Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-04-2011, n. 9266 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22.04.2002, D.M.L. e D.M.C. proponevano, dinanzi alla Corte di appello di Roma e nei confronti del Comune di Colle San Magno e della società Cooperativa edilizia a r.l. Colle San Magno, opposizione alla stima delle indennità determinate nel decreto definitivo di esproprio (n. 4 del 2001), inerente a terreni edificabili in loro comproprietà, assoggettati a procedura ablativa e destinati alla costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare, da parte della convenuta società cooperativa.

Con sentenza del 3-22.12.2008, l’adita Corte di appello di Roma, anche all’esito della disposta CTU, rigettava, per difetto di titolo, la domanda svolta dai D.M. nei confronti della Cooperativa, rimasta contumace, e la accoglieva, invece, in precisati limiti, nei confronti del convenuto Comune, determinando l’indennità di espropriazione in complessivi Euro 143.920,10 e l’indennità di occupazione legittima in complessivi Euro 11.129,16, somme entrambe da maggiorare degli interessi legali ma non rivalutabili, e da depositare per gli importi differenziali, presso il servizio depositi del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro, che in base alla CTU, le cui conclusioni erano da condividere:

– le aree espropriate erano estese mq 2.437 e di natura edificabile, secondo gli strumenti urbanistici in vigore o comunque applicabili al tempo dell’esproprio, essendo destinate dal PRG ad edilizia residenziale a schiera;

– il relativo valore venale doveva essere individuato in Euro 37,30 a mq, facendo ricorso al solo criterio utilizzabile in relazione al caso di specie, che è risultato essere quello comparativo, nella cui applicazione, peraltro, si era tenuto conto dell’indice di edificabilità della zona;

– pertanto, l’indennizzo espropriativo, a fronte della somma di L. 25.646.988, determinata con il decreto ablativo del Comune, doveva essere, quantificato in Euro 90.900,10, cui dovevano aggiungersi Euro 42.520,00 per le piante ed Euro 10.500,00 per i due manufatti, che insistevano sui suoli;

– l’indennità di occupazione doveva, quindi, essere rideterminata in Euro 11.129,16. Avverso questa sentenza, notificatagli l’11.03.2009, il Comune di Colle San Magno ha proposto ricorso per cassazione notificato l’11.05.2009 ai D.M., che hanno resistito con memoria di costituzione, nonchè a mezzo posta, con invio in data 9.05.2009, alla società Cooperativa edilizia a r.l. Colle San Magno, che ha resistito con controricorso notificato il 22.07.2009. Il Comune di Colle San Magno e la Cooperativa edilizia a r.l. Colle San Magno hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

A sostegno del ricorso il Comune denunzia:

1. "Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3".

L’ente si duole che la sentenza impugnata non rechi alcuna pronuncia in ordine alla spiegata eccezione, che asserisce non presa in esame dalla Corte di merito, fondata sul D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, in tema di meccanismo correttivo dell’indennità di espropriazione in rapporto al valore dichiarato dall’espropriato ai fini dell’ICI. 2. "Omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5".

Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c.".

Censura la motivazione dell’impugnata sentenza con riferimento al recepito valore venale unitario dell’area occupata ed ablata, sostenendo che le considerazioni sul punto svolte dai giudici di merito sono meramente apparenti ed inidonee a giustificare l’attuata quantificazione delle indennità ed a dare conto delle ragioni e del percorso logico che hanno condotto alla stima del valore venale dei suoli nè del perchè l’unico criterio estimativo utilizzabile nella specie sarebbe quello impropriamente indicato come "comparativo", con esclusione di quelli generalmente adottati per la stima delle aree edificabili, ossia i criteri sintetico-comparativo e analitico- ricostruttivo. Precisa anche che il metodo seguito dal CTU in realtà non era riconducibile a nessuno degli altri due, che aveva sollevato specifiche contestazioni alle depositate tre relazioni di consulenza, delle quali due suppletive a chiarimento delle valutazioni precedentemente rese, che aveva sempre eccepito e ribadito nei suoi scritti ed anche nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica, che il seguito criterio e le valutazioni espresse dall’esperto d’ufficio su tale tema oltre che in merito al valore ICI dei terreni de quibus, , non erano condivisibili nonchè lamentato sia l’omesso esame degli atti riguardanti beni similari, allegati alle osservazioni rivolte alle relazioni del CTU e sia l’omessa esplicitazione da parte di quest’ultimo delle indagini svolte e delle agenzie contattate per acquisire i dati considerati, laddove poi, la corretta applicazione del metodo analitico-ricostruttivo, avrebbe dovuto comportare l’assunzione degli indici edificatori propri del piano da attuare.

I motivi del ricorso sono autosufficienti ed entrambi fondati.

Quanto al primo motivo, in effetti nell’impugnata sentenza non risulta delibata anche l’eccezione, tempestivamente svolta e successivamente non rinunciata dal Comune di Colle San Magno, fondata sul D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16 (la portata delle cui norme è attualmente rimessa al giudizio delle Sezioni Unite di questa Corte).

Relativamente al secondo motivo, non appaganti e tali da rivelarsi meramente apparenti appaiono le sintetiche, apodittiche e generiche argomentazioni con cui la Corte distrettuale ha determinato il valore venale del suolo dei D.M., limitandosi a recepire l’esito, che ha dichiarato di condividere ed al quale ha fatto rinvio, delle indagini affidate al consulente tecnico d’ufficio, senza aggiungere alcuna altra considerazione, pur a fronte dei puntuali e dettagliati rilievi critici posti e riproposti in questa sede dal Comune in ordine anche al metodo applicato, ai dati ivi elaborati ed alle relative modalità di acquisizione, rilievi pure affidati al richiamo di specifici atti, che in tesi inerirebbero al valore unitario di mercato di beni consimili.

Come noto (cfr. in tema, tra le numerose altre, Cass. 200304140;

200311140; 200609178; 200626694; 200810688), è viziata, per insufficienza della motivazione, la sentenza con la quale il giudice di merito si sia limitato ad aderire alle conclusioni del consulente tecnico, assumendo che la consulenza è stata elaborata adottando un convincente metodo, in quanto la correttezza del metodo utilizzato dall’ausiliario non esime il giudice dal dovere di indicare i dati obiettivi sui quali ha ritenuto di fondare la propria valutazione, ai fini di consentire un controllo sulla congruità della motivazione e segnalatamente sul criterio logico in base al quale ha affermato il proprio convincimento.

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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