Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-02-2011) 28-02-2011, n. 7568 Termini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di M.L. ricorre avverso la sentenza del 07/04/2010 con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, si dichiara non doversi procedere nei suoi confronti in ordine ai reati di peculato e falso a lei ascritti per prescrizione, confermando le statuizioni civili.

Con il primo motivo si ripropone l’eccezione in rito riguardante la nullità del provvedimento di proroga delle indagini, concessa dal Gip un mese dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio, fondata sulla impossibile coesistenza, nella medesima fase processuale, del controllo giurisdizionale di Gip e Gup. 2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata valorizzazione degli elementi favorevoli all’imputata, richiamando le circostanze di fatto esposte nelle memorie difensive, in forza delle quali si tratteggia la forte conflittualità esistente presso gli uffici del comune di Crescentino, e quindi la possibilità che le prove a carico acquisite potessero essere lette in una chiave diversa da quella contenuta in sentenza, permettendo di giungere all’assoluzione.

3. Con il terzo motivo si eccepisce contraddittorietà della motivazione ove, non tenendosi conto di quanto diversamente emerge dagli atti, si qualifica la ricorrente quale addetta alla gestione delle imposte comunali, quando emerge dalle delibere in atti che la sua competenza era limitata alla gestione dell’ICI. 4. Con il quarto motivo si rileva la presenza di analogo vizio in merito alla ricostruzione della procedura di sgravio, atto che la ricorrente non aveva mai firmato, essendo di competenza della Giunta comunale all’epoca dei fatti.

5. Con il quinto motivo si argomenta che, ove l’alterazione degli atti di sgravio avesse potuto ricondursi alla ricorrente, il giudice avrebbe dovuto provvedere dichiarando la falsità dei documenti posti alla base della procedura amministrativa, sicchè in assenza di tale procedimento, questo ulteriore accertamento doveva escludersi.

6. Con il sesto motivo si rileva contraddittorietà della motivazione con riferimento alla condanna della ricorrente al risarcimento del danno, osservando che il Comune ha riscosso le imposte, grazie alla convenzione con la concessionaria che prevede il versamento del non riscosso come riscosso, e che, in ogni caso, all’ente impositore è possibile agire nei confronti del contribuente, laddove con la condanna, si permette una doppia riscossione in favore del comune.

7. Con il settimo motivo si lamenta analogo vizio, connesso alla considerazione globale nel capo A) dell’imputazione delle pretese appropriazioni, indicate nella somma complessiva, senza individuazione dei singoli importi stornati, rispetto a ciascun obbligato al versamento della TARSU, ignorando quanto dimostrato dalla difesa nel giudizio, che ha contestato voce per voce la pretesa prova del versamento delle imposte da parte dei contribuenti richiamati nel capo di imputazione. A conferma dell’insussistenza di prove sull’effettività del versamento si cita la comunicazione dell’ente esattore, con la quale si richiede il rimborso delle imposte non versate, in cui è assente il richiamo ai nominativi dei contribuenti indicati nella contestazione suppletiva.

8. Con l’ottavo motivo si contesta la prova del mancato versamento delle somme indicate al capo A), facendo richiamo alla mancanza di documentazione di conferma di tale versamento, nonchè alle dichiarazioni rese dagli amministratori di condominio, che, secondo la ricostruzione contenuta in sentenza, avrebbero provveduto ai versamenti in contanti, pur avendo negato di essere stati destinatari di richieste di pagamento da parte dell’odierna ricorrente. Si sottolinea che le risultanze in atti avrebbero reso improponibile un’azione civile, contestando conseguentemente che fosse possibile conseguire un risultato più ampio esercitando l’azione nel giudizio penale, ed escludendo conseguentemente la prova dell’appropriazione.

9. Con il nono motivo si eccepisce la mancanza di prova in ordine alla sussistenza dei crediti vantati dalla parte civile e del loro ammontare specifico. Da ultimo, richiamate in fatto le precarie condizioni di salute della ricorrente, si sollecita l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, non essendo denunciati vizi del provvedimento impugnato che, in forza dell’art. 606 c.p.p., sono deducibili in questo grado.

Preliminarmente, quanto all’eccezione in rito, si osserva che, per giurisprudenza pacifica, la concessione della proroga delle indagini può intervenire anche successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio, in ragione della riconosciuta possibilità per il P.M. di acquisire elementi di prova da produrre in giudizio fino allo svolgimento di questo, (da ultimo Cass. sez. 1 del 06/12/2005 n. 4371, imp. Luppino, Rv. 233428) Per di più nella specie l’eccezione risulta irrilevante, posto che l’ipotetica nullità non potrebbe che colpire le prove assunte dopo la richiesta di giudizio, e tali atti non risultano individuati, sicchè la medesima modalità di formulazione dell’eccezione non si sottrae al carattere della genericità e quindi dell’inammissibilità. 2. Gli ulteriori motivi di ricorso proposti non costituiscono che una riproposizione dei motivi di merito, e quindi non possono superare il vaglio di ammissibilità; in particolare il richiamo a possibili letture alterative dei dati probatori idonei a far prevalere la formula assolutoria sulla dichiarata prescrizione non può certo rientrare nel motivo del travisamento della prova, che deve essere specifico, dovendo l’interessato indicare da quale elemento di fatto l’assunto posto a base della decisione impugnata sia suscettibile di essere smentito, mentre nella specie la ricorrente ha operato un richiamo generico alla complessa situazione derivante dagli elementi dedotti in giudizio, che si limita a tratteggiare, secondo l’assunto difensivo, ipotizzando una lettura alternativa priva delle indicazioni specifiche richieste dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

In particolare, il richiamo ad elementi favorevoli emergenti dagli atti, senza la deduzione concreta del radicale contrasto con l’impianto contenuto in sentenza, non evidenzia la pretesa contraddittorietà della motivazione.

