilità allo stesso del marsupio, della bomba carta e del fodero del pugnale; perfetta compatibilità con il fodero, trovato nel marsupio, del pugnale indicato dalle persone presenti come trasferito dallo S. al G. prima dell’arrivo dei Carabinieri; ritrovamento del coltello nella pianta dove lo stesso era stato occultato dal G., come riferito ai Carabinieri dalle persone presenti.

Le generiche affermazioni del G. in merito alla sua estraneità ai fatti formulate con l’atto di appello erano considerate dalla Corte come mere allegazioni difensive.

3.3. Secondo la Corte, che richiamava gli arresti giurisprudenziali riguardanti gli effetti delle bombe carta al fine della qualificazione del materiale esplodente, la bomba carta fatta esplodere, alla luce delle risultanze della perizia, dell’esame del perito Z.A. e degli effetti provocati dal suo scoppio, aveva una "oggettiva potenzialità di pericolo per persone e cose, tale da giustificare la valutazione di micidialità". 3.4. Con riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello riteneva la pena adeguata alla gravità del fatto e pienamente conforme ai criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p.; escludeva che potesse attribuirsi alle circostanze attenuanti generiche concesse allo S. valenza prevalente sulle contestate plurime aggravanti, e riteneva fondato l’appello del Procuratore Generale in ordine alla mancata applicazione al G. della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, conseguente alla entità della pena irrogata non inferiore a tre anni di reclusione.

4. Avverso la predetta sentenza hanno proposto separati ricorsi i due imputati, chiedendone l’annullamento.

5. G.C., con il ministero del suo difensore, con unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 497 del 1974, art. 10, art. 12, commi 1 e 2, e art. 13, e, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo della sentenza impugnata.

Il ricorrente, in particolare, deduce l’insussistenza degli elementi essenziali per ritenere integrata la condotta contestata, in difetto di prova della micidialità superiore a quella normale della bomba carta alla luce della disposta perizia e delle dichiarazioni del perito, e invocando, in difetto della prova dell’esistenza del dolo specifico, il corretto inquadramento della condotta come contravvenzione ai sensi dell’art. 703 c.p. Con lo stesso motivo il ricorrente deduce anche la non corretta e sufficiente motivazione della sentenza in ordine al suo coinvolgimento nei fatti di causa, attesa la sua assenza al momento della esplosione della bomba carta, e rileva che, per l’effetto, non avrebbe potuto essergli attribuita la responsabilità per le lievissime lesioni provocate al S. e per la rottura della vetrata della porta di ingresso dei coniugi R., nè la responsabilità per il porto di coltello da lui non tenuto e preso in mano solo per sottrarlo, in quanto potenzialmente pericoloso, allo S. visibilmente ubriaco.

6. S.D. con ricorso presentato personalmente censura la sentenza d’appello articolando tre motivi.

6.1. Con il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 12, e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove raccolte.

Il ricorrente deduce, in particolare, che la sentenza ha ritenuto integrati i reati di detenzione e porto illegale di materiale esplodente configurando un’ipotesi di concorso formale di reati. Tale concorso sarebbe, tuttavia, nella specie, insussistente per essere integralmente assorbita la detenzione illecita nella condotta tipica del porto di materiali esplodenti, della quale rappresenta elemento costitutivo imprescindibile per l’immediata contestualità dei fatti materiali, avuto riguardo alla dinamica degli eventi e alla ricostruzione operata dai giudici di merito. Alla stregua di tale ricostruzione, il ricorrente ha solo prelevato dall’abitazione di G., su suo esplicito invito, il marsupio con le bombe carta di proprietà esclusiva dello stesso.

6.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 12 e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove raccolte.

Il ricorrente deduce, in particolare, che la motivazione non è in linea con le risultanze probatorie, appare intrinsecamente contraddittoria e mostra evidente travisamento del fatto tipico di reato, avuto riguardo alle caratteristiche della "cipolla" sequestrata, non classificabile come ordigno esplosivo e priva di potenzialità offensive e micidiali.

