Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-11-2010) 25-02-2011, n. 7404

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11 novembre 2008 la Corte d’Appello di Genova, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Sanremo, ha riconosciuto B.G. responsabile, in concorso con altro imputato giudicato a parte, dei delitti di cui agli artt. 640 bis, 483 e 479 c.p., unificati dal vincolo della continuazione; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alle pene di legge.

Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, al fine di conseguire il previsto contributo per i danni provocati dall’alluvione del (OMISSIS) il B. aveva presentato una domanda corredata da perizia asseverata nella quale i danni derivati dall’alluvione erano descritti in modo difforme dal vero e quantificati in una somma grandemente superiore a quella effettiva;

aveva poi presentato un computo metrico a consuntivo recante una descrizione dei lavori eseguiti a sua volta difforme dal vero; aveva così ottenuto, inducendo in errore i funzionari competenti, l’emissione di ordini di pagamento ideologicamente falsi.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a quattro motivi.

Col primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione, per avere la Corte di merito omesso di considerare che l’iter amministrativo si era articolato in due fasi, nella prima delle quali la quantificazione dei danni era solo ipotetica e preventiva, in quanto soggetta a possibili variazioni in sede di esecuzione delle opere; la parte descrittiva della perizia asseverata, osserva, aveva avuto per oggetto un obiettiva descrizione dei danni rispondente a verità.

Col secondo motivo lamenta che il giudice di appello non abbia preso in considerazione i motivi di gravame sviluppati in riferimento al computo metrico consuntivo, del quale era contestata la falsità.

Col terzo motivo ripropone in questa sede la tesi giuridica secondo la quale il reato di cui all’art. 640 bis c.p. non è configurabile nel caso di specie, al più riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 316 ter c.p.p..

Col quarto motivo denuncia carenza motivazionale in ordine al diniego delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

L’ammissibilità del ricorso, proposto nei termini di legge e basato, almeno in parte, su censure consentite in questa sede e non manifestamente infondate, consente di rilevare in limine l’intervenuta estinzione di tre dei quattro reati ascritti al B., per effetto dell’intervenuta maturazione del termine prescrizionale.

Ciò è a dirsi in ordine ai reati di cui ai capi A, B ed E, per i quali il termine di sette anni e sei mesi, corrispondente al massimo prolungamento consentito per effetto degli atti interruttivi, avendo avuto la sua decorrenza al giorno 10 maggio 2001 per uno di essi (capo B) e al 16 ottobre 2002 per quelli restanti, è venuto a scadenza nelle rispettive date del 10 novembre 2008 e del 16 aprile 2010; non risultano, infatti, cause di sospensione del suo decorso.

Non resta, dunque, che dare atto di quanto sopra, annullando conseguentemente senza rinvio la sentenza impugnata nelle parti corrispondenti. Non si riscontrano, invero, i presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, in quanto i motivi di gravame dedotti dal ricorrente non consentono di ravvisare prima facie l’insussistenza del fatto o qualsiasi altra ragione di proscioglimento nel merito.

Il terzo motivo di ricorso, che prospetta un errore di qualificazione giuridica deducendo la configurabilità dell’art. 316 ter c.p., richiederebbe per la verifica di fondatezza un’indagine sul fatto, volta a stabilire se l’utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi si sia accompagnato ad ulteriori malizie dirette a indurre in errore i funzionari della Regione Liguria: ed essendo tale indagine riservata per sua natura alle attribuzioni del giudice di merito, l’eventuale accoglimento del motivo di ricorso potrebbe al più comportare l’annullamento della sentenza con rinvio, reso invece impossibile dall’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato.

Diversamente è a dirsi in ordine al delitto ex art. 483 c.p., contemplato nel capo d’imputazione sub D, per il quale il compimento del termine prescrizionale, corrispondente alla data del 4 maggio 2011, appartiene tuttora al futuro. L’addebito si riferisce alla difformità, quanto alla materiale consistenza, dei lavori descritti nel computo metrico a consuntivo rispetto a quelli effettivamente eseguiti e constatati in loco.

La censura di omessa motivazione sul punto deve essere disattesa.

Secondo un principio da tempo affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte Suprema il giudice di secondo grado, pur essendo tenuto in linea di principio a dar conto delle ragioni poste a fondamento del rigetto dei motivi di appello, non è tuttavia obbligato a motivare in ordine al rigetto di istanze improponibili per genericità o per manifesta infondatezza (Cass. 5 marzo 1999 n. 4415;

v. anche Cass. 17 maggio 1993 n. 7728).

Nel caso di cui ci si occupa il giudice di prima istanza aveva motivato il proprio giudizio di falsità del computo metrico a consuntivo con l’evidenziare che la difformità di esso, rispetto alla reale consistenza dei lavori eseguiti, fu riconosciuta dallo stesso Geom. V. – tecnico del B. e coautore del documento di cui si tratta -al momento del sopralluogo eseguito presso l’azienda dall’ispettorato della Regione Liguria.

I motivi di appello dedotti dall’imputato, secondo quanto succintamente riportato nella motivazione della sentenza di secondo grado (il ricorrente neppure ne rievoca il contenuto, nell’esprimere la sua doglianza in questa sede), investivano le modalità dei conteggi riprodotti in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio datata 21 ottobre 2003, senza in alcun modo contraddire la ratio decidendi che aveva condotto il Tribunale a ritenere accertata la falsità di un documento apparentemente diverso (cioè, per l’appunto, il computo metrico consuntivo presentato il 4 novembre 2003); a ravvisare la difformità dal vero non già nelle modalità di computo, ma nell’enunciato descrittivo dei lavori eseguiti; a cogliere la prova della falsità nell’espresso riconoscimento fattone dal redattore materiale.

Il motivo di gravame così dedotto, siccome non pertinente alla linea motivazionale della sentenza impugnata, peccava di genericità ed è stato quindi legittimamente pretermesso nella parte motiva della sentenza di appello, in virtù della regula iuris dianzi ricordata:

donde l’infondatezza della doglianza di omessa disamina, posta a base del ricorso in questa sede.

Restando ferma, per quanto sopra, la penale responsabilità del B. in ordine al delitto di cui al capo D), si pone il problema di rideterminare il trattamento sanzionatorie che nel giudizio di merito, a motivo della ritenuta continuazione fra tutti i reati per cui era emessa condanna, è stato modulato assumendo a pena base quella relativa al delitto di cui all’art. 640 bis c.p., poi estintosi per prescrizione come dianzi osservato.

E’ perciò necessario che della determinazione della pena, riguardante ormai il solo delitto sub D, sia investito il giudice di merito attraverso l’annullamento con rinvio, in parte qua, della sentenza impugnata; in ciò deve intendersi assorbito il quarto motivo di ricorso, concernente l’invocata applicazione delle attenuanti generiche. Il giudice di rinvio è designato in altra sezione della Corte d’Appello di Genova.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio l’impugnata sentenza, limitatamente ai capi A, B, E, perchè i reati sono estinti per prescrizione, e con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, limitatamente alla pena del reato sub D. Rigetta il ricorso in punto responsabilità circa lo stesso capo D. Così deciso in Roma, il 4 novembre 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *