T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 28-02-2011, n. 272 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato al Comune di Mileto ed al Responsabile del Servizio Tecnico n. 4 del Comune di Mileto, depositato nella Segreteria del Tribunale il 1° marzo 2004, i signori F.L. e S.L. hanno impugnato il provvedimento n. 10182 del 5 dicembre 2003 del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mileto, di annullamento del permesso di costruire n. 31 del 16 settembre 2003, relativo alla costruzione di un tetto di copertura e di un vano per impianti tecnologici, chiedendo l’annullamento di esso e la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Il Comune di Mileto non si è costituito in giudizio.

Si è, invece, costituito il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mileto, resistendo al ricorso.

Con ordinanza n. 211 del 4 aprile 2004, in parziale accoglimento dell’istanza cautelare proposta dai ricorrenti, è stata disposta la sospensione del provvedimento impugnato, nella parte concernente il vano per impianti tecnologici.

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Con permesso di costruire n. 31 del 16 settembre 2003 il Comune di Mileto ha assentito la costruzione, da parte dei coniugi F.L. e S.L., di un tetto di copertura e di un vano per impianti tecnologici nel fabbricato sito in via Ugo La Malfa.

Con provvedimento n. 10182 del 5 dicembre 2003 il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mileto ha disposto l’annullamento del permesso di costruire.

Nel provvedimento di annullamento si richiama, innanzi tutto, la nozione di volumi tecnici, quale delineata, tra l’altro, nella Circolare n. 2474 del 31 gennaio 1973 del Ministero dei Lavori Pubblici.

In esso si specifica che il progetto prevede la realizzazione di un nuovo vano per impianti tecnologici, senza alcuna giustificazione dell’impossibilità tecnica di poterne prevedere l’inglobamento nel corpo della costruzione e che la superficie del piano terra adibito a garage supera quella consentita ai sensi della legge n. 122/1989 per le esigenze dell’unità immobiliare abbinata, con conseguente possibilità di allocare gli impianti tecnologici nell’edificio esistente.

Si aggiunge che il vano di cui al progetto non rispetta le distanze dalla strada comunale, previste dalle NTA del PRG vigente.

Quanto alla costruzione del tetto, si rileva che è prevista l’edificazione di esso a partire dal bordo di uno sbalzo al primo piano, anziché dalla linea di gronda. Si specifica, al riguardo, che la costruzione del tetto, pur rispettando l’inclinazione del 35%, determina un aumento dell’altezza del sottotetto, che, come risulta dal progetto, viene destinato a lavanderia stenditoio, non costituente volume tecnico. Ciò, si aggiunge nel provvedimento, dà luogo ad un aumento della volumetria, non consentito, in quanto il carico urbanistico realizzato esaurisce il volume assentibile.

2. Con un primo ordine di motivi i ricorrenti deducono la violazione degli obblighi motivazionali incombenti sull’Amministrazione, sia alla stregua della norma di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990 e dei principi generali, sia alla stregua delle norme e principi in materia di autotutela, che escludono che la motivazione possa esaurirsi nel riferimento all’esigenza del ripristino della legalità, essendo necessario, per converso, esporre le specifiche ragioni di interesse pubblico, che impongono di sacrificare l’interesse privato alla conservazione del provvedimento di assenso.

Con un secondo ordine di motivi i ricorrenti contestano in maniera specifica i singoli argomenti posti alla base del provvedimento impugnato, deducendo, tra l’altro, il pieno rispetto delle previsioni della Circolare n. 2474 del 31 gennaio 1973 del Ministero dei Lavori Pubblici, l’insussistenza della violazione delle distanze tra il vano per volumi tecnici e la strada comunale, l’infondatezza dei rilievi concernenti l’aumento della volumetria attuata mediante la costruzione del tetto.

3. Le censure brevemente richiamate possono essere trattate unitariamente, in quanto inerenti a profili che appaiono fra di loro interconnessi.

Riguardo ai dedotti vizi di difetto di motivazione, occorre partire dai rilievi relativi ai profili attinenti all’esercizio dell’autotutela.

In effetti nel provvedimento impugnato non è dato ravvisare alcuna specifica motivazione in ordine ad un interesse pubblico attuale e concreto all’adozione del provvedimento discrezionale di annullamento dell’atto ritenuto illegittimo. Vi è richiamo unicamente all’interesse della comunità al rispetto della normativa urbanistica.

Occorre, tuttavia, tenere presente che il permesso di costruire era stato rilasciato il 16 settembre 2003 e che esso è stato annullato a distanza di meno di tre mesi, vale a dire il 5 dicembre 2003.