6.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 497 del 1974, art. 5, artt. 62 bis, 63 e 69 c.p., in relazione agli artt. 132 e 133 c.p., e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento e dalle prove raccolte.

Il ricorrente rileva, in particolare, che la Corte, nel ritenere equo e proporzionato il calcolo della pena e il giudizio di bilanciamento eseguito dal Tribunale, non ha tenuto conto della modica pericolosità e riprovazione sociale del fatto di reato contestatogli, che avrebbero comportato il riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui alla L. n. 497 del 1974, art. 5 e un diverso bilanciamento delle circostanze, incidente sulla dosimetria della pena.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da G.C. è infondato in ogni sua deduzione e deve essere rigettato con tutte le conseguenze di legge.

2. Il ricorrente con l’unico motivo di ricorso ha dedotto, innanzitutto, la carenza di prova della pericolosità superiore a quella normale delle bombe carta, richiamando a fondamento della sua censura la disposta perizia e le dichiarazioni del perito e contestando l’adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in merito alle caratteristiche dell’ordigno con riguardo alla integrazione della richiesta micidialità. 2.1. Secondo l’orientamento costante di questa Corte, la bomba carta può avere un effetto soltanto detonante ovvero, per la natura e la quantità della carica esplosiva e per le modalità di confezione, un effetto dirompente, e diviene in quest’ultimo caso un congegno esplosivo, la cui cessione e detenzione sono punite, rispettivamente, a norma della L. 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 1 e 2, e successive modificazioni. Il compito di accertare le caratteristiche del congegno e la sua micidialità o meno, pur se potenziale e subordinata al modo di impiego, è riservata al giudice del merito, che deve apprezzare tutti gli elementi obiettivi del fatto, quali desumibili dagli atti sottoposti al suo vaglio, con un apprezzamento di fatto, che, se congruamente motivato, è insindacabile in Cassazione (Sez. 1, n. 1456 del 03/05/1974, dep. 13/02/1975, Amante, Rv. 129244 e Rv. 129243; Sez. 1, n. 2058 del 21/10/1982, dep. 17/03/1983, Reina, Rv. 157831; Sez. 1, n. 13482 del 22/04/1986, dep. 03/12/1986, Gargiulo, Rv. 174478; Sez. 1, n. 7376 del 18/05/1993, dep. 27/07/1993, Torchia e altro, Rv. 195267; Sez. 1, n. 2811 del 09/05/1995, dep. 05/06/1995, Perri, Rv. 201469; Sez. 1, n. 6132 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, P.M. in proc. Mattei, Rv. 243377).

2.1.1. Nel caso di specie, la sentenza impugnata, richiamati i precedenti giurisprudenziali in materia e le deduzioni svolte in appello, ha evidenziato le conclusioni del perito che, all’esito dell’esame del materiale sequestrato, aveva riferito, in sede dibattimentale, che la carica esplosiva della c.d. cipolla, risultata contenere polvere nera e di alluminio, era "pericolosa per le persone e le cose", e in grado di "provocare un forte scoppio, di scardinare la porta ed anche – se impropriamente usata – l’amputazione di atti".

Tale ordigno che, secondo il perito, non rientrava nella categoria dei fuochi pirotecnici, "certamente non era un prodotto di libera vendita".

La sentenza, alla luce di dette conclusioni e soprattutto dell’analisi degli effetti provocati dallo scoppio dell’ordigno in luogo aperto (danneggiamente dell’insegna di un negozio, rottura della vetrata di un portone di ingresso, lesioni personali di un passante sbalzato per l’onda d’urto contro il muro di una casa vicina), ha ritenuto che la valutazione di micidialità della bomba carta fosse giustificata dalla sua oggettiva potenzialità di pericolo per persone e cose.

