Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-02-2011) 28-02-2011, n. 7575

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 17/1/2008 il Tribunale di Roma in composizione monocratica dichiarava S.A. colpevole del reato di calunnia e condannato alla pena di giustizia oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile P.V., cui liquidava una provvisionale, provvisoriamente esecutiva, di Euro 5.000,00.

Si contestava all’imputato di avere accusato, pur sapendolo innocente P.V. di truffa aggravata, affermando falsamente di avergli venduto un’autovettura Saab 9000 al prezzo pattuito di Euro 25.000,00, da pagarsi in contanti, e di essere stato invece pagato per iniziativa di quest’ultimo in rate mensili di Euro 150,00.

La vicenda si inseriva in un contesto amichevole, instauratosi tra il P., avvocato, collaboratore di studio dell’avv. M. A. e il S., amministratore della Corum Sud s.r.l., – intestataria dell’autovettura de qua -, amico personale del M. e frequentatore dello studio professionale, che si era venuto ad incrinare a seguito dell’interruzione del rapporto di collaborazione, fino a culminare in una serie di reciproche azioni ritorsive.

In motivazione il giudice di primo grado fondava l’affermazione della colpevolezza sulle dichiarazioni accusatorie della parte offesa, ritenute attendibili, perchè riscontrate non solo dal provvedimento, con cui il G.I.P. aveva disposto l’archiviazione della denuncia, ma anche dalla documentazione in atti, a dispetto della deposizione a discarico dell’avv. M., ritenuta invece inaffidabile; non dubitava del profilo psicologico del reato, osservando che le acquisite emergenze processuali rendevano evidente la strumentalizzazione della denuncia penale per un fatto assolutamente inesistente, del tutto estraneo all’ambito dell’inadempimento civile.

A seguito di gravame dell’imputato la Corte di appello di Roma con la sentenza indicata in epigrafe in riforma della sentenza impugnata assolveva l’imputato perchè il fatto non costituisce reato, ritenendo che nessuna prova certa era emersa dei reali termini dell’accordo sul pagamento del prezzo della compravendita, e evidenziando gli elementi che a suo avviso conducevano ad affermare che quel contenuto formale del contratto di compravendita non corrispondesse agli accordi intercorsi tra venditore e compratore, censurando l’operato del primo giudice, il quale aveva senza motivo riconosciuto piena attendibilità alle dichiarazioni della persona offesa, negandola invece alle dichiarazioni del M., e sostenendo che il S. si era limitato a denunziare un fatto di esclusiva rilevanza civile e non penale.

Contro tale decisione ricorre la parte civile a tutela dei propri interessi civili, la quale nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento denuncia l’erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art. 368 c.p., della legge processuale in riferimento agli artt. 125, 192, 598 e 546 c.p.p., e la mancanza e manifesta illogicità, se non abnormità della motivazione, e osserva, quanto al profilo psicologico del reato, che la corte di merito si era sottratta al compito di risalire con processo logico- induttivo alla sfera psicologica dell’imputato, in tal modo non solo contravvenendo alla regola di diritto, per cui la sussistenza del dolo si immedesima con l’accertamento della cosciente falsità delle circostanze, oggetto di denuncia, ma addirittura collocando la motivazione al di fuori del sistema processuale vigente, laddove aveva valorizzato la circostanza che il S. non avrebbe intrapreso azioni contro il P., se non fosse stato convinto delle proprie ragioni.

Quanto al profilo oggettivo evidenzia come il giudice del gravame avesse omesso di fornire spiegazioni in ordine al perchè aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni della persona offesa e invece plausibili quelle dell’imputato e del M., laddove queste ultime erano del tutto sfornite di riscontri oggettivi, mentre quelle rese dal P. trovavano conferma nell’estratto della rivista "Quattroruote", che valutava l’auto intorno ai 14.000.000 di Euro, nella copia conforme dell’atto di trascrizione della vendita della vettura in data (OMISSIS), attestante che il venditore aveva formalizzato il passaggio di proprietà dopo avere incassato le rate a partire dal Giugno 2001, nelle copie dei bilanci della CoRum s.r.l., dove non si menzionava nessun grave danno, derivante dalla vendita dell’autovettura e dove invece risultavano confluite nelle generali voci di bilancio le rate pagate ed emessa la fattura di 18.000.000 da parte della società.

Il ricorso è destituito di fondamento e deve essere rigettato.

Osserva infatti il collegio in punto di diritto che l’elemento oggettivo del reato di calunnia consiste nell’incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto, cioè, che alla stregua della descrizione fattane dall’agente nella denuncia, corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinabile ipotesi astratta delittuosa o contravvenzionale. Ne consegue che difetta tale elemento, e perciò non è configurabile il delitto di calunnia nell’azione di colui che attribuisca ad una persona, nel denunciarla all’autorità, una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato, a nulla rilevando che il denunciante abbia indicato un preciso "nomen iuris" e si sia proposto di provocare l’apertura di un procedimento penale in pregiudizio dell’incolpato (Cass. Sez. 5, 27/10/87-11/2/88 n. 1737 Rv. 177561; Sez. 6, 7/11/02-15/1/03 n. 1638 Rv. 223246; 1/7- 8/9/09 n. 34825 Rv. 244767).

Nella fattispecie in esame l’imputato aveva denunciato all’autorità un fatto vero, laddove si era lamentato di aver venduto al P. l’autovettura in questione per il prezzo di L. 25.000.000, che a suo avviso doveva essere pagato in contanti e non a rate come fin a quel momento aveva fatto l’acquirente. Aveva cioè denunciato un illecito di natura squisitamente civile, e di tanto ha dato atto il G.I.P. che nel disporre l’archiviazione del procedimento penale ha escluso ogni ipotesi di "condotte ingannatorie, tali da indurre il querelante alla compravendita della vettura".

L’intento del S. nel rivolgersi al Commissariato di p.s. non era quello di incolpare falsamente di un reato il P., ma solo quello di trasferire in sede penale il presunto torto subito nella compravendita dell’auto ed ottenere una giustizia più veloce, a nulla rilevando la sua opinione di essere incappato in una azione truffaldina, ad arte architettata dal suo acquirente, alla stregua del principio "iura novit curia".

Condivisibile pertanto si ravvisa la conclusione cui è pervenuta la corte territoriale, anche se formula liberatoria più corretta sarebbe stata quella perchè il fatto non sussiste per difetto dell’elemento oggettivo del reato.

Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna U ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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