3. Analogamente deve concludersi per quel che riguarda la contestazione sull’erronea individuazione delle competenze della M. all’interno del suo ufficio, poichè il richiamo al settore amministrativo al quale la donna era addetta assume rilievo nel capo di imputazione esclusivamente per identificare la qualifica di pubblico ufficiale, non posta in discussione dalla difesa ricorrente, non lo specifico ruolo idoneo a giustificare la percezione delle somme in contestazione, e quindi la determinazione di responsabilità, risultando incontroverso dalle prove assunte che l’incasso del denaro avveniva in modo informale, non in ragione della specifica funzione ricoperta. Il coinvolgimento di M. risulta essere stato individuato sulla base degli accertamenti documentali e testimoniali, non identificando il responsabile in funzione del ruolo da questi rivestito.

4. L’attribuzione della procedura di sgravio a diverso organo amministrativo è dato di fatto irrilevante ove, sulla base della sentenza impugnata, l’attivazione viene attribuita alla M. in forza dell’individuazione delle sigle da questa apposte sulla relativa documentazione, oltre che dalla fruizione di tale procedura di vantaggio da parte dei parenti della donna, sicchè il difetto di competenza a fronte della forza dimostrativa delle prove richiamate, neppure posta in discussione nel ricorso, non è indicativa della presenza del vizio lamentato.

5. Neppure denota carenza istruttoria l’omessa dichiarazione della falsità degli atti, poichè l’esame del provvedimento impugnato attesta il completo accertamento della difformità al vero di quanto attestato e dalla mancanza di una dichiarazione specifica può solo desumersi l’incompletezza della pronuncia, non la sua contraddittorietà; del resto il mancato accertamento di falsità ex art. 537 c.p.p. non configura alcuna delle cause di nullità della pronuncia previste dal codice di rito, e ben può essere integrata in fase esecutiva, essendo in ogni caso l’imputato privo di legittimazione a far valere eventuali carenze a riguardo (Cass. Sez. U, del 27/10/1999 n. 20, imp. Fraccari, Rv. 214639).

6. Con il sesto e settimo motivo si contesta la verificazione di un danno per le casse del Comune, conseguente alla riscossione delle imposte, per accordi sui diritti di riscossione intercorsi con l’esattoria; tale eccezione in realtà può involgere, al più, la contestazione della legittimazione ad agire, ipotizzando la cessione del diritto di credito nei confronti dei contribuenti, che avrebbe dovuto essere proposta all’atto dell’ammissione di parte civile, e rispetto alla quale invece non risulta spiegata alcuna opposizione;

nè il rilievo può essere limitato al quantum del danno, poichè stante l’omesso versamento delle somme che risultano riscosse e non versate dalla M. il depauperamento per le casse comunali deve valutarsi pari ai mancati introiti, calcolabile sulla base degli stessi atti di sgravio, illegittimi, individuati nella pronuncia impugnata.

In assenza di prova sul difetto di legittimazione del comune, la duplicazione dei versamenti allo stesso titolo non potrà che riguardare i rapporti interni tra l’esattoria e l’ente pubblico, non certo la M., che, ove non condannata a restituire le somme percepite, potrebbe trarre arricchimento dall’illecito realizzato. Il motivo sul quantum risulta generico e non riferibile ai vizi deducibili in questo grado, come individuati dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), poichè la ricorrente si limita a far riferimento a propri calcoli senza confrontarsi con la motivazione del giudice d’appello, e soprattutto omettendo di individuare sul punto, le pretese contraddizioni delle deduzioni in essa contenute con specifici atti processuali.

8. Analogamente, quanto alla pretesa mancanza di prove sull’effettivo versamento del denaro da parte degli amministratori obbligati, la ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza, che opera un richiamo alla corrispondenza tra quanto riferito dai contribuenti e dai colleghi di lavoro della donna, e quanto risultante dalle alterazioni apportate alla documentazione comunale, corrispondenza idonea ad escludere l’ipotesi di un già avvenuto versamento; nel ricorso sono invece reiterate le contestazioni sulla credibilità dei testi, senza porre in discussione gli elementi di conforto alla ricostruzione valorizzata dal giudice del merito, e quindi di fatto non denunciando alcuno dei vizi indicati dalla disposizione di cui all’art. 606 c.p.p..

9. Il nono motivo ha il medesimo contenuto, vertendo sulla pretesa assenza di prova del credito che, per tutte le considerazioni contenute in sentenza, non contrastate nè dalle argomentazioni contenute nel ricorso, nè da atti del processo in esso valorizzati, non superano il vaglio di ammissibilità.

Da ultimo irrilevante nel presente procedimento è la sollecitazione a tener conto delle condizioni di salute della donna, atteso che nel giudizio di legittimità non possono che rilevarsi elementi di contrasto del procedimento dei precedenti gradi con il modello normativo, e non operarsi una valutazione sulla situazione concreta, per di più nella specie richiamata senza indicare il fine specifico di tale deduzione.

La dichiarazione di inammissibilità impone, ex art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla corresponsione di una somma in favore della cassa delle ammende, ed alla rifusione delle spese di rappresentanza della parte civile in questa fase, importi liquidati entrambi nell’entità indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende, nonchè a rifondere le spese sostenute dalla parte civile comune di Crescentino che liquida in Euro 2.300, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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