T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 28-02-2011, n. 231 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente società B., avendo sottoscritto in data 9 dicembre 2003 con il Ministero delle Attività Produttive, il Consorzio Mediterraneo del Legno e altre due società un Contratto di Programma, si obbligava a realizzare entro il 31 dicembre 2004 investimenti industriali per euro 36.199.000,00, con contribuito a carico della finanza pubblica ai sensi della legge 488/1992.

Con delibera del CIPE n. 32 del 18/3/2005 le veniva concessa una proroga del termine di ultimazione dell’investimento al 30/6/2006.

Prima della scadenza del termine così prorogato la ricorrente richiedeva una seconda proroga evidenziando le condizioni ostative, non imputabili a fatto proprio, alla ultimazione dell’investimento.

Nelle more interveniva, altresì, il sequestro penale dello stabilimento successivamente revocato.

Il Ministero solo con nota del 6/11/2006 rigettava la richiesta seconda proroga e successivamente adottava il Decreto n. CP 001699/07 con il quale revocava il D.M. di concessione n. C.P. 001226/03 e disponeva il recupero totale dei contributi erogati alla ricorrente in forza della delibera CIPE del 28 marzo 2002, ordinandone la restituzione entro 30 gg con interessi legali e rivalutazione.

Avverso il decreto di revoca del beneficio ed il presupposto rigetto della proroga la società ricorrente propone l’odierno ricorso deducendone l’illegittimità sulla scorta dei seguenti motivi di doglianza:

1) Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irragionevolezza. Difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione del Contratto di Programma, in particolare dei punti 9.1.1 e 9.1.2.; del DM 527/1995. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione dei principi generali in tema di concessione amministrative e di disciplina del termine, dei principi di imparzialità e buon andamento e dei principi in materia di forza maggiore e di factum principis, in quanto il sequestro penale che ha impedito il rispetto del termine di ultimazione dell’investimento non rientra tra le ipotesi in cui è prevista la revoca, trattandosi di causa di forza maggiore che avrebbe dovuto sospendere la decorrenza del termine;

2) Difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione del Contratto di Programma, in particolare dei punti 9.1.1 e 9.1.2.; del DM 527/1995. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione dei principi generali in tema di concessione amministrative e di disciplina del termine, dei principi di imparzialità e buon andamento. Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irragionevolezza. Difetto di istruttoria e sviamento di potere, in quanto il diniego di proroga si sarebbe basato sull’erroneo presupposto dell’assenza di una causa di forza maggiore, benché per gli stessi motivi era stata concessa la prima proroga;

3) Violazione e falsa applicazione della Delibera CIPE 25/0/1994. Violazione del giusto procedimento. Contrasto con precedenti determinazioni della medesima amministrazione. Incompetenza per violazione del principio del contrarius actus, avendo il Ministero revocato il contributo in mancanza della necessaria preliminare proposta del CIPE e del provvedimento risolutorio di quest’ultimo;

in via subordinata:

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. d) del DM 527/1995. Violazione e falsa applicazione del Contratto di Programma, segnatamente dei punti 9.1.1 e 9.1.2. eccesso di potere per carenza dei presupposti. Difetto di istruttoria. Contrasto con precedenti provvedimenti della medesima amministrazione, atteso che, la fattispecie in esame rientra nell’ambito delle ipotesi nelle quali è prevista la sola revoca parziale, essendo stata realizzata una percentuale di attività di molto superiore a quella corrispondente alla prima rata annuale delle agevolazioni;

5) Illegittimità derivata dalla Deliberazione CIPE n. 45 del 27 maggio 2005. Violazione e falsa applicazione della Delibera CIPE 25 febbraio 1994 e del Contratto di Programma. Violazione e falsa applicazione della legge 7 agosto 1990 n. 241, art. 3. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per sviamento, risultando privo di adeguata motivazione la fissazione di un termine esiguo di soli sei mesi per l’ultimazione dei lavori.

Si conclude chiedendo l’annullamento degli atti impugnati.

Si costituiva il Ministero per chiedere il rigetto del ricorso ove non ritenuto inammissibile.

Alla Camera di Consiglio del 26 luglio 2007 il Tribunale respingeva la richiesta misura cautelare.

Con sentenza n. 12 dell’11 marzo 2008 del Tribunale di Pisa, la Società B. veniva dichiarata fallita.

Il curatore del Fallimento veniva quindi autorizzato dal Giudice Delegato della Sezione Fallimenti del suddetto Tribunale, in data 10 settembre 2008 a riassumere il ricorso proposto dalla Società B..

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio ritiene di esaminare i profili inerenti alla sussistenza della giurisdizione nella controversia sub judice.

Alla luce delle recenti pronunce del giudice della giurisdizione (Cass. Sez. Un. Ord. N. 18630/08, sent. N. 6960/09 ed ordinanza n. 21472 del 9 ottobre 2009), che il Collegio condivide, la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Questi i passaggi salienti delle sentenze, che si attagliano, a parere del Collegio, alla fattispecie sub judice, trattandosi nel presente caso della revoca di concessione di un contributo per la realizzazione di investimenti previsti da un contratto di programma, rientrante nella categoria degli accordi di cui all’art. 11 e ss. della legge 241/90.

