Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-04-2011, n. 9265 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto del 15.10.1987, F.A. in proprio ed in rappresentanza del fratello il consultorio ed il centro per anziani F.C. adiva il Tribunale di Benevento chiedendo la condanna del Comune di Benevento al risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva e da occupazione illegittima, subiti per l’occupazione d’urgenza quinquennale, disposta con decreto dell’8.06.1981, al fine di insediarvi n. 250 alloggi provvisori, seguita dall’irreversibile trasformazione del terreno esteso mq 1.520, in proprietà sua e del fratello, e sul quale, dopo l’immissione in possesso, erano state eseguite le previste opere senza che fosse stato tempestivamente portato a compimento il procedimento di espropriazione.

Il Comune convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva l’inammissibilità della domanda, deducendo che non era spirato il termine dell’occupazione d’urgenza e nel merito che era stato tempestivamente pronunciato il decreto di espropriazione nonchè determinata e depositata la dovuta indennità definitiva.

Con sentenza del 28.04.2004, l’adito Tribunale, in base anche all’esito della disposta CTU, riteneva inammissibile la domanda introduttiva, in ragione del fatto che l’originario termine quinquennale di occupazione d’urgenza, scadente il 12.06.1986, era stato, con provvedimento della GM del 21.04.1986, prorogato al 31.12.1986, ai sensi del D.L. n. 48 del 1986, e che l’11/12/1986, prima della scadenza del termine prorogato, era stata pronunciata l’espropriazione definitiva del terreno dei F.. Riteneva, inoltre:

– inammissibili le ulteriori domande formulate dal F. nel corso del giudizio di primo grado (relative alla violazione della L. n. 2359 del 1965, art. 13; all’inapplicabilità della normativa speciale in relazione all’ordinanza 69/80; alla tardiva emissione del decreto ablativo ed all’omessa declaratoria di pubblica utilità nel provvedimento di proroga), per il fatto che costituivano non consentita mutatio libelli e che il Comune non aveva accettato il contraddittorio;

– che il provvedimento di proroga del termine dell’occupazione, motivato in ordine alle ragioni della sua adozione, non era inefficace ed improduttivo di effetti giuridici neanche perchè mancante della espressa proroga anche della dichiarazione di PU;

– che il consultorio ed il centro per anziani avevano fini intimamente connessi all’opera di ricostruzione;

– che doveva essere disattesa perchè tardiva, la domanda subordinata di conversione della domanda risarcitoria in opposizione alla stima;

Con sentenza del 14 – 22.12.2005, resa nel contraddittorio delle parti, la Corte di appello di Napoli respingeva l’appello, articolato in sette motivi, proposto il 5.11.2004, dal F. contro la sentenza di primo grado.

La Corte territoriale osservava e riteneva, tra l’altro:

che i termini di scadenza dei provvedimenti di occupazione temporanea disposti in forza dell’ordinanza del commissario del governo n. 69 del 1980, erano stati in effetti prorogati da successive disposizioni legislative, tra cui il D.L. n. 48 del 1986, conv. in LS n. 119 del 1986, che ne aveva inizialmente differito automaticamente la scadenza al 31/12/1986 e che prima della scadenza di tale termine era stato nella specie emesso il decreto di esproprio, il che comportava il rigetto della domanda introduttiva di risarcimento;

– che le domande formulate dal F. in primo grado, all’udienza di precisazione dell’11.07.2001, sulle quali alle udienze successive il procuratore del Comune aveva espressamente dichiarato di non accettare il contraddittorio, comportavano una mutatio libelli, nel senso che riconducevano la domanda alla diversa ipotesi dell’occupazione usurpativa (per nullità e/o inefficacia della dichiarazione di p.u.) anzichè acquisitiva;

– che del pari nuove rispetto all’originaria domanda risarcitoria erano le domande subordinate del F. relative alla liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, alla rideterminazione dell’indennità di occupazione o alla conversione della domanda risarcitoria in opposizione alla stima;

– che tale novità, rilevabile d’ufficio nel regime normativo anteriore alla novella del codice di rito del 1990, era stata anche ripetutamente eccepita dal convenuto.

Avverso questa sentenza il F., in proprio e nella qualità, ha proposto ricorso per cassazione notificato il 2.01.2007, affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria. Il Comune di Benevento ha resistito con controricorso notificato il 9.02.2007.
Motivi della decisione

A sostegno del ricorso il F. denunzia:

1. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 80 del 1984 art. 6 e successive proroghe. Omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione per l’applicazione delle proroghe nella procedura de qua".

Precisato anche che il fondo occupato era stato in parte (circa mq 90) utilizzato per la realizzazione di una strada pubblica ed in parte per la costruzione di un prefabbricato destinato a consultorio familiare e centro per anziani, contesta che il decreto di occupazione potesse essere ritenuto efficace e non emesso in carenza di potere dal momento che:

– le opere eseguite sul suo fondo non potevano essere ricondotte a quelle contemplate dall’ordinanza del commissario del Governo per le zone terremotate della Campania e della Basilicata, n. 69 del 29.12.1980, alla L. n. 80 del 1984, art. 6 ed al D.L. n. 48 del 1986, art. 1, in quanto erano diverse dagli alloggi provvisori per il reinserimento delle popolazioni sinistrate, per i quali soltanto il sindaco del Comune di Benevento era stato autorizzato ad apprendere i beni privati, ed in quanto nulla avevano a che fare con i fini connessi all’opera di ricostruzione delle zone terremotate stante la non riferibilità delle opere eseguite a quelle assistite dalla dichiarazione di pubblica utilità di cui all’art. 2 dell’ordinanza n. 69, l’occupazione d’urgenza del terreno in questione, disposta, con decreto del 7.05.1981, peraltro emesso da competente autorità, era stata illegittimamente prorogata riferendosi le proroghe solo agli interventi post sisma ed attenendo solo ai termini dell’occupazione legittima e non anche a quelli della dichiarazione di pubblica utilità, ormai scaduta allo spirare del quinquennio.

2. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 80 del 1984, art. 6 e della L. n. 119 del 1986 e per motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia e, in particolare, perchè la occupazione disposta nel caso de qua non era temporanea e l’area era già di proprietà dell’ente per irreversibile trasformazione, prima della emissione delle proroghe per l’applicazione delle proroghe nella procedura de qua".

Sostiene che si trattava di un’opera sin dall’inizio stabile, non temporanea nè destinata all’emergenza post sisma e definitivamente realizzata nel 1983, per cui non erano applicabili nè la L. n. 80 del 1984 nè le successive proroghe.

3. "Falsa applicazione e violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 13 e degli artt. 183 e 184 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c.".

Sostiene che poichè il Comune non aveva indicato in alcun atto i quattro termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, il privato aveva diritto al risarcimento del danno, determinando detta omissione l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, precisando che intende ottenere con tale prospettazione la declaratoria d’illegittimità del decreto di esproprio definitivo in quanto non preceduto da una dichiarazione di pubblica utilità e che ciò non esime il giudice dall’esaminare la questione non comportando il mutamento della domanda introduttiva.

I primi tre motivi del ricorso, che strettamente connessi consentono esame congiunto, non sono fondati.

Giova premettere che in materia di occupazioni d’urgenza attuate a seguito del sisma del 1980 nelle regioni Campania e Basilicata:

la L. n. 80 del 1984, art. 6, comma 3, ha introdotto una disciplina innovativa rispetto al passato, comportando il passaggio da una prima fase di acquisizione delle aree per la realizzazione di insediamenti provvisori ad una successiva nella quale il fine perseguito era quello di pervenire all’espropriazione definitiva dei suoli a favore degli enti territoriali, con conseguente trasformazione funzionale del titolo in forza del quale le aree erano state originariamente requisite (o occupate) (cfr Cass. 201011715; cass SU 200000488; Cass. 199707853) e possibilità, per i Comuni, di espropriare le aree originariamente occupate per un uso temporaneo (tale da prevederne, cioè, la restituzione ai proprietari), entro un termine originariamente fissato nel 29 dicembre 1981, ma senza escludere che l’acquisizione delle aree stesse dovesse realizzarsi attraverso un formale procedimento di espropriazione (cfr. Cass. 200009695). tale termine per il compimento delle espropriazioni è stato via via prorogato fino a raggiungere, per quanto qui interessa la data del 31 dicembre 1986 per effetto del D.L. n. 48 del 1986, art. 1, sub 3), conv. nella L. n. 119 del 1986 ("…ed entro la stessa data i comuni definiscono il procedimento espropriativo di cui al terzo comma dello stesso art. 6": cfr. Corte Cost. 19950052);

– la proroga dei termini di durata dei provvedimenti di occupazione temporanea, emessi in forza dell’ordinanza del Commissario del Governo per le aree colpite dal terremoto del 1980, disposta con la L. 18 aprile 1984, n. 80, art. 6, riguarda esclusivamente le occupazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di proroga, come in concreto determinate dall’autorità amministrativa e non ancora scadute (Cass. 199604201);

– pure in tale materia, la proroga legale del termine dell’occupazione d’urgenza opera nonostante si sia già verificata, durante il loro decorso, poichè il provvedimento autoritativo impedisce di apprezzare l’attività della P.A. nell’ambito del fondo rendendola legittima e l’acquisto a titolo originario a favore della P.A., per occupazione appropriativa, si determina solo per la mancanza di un titolo ablativo (decreto di esproprio o contratto di cessione volontaria) alla data di scadenza dell’occupazione medesima;

con la conseguenza che, fino a quando tale termine originario o prorogato non sia spirato, il proprietario null’altro può pretendere se non la corresponsione della relativa indennità ed è sempre possibile l’emanazione del decreto di espropriazione di un’area che continua ad appartenere all’originario proprietario (cfr Cass. Sez. Un. 198301464 e da ultimo Cass. 201000556).

Anche alla luce dei premessi principi di diritto, la Corte distrettuale ha ineccepibilmente respinto la domanda risarcitoria proposta dal F., stante la realizzazione delle opere nel corso del quinquennio di occupazione temporanea, scadente il 12.06.1986, e l’adozione del decreto d’esproprio in data 11.12.1986, anteriore alla scadenza, fissata al 31.12.1986, della sopravvenuta proroga di tale quinquennio, automaticamente applicabile in forza della L. n. 48 del 1986, oltre che disposta, recependo il dato normativo, dal provvedimento della GM del 21.04.1986.

Non meritevoli di favorevole apprezzamento si rivelano, infatti, le censure sollevate nel primo e nel secondo motivo del gravame con riguardo alla disposta e prorogata occupazione temporanea, inerenti alla non riconducibilità delle opere definitive in concreto eseguite sul fondo dei ricorrenti a quelle provvisorie post sisma, contemplate dalla legislazione speciale, ed alla mancanza per le prime della declaratoria di PU che solo le seconde (espressamente e per legge speciale) assisteva.

In relazione, infatti, al tempo ricompreso nel quinquennio di occupazione temporanea di cui al primo decreto del 7.05.1981, la doglianza in effetti integrava nuova e, quindi, inammissibile prospettazione, in quanto atta ad innovare (in termini oltretutto sfavorevoli ai F. quanto meno perchè ne eliminava il diritto a percepire l’indennità di occupazione temporanea non ipotizzarle in mancanza di una valida procedura ablativa) la loro domanda risarcitorie introduttiva, riferita ad occupazione appropriativa (che presuppone invece la sussistenza e la vigenza della dichiarazione di p.u., e quindi di un valido procedimento espropriativo in corso) e non usurpativa, che, come noto, si differenziano per petitum e causa petendi (cfr., tra le numerose altre, Cass. 200115687).

Con riguardo, invece, al periodo posteriore alla scadenza del suddetto termine iniziale di occupazione temporanea, le censure in discorso non involgono direttamente i provvedimenti resi dall’amministrazione comunale in merito all’occupazione, ivi compreso quello del 21.04.1986, di proroga del suddetto termine quinquennale (rispetto ai quali tra l’altro, non emerge nemmeno specificato che fosse stata prevista la menzionata, specifica tipologia delle realizzande opere), e, segnatamente, si sostanziano in addebiti non di irregolarità delle procedure di occupazione e di espropriazione (che comunque per il profilo in discussione avrebbero integrato non carenza di potere ma eccesso/sviamento di potere, ossia un vizio di legittimità inidoneo a legittimare, la disapplicazione da parte dell’AGO. In tema cfr. Cass. 198708960; 198600649) esperite dal Comune di Benevento in base alla legislazione in materia ( D.L. n. 333 del 1981, art. 5 quinquies, conv. in LS n. 456 del 1981 ed D.L. n. 19 del 1984, art. 6, conv in LS n. 80 del 1984), ma solo d’indebita loro attuazione, in tesi risoltasi in utilizzazione delle aree per scopi diversi da quelli consentiti dalla recepita legislazione speciale, iniziativa fattuale che, quand’anche attuata, certo non avrebbe potuto assumere riflessi sull’esplicato potere pubblicistico, delegittimandone di per sè sola e a posteriori l’esercizio; e perciò semmai consentendo al proprietario l’impugnativa davanti al giudice amministrativo degli atti ablatori viziali per sviamento di potere o per avere l’espropriante adottato per eseguire il consultorio ed il centro per anziani un procedimento diverso da quello consentito dalla legge 219/1981 (Cass. 199504986: 198805484;

198600649).

E tanto è sufficiente a dimostrare l’inconsistenza del terzo motivo, pur esso fondato sul presupposto erroneo che tutti i vizi del procedimento di occupazione temporanea anche se riferibili all’opera pubblica realizzanda, nonchè del relativo provvedimento ablatorio ne consentano la diretta disapplicazione da parte del giudice ordinario ai sensi dell’art. 5 legge abol. Cont. del 1865, rendendo la detenzione dell’immobile senza titolo; laddove un tale effetto è configurabile secondo la giurisprudenza di questa Corte, solo quando, a monte, manchi, o sia giuridicamente inesistente, o sia venuta meno successivamente la dichiarazione di p.u. che anche del decreto di occupazione costituisce l’indefettibile presupposto (c.d. invalidità derivata per mancanza di presupposti: Cass. 200910362; 200828214;

200707881).

Nel caso,invece, per le ragioni avanti indicate non si è verificata quest’ultima ipotesi, peraltro neppure dedotta dal F. nella citazione introduttiva del giudizio, in cui ha fondato la richiesta risarcitoria proprio sulla situazione opposta di vigenza ed operatività della dichiarazione di p.u.; sicchè al lume di questa premessa non modificabile nel prosieguo del giudizio, come esattamente ritenuto dalla Corte di appello, più non era più configurarle la prospettata carenza del potere in relazione all’occupazione temporanea, alla successive proroghe ed all’espropriazione, nè in relazione ad asserite difformità dell’opera pubblica realizzata rispetto a quella programmata dalla dichiarazione di p.u.: le relative violazioni traducendosi nuovamente nella contestazione della regolarità degli atti dei procedimenti seguiti dalla pubblica amministrazione (in tema cfr. Cass. 200400120;

199301612), e quindi correlandosi a posizioni di interesse legittimo devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, già alla stregua del criterio di riparto di giurisdizione anteriore all’operatività del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, introdotto dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7. 4. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 184 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c.".

Sostiene che non di tutte le domande era stata eccepita in primo grado dalla controparte la novità e comunque non di quelle subordinate di rideterminazione delle indennità e di opposizione alla stima, che, comunque erano devolute alla competenza esclusiva e funzionale della Corte d’appello, rispetto alle quali il tenore dell’eccezione svolta dal Comune era diverso ed infondato (prescrizione dell’azione).

La censura merita favorevole apprezzamento, giacchè, avendo il F. riproposto in sede di gravame le suddette autonome domande, devolute alla competenza in unico grado della Corte d’appello, ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 20, tanto era sufficiente per l’insorgenza del dovere del giudice del gravame di pronunciarsi, stante anche la pacifica adozione del decreto di occupazione temporanea e le sue proroghe ex lege. In conformità alla giurisprudenza assolutamente consolidata di questa Corte secondo cui qualora sia stata investita come giudice d’appello, oltre che su altra statuizione, sulla statuizione con cui il giudice di primo grado abbia dichiarato la propria incompetenza a provvedere sulla domanda di liquidazione dell’indennità per il periodo di occupazione legittima, ovvero su di essa abbia emesso altra statuizione la Corte d’Appello – ove la parte che domanda tale indennità, accanto al motivo di impugnazione afferente alle statuizioni suddette, abbia proposto nella citazione introduttiva dell’appello un’autonoma domanda di liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, rivolgendola alla corte quale giudice competente in unico grado deve esaminare ed accogliere detta domanda, posto che la sua proposizione non abbisogna di formule sacramentali e non deve avvenire necessariamente con una separata citazione, non richiesta dalla L. n. 865 del 1971, art. 20, il quale esige solo che la relativa domanda sia rivolta alla Corte d’Appello (Cass. 200925699; 200714687;

200625013).

Conclusivamente i primi tre motivi del ricorso devono essere respinti, il quarto accolto nei precisati sensi, con conseguente cassazione in parte qua dell’impugnata pronuncia e rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto nei limiti di cui in motivazione, cassa in parie qua l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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