Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile Sentenza 11 febbraio 2010, n. 3091

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 17 luglio 1990 Bertoletti Aurea conveniva davanti al Tribunale di Parma Magnani Giancarla, sulla cui autovettura era trasportata, e la s.p.a. Le Assicurazioni d’Italia per essere risarcita dei danni conseguenti alle gravi lesioni riportate nell’incidente stradale del 2 novembre 1987, quando la Magnani, nello svoltare a sinistra, non aveva concesso la precedenza all’autovettura incrociata di tale Caleffi Giorgio.
Le convenute eccepivano la colpa concorrente del Caleffi, che ottenevano di chiamare in causa insieme all’assicurazione RAS, nonché l’eccessività delle pretese.
Acquisito il rapporto della Polizia Stradale ed eseguita la C.T.U. medicolegale (che aveva riconosciuto un danno biologico permanente del 50%) il G.l. concedeva provvisionale per cento milioni di lire.
Con sentenza del 14 febbraio 2000 il Tribunale accoglieva la domanda nei limiti di lire 271.475.200, da rivalutare e incrementare per interessi del 6,6% annuo per l’importo di lire 225.584.800; per la differenza di lire 45.980.400 con il solo incremento per interessi decorrenti della domanda.
La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 10 gennaio 2005, in riforma della sentenza appellata, accoglieva la domanda dell’appellante Bertoletti e condannava le convenute Magnani Giancarla e Assitalia s.p.a. al pagamento di rivalutazione e interessi sulle somme liquidate a titolo di lucro cessante (lire 45.890.400) e al pagamento dell’importo di € 46.266,57 oltre rivalutazione e interessi per la perdita della capacità lavorativa futura.
Propone ricorso per cassazione Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. con due motivi.
Resistono con controricorso Magnani Giancarla e Bertoletti Aurea, che hanno anche proposto ricorso incidentale.
La controricorrente Magnani Giancarla ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto riferiti alla stessa sentenza.
Con il primo la ricorrente principale Assitalia denuncia la omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia nonché la motivazione inesistente e contraddittoria in quanto la sentenza impugnata aveva condannato la società assicuratrice, in solido con la Magnani, al pagamento di somme ulteriori senza rilevare che in tal modo veniva superato il massimale di polizza, pari a € 361.519,83 (lire 700 milioni). Sul punto si era formato il giudicato in quanto la relativa domanda proposta in primo grado era stata rigettata e sul punto non vi era stato appello.
La ricorrente sostiene che la responsabilità ultra massimale dell’assicuratore è originata da un titolo diverso rispetto al contratto di assicurazione, e cioè dal ritardo dell’assicuratore nell’adempiere al suo obbligo di risarcire il danno. Si tratta di responsabilità distinta ed autonoma dall’obbligo di indennizzo L. n. 990 del 1969, ex art. 18, e perciò, laddove il danneggiato voglia farla valere è tenuto a proporre la specifica domanda.
Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte il Giudice del merito, interpretando la domanda in questione nel senso criticato dalla parte ricorrente, non è incorso nei vizi denunciati (v. tra la tante: Cass. sentenza n. 22883 del 30 ottobre 2007: “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, l’assicuratore, a seguito della richiesta del danneggiato formulata della legge n. 990 del 1969, ex art. 22, è direttamente obbligato ad adempiere nei confronti del danneggiato medesimo il debito d’indennizzo derivante dal contratto di assicurazione. Una volta scaduto il termine di sessanta giorni da detta norma previsto, l’assicuratore è in mora verso il danneggiato, qualora sia stato posto nella condizione di determinarsi in ordine all’“an” ed al “quantum” della responsabilità del suo assicurato. In tal caso l’obbligazione verso il danneggiato dell’assicuratore può superare i limiti del massimale per colpevole ritardo (per “mala gestio” cosiddetta impropria) a titolo di responsabilità per l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria e, quindi, senza necessità di prova del danno quanto agli interessi maturati sul massimale per il tempo della mora ed al saggio degli interessi legali, ed oltre questo livello in presenza di allegazione e prova (anche tramite presunzioni) di un danno maggiore. Inoltre per ottenere la corresponsione degli interessi e rivalutazione oltre il limite del massimale non è necessario che il danneggiato proponga già in primo grado nell’ambito dell’azione diretta anche una domanda di