"Trattasi all’evidenza di progetti articolati e complessi, basati su di un fitto intreccio d’iniziative fra loro collegate, che per dare appieno i loro frutti e condurre ad una crescita omogenea e condivisa, abbisognano di essere opportunamente canalizzate nell’alveo di un’azione comune che, per di più, non può mirare unicamente all’aumento della produttività, in quanto deve conciliarlo con la salvaguardia di altri valori primari come la difesa dell’ambiente o la sostenibilità dello sviluppo e la vivibilità del territorio;"

"è stata prevista (..) la stipulazione di un’intesa fra tutte le componenti coinvolte, al fine di concordare l’obiettivo e ripartire i compiti dei vari partecipanti per impegnarli fra loro e coagularne le volontà sul raggiungimento di traguardi condivisi ed interdipendenti;"

Anche nel caso oggi all’esame del Collegio la concessione del contributo passa attraverso una convenzione tra privati ed enti pubblici, con assunzione di reciproci obblighi, che rientra nella categoria degli accordi fra pubbliche amministrazioni per la disciplina dello svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune e che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 15 e 11 della legge 241/90, appartiene alla competenza esclusiva del giudice amministrativo sia per quanto concerne la formazione e conclusione degli stessi che per quanto riguarda la loro esecuzione.

In analoga controversia concernente la revoca di un finanziamento in esecuzione di un accordo di programma anche il Tar Lazio ha ritenuto di avere giurisdizione, opportunamente precisando che in entrambe le pronunce della Suprema Corte il precedente criterio di riparto non è sconfessato, ma anzi risulta implicitamente confermato, atteso che il novum rispetto ad esso è solo nell’affermazione che la giurisprudenza, che lo ha enunciato, si è formata in relazione a fattispecie di contributi singolarmente chiesti ed ottenuti, sicchè non sarebbe automaticamente applicabile anche al caso in cui la contribuzione pubblica riguardi un patto territoriale (quindi, una programmazione negoziata), che ha visto coinvolti soggetti pubblici e privati e che implica decisioni istituzionali e risorse finanziarie impegnate da enti pubblici diversi.

A ciò si aggiunga una ulteriore considerazione, anche alla luce della sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale, laddove la stessa ha affermato che il discrimen per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è l’esercizio del potere autoritativo da parte della pubblica amministrazione, nonostante la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo.

A tale riguardo anche il Consiglio di stato ha affermato ricadere nella sfera giurisdizionale del giudice amministrativo la cognizione dell’esercizio delle funzioni pubblicistiche, anche quando concretamente espletate con il modello convenzionale (in alternativa a quello unilaterale). In altri termini, la circostanza che una controversia tragga origine dall’esecuzione di un accordo assoggettato, in forza degli artt. 15 e 11 della legge n. 241 del 1990, ai principi del codice civile, non è ragione sufficiente per escludere la natura autoritativa del potere esercitato e la conseguente giurisdizione amministrativa (CdS Sez. V, 4952/08).

Nel merito il ricorso è in parte fondato, nei limiti e nei termini appresso precisati.

Sono infondati i motivi di ricorso di cui ai punti 1, 2 e 3 della parte in fatto, laddove parte ricorrente impugna tanto il decreto di revoca del contributo che il diniego di proroga del termine assumendo la sussistenza di una discrezionalità dell’amministrazione in ipotesi di sopravvenuta causa di forza maggiore, quale sarebbe l’avvenuto sequestro penale dello stabilimento.

A tale riguardo va evidenziato che proprio il DM 20 ottobre 1995, n. 527, all’art. 8, lettera d) prevede una sola proroga dei termini e per non oltre 6 mesi per cause di forza maggiore. Identica previsione sarebbe contenuta nella circolare ministeriale n. 900315/2000 richiamata dal punto 7.4 del Contratto di Programma al quale ha aderito parte ricorrente.

L’amministrazione era pertanto vincolata a respingere la seconda richiesta di proroga, come ha fatto, né poteva concedere un termine diverso o più lungo di quello previsto anche dal Contratto di Programma.

Avendo la normativa applicabile già previsto l’ipotesi della proroga per cause di forza maggiore non vi è spazio per istituti come la sospensione, non previsti in procedure quali quella sub judice.

Il Collegio ritiene, invece fondato il 4° motivo di ricorso laddove si invoca la corretta applicazione del punto 9.1.2 lettera b) del Contratto di Programma e si deduce la falsa applicazione del punto del punto 9.1.1 lettera d) dello stesso.

Sostiene, infatti, parte ricorrente, e la circostanza non è contestata dalla difesa erariale, che alla data fissata per l’ultimazione dell’investimento la percentuale di attività già realizzata era dui molto superiore a quella prevista dal punto 9.1.1 e quindi la situazione in cui si trovava la ricorrente non era quella prevista per la revoca totale del contributo, potendo invece costituire presupposto solo per la revoca parziale, ipotesi prevista dal punto 9.1.2 lettera b).

Per tale ipotesi il 3° comma del suddetto punto del Contratto di Programma prevede che la revoca delle agevolazioni sia commisurata all’ammontare delle agevolazioni corrispondenti agli investimenti non realizzati entro i termini previsti e sempre che i minori investimenti non determinino il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, eventualità, quest’ultima, per la quale è prevista la revoca pari all’intero contributo concesso.

Atteso che nulla si dice nel provvedimento di revoca in merito ad una eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, né in ordine agli investimenti realizzati, né risulta condotta una istruttoria su tale profilo, il provvedimento appare illegittimo per difetto di motivazione e di istruttoria avendo disposto la revoca totale, in luogo di quella parziale, senza una adeguata istruttoria o motivazione, in merito al mancato raggiungimento degli obiettivi pur in presenza di investimenti parzialmente realizzati.

Il ricorso va, quindi, respinto con riguardo al provvedimento di diniego di proroga dei termini per l’ultimazione degli investimenti, mentre va accolta, per i motivi sopra esposti, la domanda di annullamento del decreto di revoca, con conseguente annullamento di quest’ultimo.

Atteso l’esito della controversia e alla luce della relativa novità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei termini e nei limiti di cui in parte motiva.

Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *