Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-04-2011, n. 9248 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da D.E., proposta nei confronti della Banca Intesa S.p.a., avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto.

La predetta Corte poneva a base del decisum il rilievo fondante che il primo giudice aveva correttamente applicato al comporto per sommatoria, non espressamente disciplinato dal CCNL bancari, il criterio previsto per il c.d. comporto secco degli otto mesi all’interno del periodo di tre anni anteriori al licenziamento. Nè, precisava la Corte territoriale, l’art. 92 del richiamato CCNL disciplinava il comporto per sommatoria in ragione del riferimento a periodi temporali ininterrotti.

Avverso tale sentenza il D. ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso la Banca La quaLe, tra l’altro, deduce l’inammissibilità dell’impugnazione per vizio di autosufficienza.

Detta banca deposita, altresì, memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso il D., deducendo violazione dell’art. 92, comma 3, del CCNL per i dipendenti del settore di credito stipulato il 23 novembre 1990, articola il seguente quesito di diritto: "vorrà la Corte affermare che l’ari. 92, comma 3 del CCNL per i dipendenti delle aziende di credito stipulato in Roma il 23.11.1990 (all. n. 17 del fascicolo di parte del Tribunale) disciplina l’ipotesi del comporto per sommatoria".

Rileva, preliminarmente, il Collegio che Li ricorso è ammissibile in quanto ancorchè la norma contrattuale non sia trascritta nel ricorso, la disposizione pattizia è riportata nella sentenza impugnata.

Inoltre, avendo il ricorrente precisato, nel ricorso, in quale sede processuale il testo del CCNL, su cui fonda l’impugnazione, è stato prodotto, devesi ritenere rispettata, secondo quanto sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. Cass. 23 settembre 2009 n. 20535 e Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161) la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, così come modificati dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, artt. 5 e 7.

Tanto precisato rileva la Corte che i ricorso è infondato.

Trattandosi di denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, di violazione di norma di contratto collettivo nazionale, è devoluta a questa Corte, alla stregua di quanto già sancito(ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5) per il settore c.d. pubblico contrattualizzato, l’interpretazione diretta della denunciata disposizione di cui all’art. 92 dei CCNL per i dipendenti del settore di credito stipulato il 23 novembre 1990.

In particolare si tratta di stabilire se la richiamata norma disciplina anche il c.d. comporto per sommatoria ovvero è riferibile esclusivamente al c.d. comporto secco.

Tale norma prevede al primo comma che "in caso di assenza per malattia o infortunio accertati l’azienda conserva il posto e l’intero trattamento economico al lavoratore che abbia superato il periodo di prova……" (segue l’indicazione dei periodi conservazione in relazione all’anzianità di servizio). Il comma successivo stabilisce, poi un aumento dei periodi suddetti in presenza di stati patologici di particolare gravità.

Il terzo comma sancisce, infine, che "ai fini del trattamento previsto dai commi precedenti, si cumulano anche le assenze per malattia o infortunio sìa con diritto a trattamento economico sia nelle forme dell’aspettativa di cui ai successivo art. 93 – verificatesi nei sei mesi precedenti fermo che, per l’ultimo periodo, non può essere praticato un trattamento meno favorevole di quello stabilito dal R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825" (il quale, convertito nella L. n. 562 del 1926, sancisce la conservazione del posto, nei casi di malattia o di infortunio, per tre mesi, se l’impiegato abbia un’anzianità di servizio non superiore a dieci anni e per sei mesi, nel caso di anzianità superiore). Ritiene il Collegio di confermare l’orientamento giurisprudenziale più recente di questa Corte secondo il quale, sia pure sotto il vigore della precedente formulazione del citato art. 360 c.p.c., n. 3, è stata ritenuta corretta l’interpretazione dei giudici di merito secondo la quale la norma in esame, in ragione del testuale riferimento a periodi temporali ininterrotti, disciplina solo il caso di malattia unica e continuativa, con la conseguenza che il successivo terzo comma del medesimo articolo, nell’istituire un collegamento fra le malattie versificatesi nell’arco del semestre, con esplicito riferimento al trattamento previsto nei due commi precedenti, riguarda anch’esso il cosiddetto comporto secco, e consente l’unificazione ad un unico ed ininterrotto periodo di malattia anche delle assenze per la malattia o infortuni verificatesi nei sei mesi precedenti, in base alla presunzione che queste, essendosi manifestate entro breve tempo dall’ultimo episodio morboso, ne siano manifestazioni prodromiche (Cass. 20 agosto 1996 n. 7660, Cass. 9 gennaio 2001 n. 223 e Cass. 10 novembre 2004 n. 21385 – quest’ultima con riferimento però al CCNL delle aziende concessionarie del servizio di riscossione dei tributi del 12.7.1991).

E’ dirimente in proposito il rilievo che le espressioni utilizzate nei primi due commi della norma contrattuale in esame esplicitamente rimandano, nel fare riferimento a periodi temporali ininterrotti, alla sola ipotesi della malattia unica e continuativa (in tali sensi V. Cass. 20 agosto 1996 n. 7660 cit.).

Diversamente si finirebbe con l’attribuire al testo contrattuale una portata diversa da quella fatta palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione delle stesse.

Pertanto, stante l’inequivocabilità della lettera del precetto contrattuale, non è consentito andare oltre la mera ricognizione del significato testuale della previsione. in conseguenza devesi affermare che l’art. 92, comma 3 del CCNL per i dipendenti delle aziende di credito stipulato in Roma il 23 novembre 1990 disciplina la sola ipotesi di malattia unica e continuativa.

La sentenza, nella quale la Corte di Appello sì è attenuta a tale interpretazione, è, quindi, corretta. infatti la sentenza impugnata basandosi, in assenza di una disciplina regolante il comporto per sommatoria, al criterio equitativo volto a richiamare come limite interno lo stesso del comporto secco -nel caso in esame – otto mesi e quello esterno dell’ultimo triennio a decorrere dal licenziamento – si sottrae ad ogni censura per essere esaurientemente motivata e corretta sul versante giuridico.

Il ricorso va respinto e le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 42,00 per esborsi, oltre Euro 2.500,00 per onorario, spese generali, I.V.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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