responsabilità dell’assicuratore per colpevole ritardo, ma è sufficiente che egli, dopo aver dato atto di aver costituito in mora l’assicuratore, richieda anche gli interessi ed il maggior danno da svalutazione ex art 1224 cod. civ., ovvero formuli la domanda di integrale risarcimento del danno, che è comprensiva sia della somma rappresentata dal massimale di polizza, sia delle altre somme che al massimale possono essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e spese. Ne consegue che, in caso di incapienza del massimale, la responsabilità dell’assicuratore non può che correlarsi alle conseguenze negative che il ritardo nell’adempimento della sua obbligazione (che è, appunto, quella di pagamento del danno nei limiti del massimale) ha provocato e, dunque, agli interessi e al maggior danno (anche da svalutazione monetaria, per la parte non coperta dagli interessi) conseguito al ritardo nel pagamento del massimale, che solo entro tali precisi limiti può essere, pertanto, superato, restando a carico dell’assicurato il risarcimento del danno ulteriore”) (nello stesso senso, anche: Cass. 19 luglio 2008 n. 20058 e Cass. 13 ottobre 2009 n. 21688).
Nella specie, la sentenza impugnata dà atto della richiesta formulata dalla danneggiata Bertoletti, sin dal primo grado di giudizio, di condanna della controparte Magnani e della compagnia assicuratrice, di rivalutazione e interessi sulle somme già liquidate.
Né la successiva, superflua, domanda di condanna dell’assicuratore oltre il massimale, erroneamente considerata domanda autonoma, e pertanto dichiarata inammissibile perché tardiva, vale a dire la domanda degli interessi e maggior danno da svalutazione già contenuto nella domanda originaria.
Il motivo non può quindi trovare accoglimento.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e la omessa e insufficiente motivazione in quanto nel condannare la ricorrente al pagamento di rivalutazione e interessi sull’importo di lire 45.890.000, la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che su detto importo erano stati già corrisposti gli interessi dalla domanda al 4 dicembre 2000 che andavano quindi detratti dall’importo di cui alla condanna.
Il motivo è fondato: nella sentenza impugnata non viene dato atto che su parte della sorte erano stati già corrisposti gli interessi, come precisato nel motivo di ricorso. Di conseguenza, Assitalia e Magnani Giancarla debbono essere condannate a corrispondere a Bertoletti Aurea quanto già liquidato (lire 45.890.400), oltre gli interessi dal sinistro (2 novembre 1987) sino al 29 settembre (data del pagamento corrisposto da Assitalia in acconto) sulla somma indicata e rivalutata di anno in anno, con detrazione di quanto già corrisposto per lo stesso titolo.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata sul punto e poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 comma 2 c.p.c., nel senso sopra precisato.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale Magnani Giancarla denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di pronunciarsi su una domanda implicitamente formulata dalla Bertoletti, che aveva chiesto la condanna dell’Assitalia al pagamento della sorte capitale, oltre rivalutazione e interessi, con ciò formulando domanda di accertamento anche del colpevole ritardo della compagnia assicuratrice nella liquidazione del danno; analogo motivo è stato proposto con ricorso incidentale condizionato dalla Bartoletti. Sul punto, vale quanto sopra osservato in relazione al primo motivo del ricorso principale: di conseguenza devono essere dichiarati assorbiti i ricorsi incidentali.
Tenuto conto dell’esito complessivo della controversia, appare conforme a giustizia dichiarare l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione, mentre debbono essere confermate le statuizioni disposte nei precedenti giudizi di merito.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo motivo; cassa il relativo capo della sentenza impugnata e decidendo nel merito, condanna Assitalia e Magnani Giancarla in solido a corrispondere a Bertoletti Aurea quanto dovuto dal 2 novembre 1987 al 29 settembre 2000 a titolo di interessi sulla somma di lire 45.890.400 anno per anno rivalutata, la differenza per ogni anno tra quanto spettante e quanto già versato a titolo di interessi sulla predetta somma di lire 45.890.400.
Ferme le restanti statuizioni della sentenza impugnata; dichiara assorbiti i ricorsi incidentali.
Conferma le statuizioni sulle spese di primo e di secondo grado; compensa tra le parti le spese del presente grado di cassazione.

Nota

1. Il caso in questione.

La signora Tizia conveniva davanti al Tribunale la signora Caia (sulla cui autovettura era stata trasportata), nonché la Assicurazioni S.p.A., per esser risarcita dei danni conseguenti alle gravi lesioni riportate nell’incidente stradale provocato dalla stessa Caia, la quale – nello svoltare a sinistra – non aveva concesso la precedenza all’autovettura incrociata di Sempronio. Acquisito il rapporto della Polizia Stradale, ed eseguita la C.T.U. medicolegale (che aveva riconosciuto a Tizia un danno biologico permanente del 50%), il Tribunale accoglieva la domanda attorea per l’importo complessivo di lire 271.475.200.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda dell’appellante Tizia e condannava le convenute Caia e Assicurazioni S.p.A. al pagamento di rivalutazione ed interessi sulle somme già liquidate a titolo di lucro cessante (lire 45.890.400), ed al pagamento dell’importo di € 46.266,57 (oltre rivalutazione ed interessi) per la perdita della capacità lavorativa futura.
Proponeva così ricorso per cassazione la Assicurazionisostenendo che la responsabilità ultramassimale dell’assicuratore è originata da un titolo diverso rispetto al contratto di assicurazione, e cioè dal ritardo dell’assicuratore nell’adempiere al suo obbligo di risarcire il danno: si tratterebbe – quindi – di responsabilità distinta ed autonoma dall’obbligo di indennizzo ex art. 18 L. 990 del 1969, e perciò il danneggiato, laddove voglia farla valere, sarebbe tenuto a proporre specifica domanda in tal senso.

2. Nota esplicativa.

La decisione in commento si colloca nel solco dell’oramai consolidato principio secondo cui il terzo danneggiato dalla circolazione stradale, al fine di ottenere dall’assicuratore del danneggiante la corresponsione – oltre il massimale – degli interessi e del maggior danno da svalutazione monetaria ai sensi dell’art. 1224 c.c., non è tenuto a formulare specifica domanda di condanna in tal senso, né tanto meno una domanda di accertamento della colpevole inerzia dell’assicuratore (ciò che, come sappiamo, costituisce mala gestio c.d. impropria, ossia il fondamento dell’esposizione ultramassimale dell’assicuratore), essendo tali conseguenze connaturate alla mera costituzione in mora dell’assicuratore, che si ha con la richiesta di risarcimento effettuata ai sensi dell’art. 144, D.Lgs. n. 209/2005.
L’unico oggetto necessario della domanda del danneggiato, ai fini indicati, è pertanto quello della richiesta di «integrale risarcimento» del danno.
Detto principio sembra peraltro in linea con quello, più generale ed anch’esso consolidato, secondo cui – in tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile – la domanda di risarcimento integrale dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) proposta dal danneggiato non può – per la sua onnicomprensività – che esprimere la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno (v. in tal senso, Cass., 19 maggio 2006, n. 11761).
Da tale principio, inoltre, deriva che la domanda proposta in appello per una voce di danno non indicata già in primo grado possa esser considerata inammissibile (in quanto nuova) solamente allorquando nell’atto introduttivo del primo giudizio fossero state indicate specificamente le singole voci di danno delle quali si chiedeva il risarcimento (cfr. Cass., 8 luglio 2003, n. 10725)[1].
Giova notare, pertanto, come alla base della sentenza in epigrafe vi sia la considerazione che la domanda volta all’accertamento del risarcimento del danno da ritardo (che conduce all’esposizione ultramassimale), la quale è senz’altro da ritenere distinta rispetto a quella di accertamento del risarcimento del danno da illecito, possa ben considerarsi proposta ogni volta che il danneggiato richieda – anche genericamente – la condanna dell’assicuratore all’«integrale risarcimento» (o comunque al pagamento di interessi e rivalutazione), atteso che la ratio di una simile richiesta non può che esser rinvenuta nella costituzione in mora dell’assicuratore medesimo.
Altro principio consolidato, pure emergente dalla massima della decisione in commento, è quello relativo alla riconoscibilità “automatica” – ovverosia senza necessità di prova del danno – degli interessi moratori al tasso legale sul massimale quale normale conseguenza della responsabilità per inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, cui si aggiunge, in caso di allegazione e di prova (che può essere fornita anche mediante presunzioni), quella del maggior danno da svalutazione ex 1224 c.c. (cfr., però, Cass., 8 luglio 2003, n. 10725)., circa la differenza tra incapienza originaria e sopravvenuta del massimale.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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