La giurisprudenza ha specificato che il provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione edilizia non necessita di un’espressa e specifica motivazione circa il pubblico interesse al rispetto della disciplina urbanistica allorquando l’autotutela venga esercitata dopo breve tempo dal rilascio del permesso illegittimo. Si ritiene, infatti, che in tale caso la posizione del provato destinatario dell’atto impugnato non si sia ancora consolidata, non essendosi ingenerato alcun legittimo affidamento nel destinatario del titolo abilitativo.

Nel caso in cui sia decorso un limitato lasso di tempo tra il rilascio del titolo abilitativo e quella di annullamento dello stesso non è, quindi, necessaria una motivazione che vada al di là del richiamo alle esigenze di ripristino della legalità (in tal senso, da ultimo, TAR Emilia Romagna Parma, 20 ottobre 2009 n. 686; TAR Sardegna Cagliari, sez. II, 21 novembre 2008 n. 2015; TAR Puglia Lecce, sez. III, 6 giugno 2008 n. 1680).

Sotto tale profilo, pertanto, le doglianze risultano infondate.

Riguardo alle altre doglianze, va rilevato che la motivazione alla base del provvedimento risulta appagante per quanto concerne la costruzione del tetto.

Nel provvedimento, infatti, viene specificato che la realizzazione del tetto a partire dal bordo di uno sbalzo, anziché dalla linea di gronda, determina un aumento della volumetria, pur risultando rispettata l’inclinazione del 35% e che il sottotetto, in quanto destinato ad essere utilizzato come lavanderia stenditoio, non può essere considerato quale volume tecnico.

Da qui l’illegittimità dell’assenso alla costruzione del tetto, in quanto la volumetria già realizzata esaurisce quella massima consentita dalle norme urbanistiche.

Tali indicazioni consentono di ricostruire con sufficiente precisione le ragioni specifiche alla base del provvedimento di annullamento, per quanto concerne la costruzione del tetto. Sono indicati in modo specifico, infatti, i profili in base ai quali si è pervenuti a ritenere illegittimo il permesso di costruire.

Risulta, innanzi tutto, intuitivo che l’innalzamento del punto di partenza del tetto determina una variazione della volumetria del vano sottotetto, pur restando invariata l’inclinazione delle falde.

D’altra parte, la previsione progettuale relativa alla destinazione a lavanderia stenditoio esclude, di per sé, la possibilità di considerare il vano sottotetto quale volume tecnico.

Per tale parte, pertanto, il provvedimento si sottrae alle censure mosse dai ricorrenti.

Non altrettanto può dirsi riguardo al vano destinato ad ospitare gli impianti tecnologici.

È noto che costituisce volume tecnico, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita, uno spazio privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinato a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnicofunzionali della costruzione stessa e che non possono essere ubicati al suo interno (in materia, fra le altre, TAR Piemonte, 26 novembre 2010 n. 4217; TAR Liguria, 18 novembre 2010 n. 10389).

Nel provvedimento si specifica che non è stata fornita prova dell’impossibilità tecnica di inserire gli impianti all’interno della costruzione esistente e che gli impianti possono essere allocati nel garage, avente superficie superiore a quella prevista dalla legge n. 122/1989.

Riguardo a tali osservazioni, occorre rilevare che il fatto che il locale adibito a garage abbia una superficie che è superiore a quella prevista dalla legislazione in materia di spazi per parcheggi non implica che il locale stesso sia per ciò solo idoneo ad ospitare gli impianti di cui si tratta. Nel provvedimento si sarebbe dovuto dare conto della concreta possibilità di installare quei determinati impianti su una superficie esattamente individuata.

Al di là di questo aspetto, v’è da rilevare che la giurisprudenza ha messo in risalto che tra le finalità dei volumi tecnici volumi tecnici vi è quella di migliorare la funzionalità e la salubrità delle costruzioni.

Orbene, nel progetto si specifica che la realizzazione del vano è necessaria per l’attuazione di interventi tecnologici tesi al contenimento dei consumi energetici e per garantire la sicurezza degli impianti.

Le esigenze in questione sono tutt’altro che irrilevanti, di talché sarebbe stata necessaria specifica motivazione tesa a dimostrare l’infondatezza di quanto asserito nel progetto.

Riguardo, infine, alla distanza dalla strada comunale, il rilievo di cui al provvedimento risulta del tutto generico, mancando ogni indicazione specifica con riferimento alle distanze esistenti tra la strada ed il vano progettato.

Per tale parte il provvedimento impugnato risulta, pertanto, illegittimo.

4. Va dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento dei danni, in quanto formulata in termini affatto generici, non essendo specificato di quali danni viene richiesto il ristoro.

5. In conclusione, il ricorso risulta in parte fondato, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato nella parte relativa alla realizzazione del vano per impianti tecnologici. Va dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento dei danni.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

accoglie in parte il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte relativa alla realizzazione del vano per impianti tecnologici. Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *