Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-02-2011) 28-02-2011, n. 7597 Attenuanti comuni riparazione del danno e ravvedimento attivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, per quanto qui d’interesse, fu confermata la condanna di S.I. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di lesioni personali volontarie gravi commesso in concorso con S.G., S.A. e L.R.F. in danno di P.F. A.;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato denunciando erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione:

1) in ordine alla ritenuta sussistenza del concorso nel reato in luogo di quella che avrebbe potuto essere qualificata, tutt’al più, come semplice connivenza, sull’assunto che a carico del ricorrente sarebbe emerso soltanto che egli si era "fermato a parlare pochi minuti con il P.", restando presente nel corso della successiva commissione del reato ad opera degli altri, e sarebbe da riguardarsi come illogico e contraddittorio il passaggio motivazionale nel quale la corte di merito, dopo aver affermato che il ricorrente si era avvicinato alla persona offesa invitandola "con tono perentorio e minaccioso ad appartarsi", senza tuttavia riportare alcuna frase di minaccia che lo stesso ricorrente avesse, nell’occasione, proferito, aveva indicato come elemento dimostrativo della partecipazione all’aggressione quello costituito dalle "frasi intimidatorie sopra riportate";

2) in ordine al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, siccome basato soltanto, in presenza di dichiarazione della persona offesa attestante di essere stata integralmente risarcita, sul rilievo che non era nota l’entità della somma versata;

3) in ordine al diniego dell’attenuante della provocazione, sull’assunto che quello che, secondo la corte di merito, sarebbe stato soltanto un "civile approccio" da parte del P. nei confronti di S.F., sorella del ricorrente e moglie del L.R., tale, quindi, da risultare inidoneo, per detta sua caratteristica, ad essere qualificato come "fatto ingiusto" inquadrabile nelle previsioni di cui all’art. 62 c.p., n. 2, sarebbe stato in realtà costituito da un comportamento assai sconveniente ed inopportuno, avendo il P. – si afferma – nonostante la presenza di tutta la famiglia, marito compreso, della donna, importunato costei "perseguitandola con lo sguardo per ore ed ore, avvicinandosi per conoscerla e, come reazione al suo rifiuto, afferrandola violentemente per un braccio".
Motivi della decisione

– che il ricorso non appare meritevole di accoglimento e rasenta, anzi, l’inammissibilità, in quanto:

a) con riguardo al primo motivo, non contestandosi neppure da parte della difesa che il ricorrente sarebbe stato il primo ad avvicinarsi alla persona offesa rivolgendosi alla stessa con tono perentorio e minaccioso, per poi rimanere presente in tutto il corso della successiva aggressione fisica, violenta e prolungata, posta in essere dai suoi familiari, radunatisi intorno, appare del tutto pretestuoso voler censurare la ritenuta sussistenza del concorso nel reato sulla sola base dell’errore in cui è incorso l’estensore dell’impugnata sentenza nel riferirsi alle "frasi intimidatorie" pronunciate dall’imputato indicandole come "soprariportate" mentre in realtà non lo erano state;

b) con riguardo al secondo motivo, lo stesso in primo luogo dimentica il costante insegnamento giurisprudenziale (ved. per tutte, Cass. 1, 5 maggio – 7 giugno 1995 n. 6679, Melito, RV 201538), secondo cui la sola dichiarazione della persona offesa di essere stata risarcita del danno non può giustificare il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, spettando comunque al giudice valutare se il risarcimento possa dirsi o meno integrale (con conseguente necessità di conoscere quale sia stato l’effettivo ammontare della somma corrisposta); in secondo luogo passa del tutto sotto silenzio l’ulteriore ragione indicata dalla corte di merito a sostegno del diniego di detta attenuante, e cioè il fatto che il preteso risarcimento sarebbe stato comunque tardivo, in quanto intervenuto solo ad istruttoria dibattimentale già completata, laddove la legge richieda che esso abbia luogo "prima del giudizio"; il che significa, secondo quanto questa Corte ha avuto modo più volte di affermare, che deve essere effettuato anteriormente alle formalità di apertura del dibattimento (ved. in tal senso, fra le altre: Cass. 4, 28 marzo – 23 luglio 2008 n. 30802, Bovati ed altro, RV 241892; Cass. 5, 9 luglio – 30 ottobre 2009 n. 41765, De Matteo, RV 245167; Cass. 4, 17 dicembre 2009 – 14 gennaio 2010 n. 1528, Iacchelli, RV 246303);

c) con riguardo al terzo motivo, la proposta doglianza, oltre a fondarsi su argomentazioni di puro merito, volte ad accreditare la stessa versione dei fatti già motivatamente disattesa dalla corte d’appello (secondo la quale sarebbe stato "del tutto illogico" credere che il P., in un locale pubblico ed alla presenza di più persone, avesse improvvisamente fermato una donna a lui sconosciuta trattenendola con la forza per un braccio e rivolgendole esplicitamente delle "avances"), passa poi del tutto sotto silenzio l’ulteriore e decisivo passaggio motivazionale con il quale la stessa corte, richiamandosi al noto e costante orientamento giurisprudenziale secondo cui l’attenuante della provocazione, pur non richiedendo una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, postula comunque "l’adeguatezza della risposta rispetto alla gravità del fatto ingiusto" (in tal senso, fra le altre, Cass. 1, 6 novembre 2008 – 14 gennaio 2009 n. 1214, Sanchez, RV 242622), esclude che possa dirsi "adeguata ad un tentativo di corteggiamento di una donna sposata, pur audace e nient’affatto gradito, la brutale e collettiva reazione di un intero gruppo familiare i cui componenti, uomini e donne, circondano l’intraprendente P. e lo massacrano di botte…..sferrandogli schiaffi, calci e pugni e fracassandogli una sedia sulla schiena, fino a provocargli lesioni (frattura del polso e del setto nasale, trauma cranico e contusioni escoriate multiple) che hanno richiesto un intervento chirurgico d’urgenza e oltre tre mesi di cura e convalescenza".
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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