Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-11-2010) 25-02-2011, n. 7541

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – La Corte d’Appello di Milano, con sentenza 10/3/2008, confermava la pronuncia di condanna 16/12/2005 emessa, all’esito del giudizio abbreviato, dal Gup del Tribunale di Lodi nei confronti di T.L., R.M. e Z.M., dichiarati colpevoli del reato di calunnia, perchè, con distinte denunzie sporte tra il (OMISSIS), avevano falsamente incolpato, pur sapendoli innocenti, tre funzionari e il legale del Credito Cooperativo di Lodi di violenza privata in danno del secondo, costretto, a seguito di implicite minacce ed intimidazioni, a sottoscrivere una dichiarazione con la quale accusava di gravi irregolarità il primo, già direttore della detta Banca e destinatario del provvedimento di licenziamento.

Il Giudice distrettuale, dopo avere chiarito che l’indagine penale espletata nei confronti dei funzionari e del legale della Banca per estorsione e minacce si era conclusa con provvedimento di archiviazione, riteneva che l’iniziativa assunta dai tre imputati era stata dai medesimi maliziosamente concertata con l’unica finalità di screditare la decisione dei vertici bancari relativa al licenziamento del T., il quale, a sua volta, aveva promosso una causa di lavoro a tutela dei suoi interessi.

2 – Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, deducendo la violazione della legge penale e il vizio di motivazione con riferimento alla rispettiva posizione processuale, ma nella comune prospettiva di contestare la ritenuta sussistenza della materialità o, quanto meno, dell’elemento soggettivo del delitto loro contestato.

Il R. ha depositato in data 27/10/2010 memoria difensiva, con la quale ha eccepito l’estinzione per prescrizione del reato ascrittogli.

3 – La sentenza impugnata, a prescindere dai motivi di ricorso, che pure meriterebbero di essere attentamente confrontati col percorso argomentativo seguito dai giudici di merito, deve essere annullata senza rinvio perchè il reato ascritto agli imputati è estinto per prescrizione.

Ed invero, avuto riguardo alla pena edittale prevista per il delitto di calunnia e all’epoca di consumazione dell’illecito ((OMISSIS)), il termine di prescrizione, considerato nella sua massima estensione di anni sette e mesi sei ( art. 157 c.p., comma 1, e art. 161 c.p., comma 2, nel testo vigente in relazione alla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3), è – ad oggi – interamente decorso. E’ il caso di precisare che non ricorrono i presupposti di operatività della norma di cui al capoverso dell’art. 129 c.p.p., considerato che la vicenda in esame non è stata chiarita in ogni suo aspetto e non offre, per quello che emerge dalle due sentenze di merito, elementi che, con evidenza, impongano il proscioglimento nel merito degli imputati. Osserva la Corte che l’iter argomentativo lungo il quale si sviluppa il discorso giustificativo della sentenza in verifica privilegia fideisticamente l’assunto delle persone offese, costituite parti civili e quindi direttamente interessate, marginalizzando il dato oggettivo e sospetto della dichiarazione contro il T. fatta sottoscrivere, su "sollecitazione" dei vertici della Banca, al R., che, quale cliente con notevole esposizione debitoria, versava intuibilmente in una condizione di facile influenzabilità.

Anche il racconto di Z.M., al quale i vertici bancari avrebbero rivolto le stesse "sollecitazioni", non recepite dal destinatario, è frettolosamente tacciato di falso e non si spiegano le ragioni per le quali la Banca revocò al predetto cliente ogni affidamento. Tali rilievi denunciano ombre sulla ricostruzione in fatto operata dalla Corte di merito e imporrebbero, ai fini penali, un annullamento con rinvio della sentenza impugnata, a cui osta, però, l’obbligo, ex art. 129 c.p.p., comma 1, di immediata declaratoria dell’intervenuta causa di estinzione del reato (cfr.

Cass. S.U. 21/10/1992 n. 1340).

Considerato che gli imputati sono stati condannati, in sede di merito, anche al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, il riscontrato vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dei medesimi imputati incide inevitabilmente sulle relative statuizioni civili, con l’effetto che, ai sensi degli artt. 578 e 622 c.p.p., le parti vanno rimesse, per ogni valutazione al riguardo, dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Rimette le parti dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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