Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-04-2011, n. 9226 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorsi avverso avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio – per irpeg, ilor ed iva, in relazione alle annualità 1996 e 1997, e per irpeg, irap ed iva, in relazione all’annualità 1998 sul presupposto dell’asserita annotazione contabile di fatture per operazioni inesistenti, emesse da società "cartiere", con conseguente indebita deduzione di costi fittizi correlativamente esposti;

Sull’opposizione dell’Amministrazione finanziaria, l’adita commissione tributaria accolse i ricorsi, con decisioni confermate, in esito agli appelli dell’Amministrazione ed alla riunione dei relativi giudizi, dalla commissione regionale.

La decisione dei giudici del gravame è basata su duplice ratio.

Sotto un primo profilo, la decisione reputa nulli gli avvisi di accertamento impugnati per vizio di motivazione, in quanto contenenti "mero richiamo di atti non conosciuti ne conoscibili dal contribuente, quali appunto gli atti relativi ad indagini effettuate nei confronti di terzi soggetti" (i soggetti che avevano emesse le fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti).

Per altro verso, la decisione sostiene che le risultanze della verifica effettuata presso le imprese emittenti non sarebbero elemento probatorio sufficiente a fondare l’accertamento nei confronti della società contribuente, atteso che questa ha prodotto le dichiarazioni rese in sede penale da alcuni dipendenti a conferma dell’esecuzione delle operazioni in questione ed il provvedimento di archiviazione emesso dal g.i.p. nei confronti dell’amministratore ed ha, altresì, documentato l’avvenuto pagamento delle operazioni contestate e considerato che le movimentazioni bancarie per contanti accertate in capo all’amministratore erano, in realtà, riconducibili ad operazioni erano relative ad altre attività dallo stesso esercitate a titolo diverso (azienda agricola, ecc), sicchè "a fronte delle risultanze istruttorie proposte da parte contribuente, non paiono ravvisabili quegli indizi "gravi, precisi e concordanti" necessari a legittimare la pretesa tributaria".

Avverso la decisione di appello, Amministrazione finanziaria e Agenzia hanno proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.

La società contribuente ha resistito con controricorso, deducendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale dell’Agenzia in favore dell’avvocatura della Stato.
Motivi della decisione

L’eccezione d’inammissibilità del ricorso si rivela manifestamente infondata, posto che l’Agenzia, (pur non disponendo ex lege del relativo patrocinio) ha la facoltà di richiedere di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato con riferimento ai singoli procedimenti, senza che sia necessaria specifica procura (v. Cass. 3116/06, 3118/06).

Altresì infondata si rivela l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto dei quesiti di diritto previsti dall’art. 366 bis c.p.c., prospettata dalla società controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c. La disposizione sui quesiti di diritto, inserita dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 46 non si applica, infatti, ai ricorsi incidenti sulle sentenze pubblicate, quale quella in rassegna, anteriormente al 2.3.2006.

Approfondendo i temi della controversia, va osservato che, con il primo motivo di ricorso deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 57 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 violazione e falsa applicazione del D.P.R. 600/1973, art. 42, della L. n. 212 del 2000, art. 7 e L. n. 241 del 1990 nonchè motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria – l’Agenzia censura la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato la nullità degli avvisi impugnati per difetto di motivazione. In proposito, rileva, in particolare, che la società contribuente non aveva svolto alcuna censura sulla motivazione degli atti in merito agli avvisi relativi all’annualità 1996 e che tutti gli avvisi contemplavano rinvii ob relationem a p.v.c. elevati a carico della stessa società contribuente ed a questa ritualmente notificati con tutti gli atti allegati.

Con gli altri tre motivi di ricorso – variamente rubricati – l’Agenzia censura la decisione impugnata per non aver considerato che, in presenza di elementi anche solo presuntivi offerti dall’Agenzia in merito al carattere fittizio delle operazioni (nella specie: provenienza delle fatture da conclamate "cartiere" facenti capo alle medesime persone), è onere del contribuente fornire la prova della relativa effettività.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Invero – non contemplando alcuna descrizione circa i ricorsi introduttivi dei contribuenti per l’annualità 1996, al fine di confortare l’assunta mancata deduzione da parte della società contribuente di vizi di motivazione negli avvisi relativi a detta annualità nè alcuna indicazione in merito al contenuto concreto di tutti gli avvisi dedotti in controversia, al fine di confortare la lamentata erroneità della pronunzia impugnata, laddove ne ha riscontrato il difetto di motivazione – l’Agenzia non ha, in proposito, assolto l’onere di fornire compiutamente alla Corte tutti gli elementi necessari a valutare ammissibilità e fondatezza della proposta doglianza già sulla base delle risultanze del ricorso e di quelle della sentenza, con inevitabili negative ricadute sul piano della specificità dell’impugnativa e della sua autosufficienza ex art. 366 c.p.c. (v. Cass. 18.242/03, 10330/03).

Basandosi sul rilievo che gli avvisi dedotti in controversia contemplavano rinvii ob relationem a p.v.c. elevati a carico della stessa società contribuente ed a questa ritualmente notificati, la censura risulta, d’altro canto, inammissibilmente muovere da un presupposto contrario all’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, per cui la motivazione degli atti opposti si risolveva in un "mero richiamo di atti non conosciuti ne conoscibili dal contribuente, quali appunto gli atti relativi ad indagini effettuate nei confronti di terzi soggetti".

L’inammissibilità del primo motivo di ricorso – con la conseguente definitiva affermazione della nullità degli avvisi di accertamento impugnati per difetto di motivazione – rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi, che, tesi a far valere il cattivo governo delle risultanze probatorie da parte del giudice del merito, sono comunque inidonei a sovvertire la precedente determinazione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.

Per la natura della controversia e per tutte le implicazioni della fattispecie si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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