2.1.2. La sentenza impugnata ha, quindi, preso in esame tutte le emergenze processuali ed ha coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, pervenendo alla valutazione conclusiva in merito alla micidialità della bomba carta con argomentazioni sviluppate in modo coerente e congruo, che resistono alle doglianze di merito sviluppate dal ricorrente in merito alla ricostruzione del risultato delle prove e della loro valutazione, non proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

Non possono, infatti, trovare ingresso in questa sede, in base alla giurisprudenza consolidata e del tutto condivisibile di questa Cotte, gli inviti della difesa ad una ricostruzione alternativa dei fatti posti a fondamento della decisione o ad una rilettura in diversa prospettiva logica degli elementi probatori utilizzati, che non servono a dimostrare la manifesta illogicità della motivazione, richiesta dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), (Sez. U, n. 16 del 19/09/1996, dep. 22/10/1996, Di Francesco, Rv. 205621; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944;

Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260;

Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003, dep. 10/12/2003, Petrella, Rv.

226074; e tra le successive conformi, Sez. 3, n. 40542, del 12/10/2007, dep. 06/11/2007, Marrazzo e altro, Rv. 238016; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, dep. 15/12/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010, Merja, Rv. 248698).

2.2. E’ infondata anche la censura, mossa dal ricorrente G., attinente al non disposto inquadramento della condotta contestata come contravvenzione ai sensi dell’art. 703 c.p. in difetto della prova dell’esistenza del dolo specifico.

2.2.1. Questa Corte ha precisato che per la configurabilità del delitto previsto dalla L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 6, art. 6 (modificato quoad poenam dalla L. n. 14 agosto 1974, n. 497, art. 13), volto a tutelare il bene giuridico dell’ordine pubblico, occorre il dolo specifico, consistente nel fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, pur non essendo necessario, per la consumazione del reato, che si sia verificato l’effetto voluto; mentre la contravvenzione prevista dall’art. 703 c.p., anche quando ha ad oggetto lo stesso elemento materiale, è volta a tutelare la vita e l’incolumità fisica riferibile non a persone determinate ma a un numero indeterminato di soggetti e richiede la coscienza e volontà del fatto che costituisce contravvenzione (Sez. 1, n. 6432 del 23/01/1980, dep. 21/05/1980, Bellipanni, Rv. 145392; Sez. 1, n. 11872 del 07/10/1980, dep. 12/11/1980, Passagrilli, Rv. 146636; Sez. 1, n. 37384 del 22/09/2006, dep. 10/11/2006 Ponticelli e altri, Rv.

235082).

2.2.2. Nel caso di specie, la ricostruzione del fatto (esplosione della bomba carta nel pieno centro della città dove si trovavano molte persone) e la micidialità dell’ordigno (come descritta del perito), argomentate in modo del tutto logico e coerente in sede di merito, evidenziano la volontà degli autori del fatto di turbare l’ordine pubblico.

La decisione sorretta da una motivazione sul dolo specifico implicita nella stessa articolata struttura argomentativa posta a base della qualificazione della condotta contestata, conforme a ricorrenti principi giurisprudenziali (tra le tante, Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, dep. 21/04/2010, Pacini, Rv. 246859), si sottrae alla mossa censura, che si risolve in una prospettazione di diversa lettura dei dati fattuali, riservata al giudice di merito e dallo stesso svolta in concreto.

2.3. Le ulteriori deduzioni dell’impugnazione attengono al profilo della responsabilità del ricorrente in ordine ai reati contestatigli.

Si tratta di deduzioni generiche e inconsistenti, peraltro ripetitive di quelle svolte con l’atto di appello, e già respinte, per la loro genericità ai limiti della inammissibilità, con corrette motivazioni dal giudice di merito.

3. Anche il ricorso proposto da S.D. è infondato in ogni sua deduzione.

3.1. Quanto al primo motivo attinente alla insussistenza del ritenuto concorso formale tra i reati di detenzione e porto illegale di materiale esplodente, deve rilevarsi che l’omessa sottoposizionne della censura, sotto il profilo della violazione di legge, al giudice di appello è ostativa alla sua valutazione in sede di legittimità.

La sentenza impugnata non ha, infatti, affrontato la questione non oggetto di specifica doglianza nei motivi di appello, con i quali il ricorrente aveva solo lamentato l’erroneità dell’affermazione della sua penale responsabilità, oltre al trattamento sanzionatorie.

3.1.1. Secondo l’orientamento costante di questa Corte, la denuncia di violazione di legge non dedotta con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria dell’impugnazione.

Il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è, infatti, delineato dall’art. 609 c.p.p., comma 1, che ribadisce in forma esplicita un principio già enucleabile dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti, funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per Cassazione. La correlazione di detta disposizione con quella dell’art. 606 c.p.p., comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in Cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello, impedisce la proponibilità in Cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello (Sez. U, n. 15 del 30/06/1999, dep. 15/09/1999, Piepoli, Rv. 213981; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214793), a meno che non si tratti di deduzioni di pura legittimità o di questioni di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di ius superveniens o di modificazione della disposizione normativa di riferimento conseguente all’intervento demolitorio o additivo della Corte costituzionale (Sez. 1, n. 2378 del 14/11/1983, dep. 17/03/1984, Guner Cuma, Rv. 163151; Sez. 4, n. 4853 del 03/12/2003, dep. 06/02/2004, Discuoio e altri, Rv. 229373).

3.1.2. Nel caso di specie, la doglianza, inammissibile nella parte in cui si denuncia la violazione di legge non insorta dopo il giudizio di appello, è infondata nella parte in cui si censura la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice per trame conseguenze sul contestato concorso della detenzione e porto della bomba carta.

La ricostruzione dei fatti non è censurabile, come già rilevato, in sede di legittimità, e non è censurabile il difetto di motivazione con riguardo al punto "nuovo" dedotto con il ricorso, perchè mai investito della verifica giurisdizionale.

3.2. Infondato è anche il secondo motivo con il quale si denuncia la contraddittorietà della motivazione e il travisamento del fatto tipico di reato con riguardo al ritenuto carattere di micidialità della bomba carta, ricondotta a parametri puramente soggettivi e alla sua sottrazione alla libera vendita.

Valgono, al riguardo, le considerazioni già svolte sub 2.2., 2.2.1. e 2.2.2. con riferimento ad analogo motivo di appello proposto dal ricorrente G..

Le deduzioni svolte in appello, attinenti alle modalità di confezionamento artigianale dell’ordigno, alle sue dimensioni limitate, alla tipologia e quantità della polvere da sparo contenuta, e agli scarsi danni provocati, sono ulteriori deduzioni di merito volte ad opporre una ritenuta più logica lettura dei dati fattuali a quella logicamente articolata svolta dalla sentenza impugnata.

3.3. Il terzo motivo con quale si denuncia l’omessa valutazione da parte della Corte d’appello, nel confermare il giudizio di equivalenza svolto dal Tribunale tra le circostanze aggravanti contestate e quelle attenuanti concesse, della ricorrenza della circostanza attenuante speciale di cui alla L. n. 497 del 1974, art. 5, tende ad introdurre come elemento di omessa valutazione il riferimento a una circostanza non dedotta con l’appello, limitato al chiesto giudizio di prevalenza sulle aggravanti delle circostanze attenuanti generiche.

Una tale nuova prospettazione, inammissibile in questa sede, non incide sulla congruità del trattamento sanzionatorio, in merito al quale la sentenza impugnata ha logicamente argomentato analizzando le modalità del fatto, le sue conseguenze e la disponibilità nel marsupio di altro ordigno, utilizzabile per altro scoppio.

4. Al rigetto dei ricorsi segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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