Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 01-03-2011, n. 7924

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza di cui all’epigrafe, il Tribunale della Libertà di Cagliari confermava l’ordinanza del Gip del Tribunale di Lanusei, del 18 ottobre 2010, con cui era stata applicata la misura degli arresti domiciliari a M.M., per il delitto di resistenza a P.U commesso il (OMISSIS). Il giudicante dava atto che la vicenda si era svolta nel seguente modo: la donna si era introdotta abusivamente in un cantiere navale, in cui già altre volte aveva fatto irruzione, per protestare contro il suo licenziamento, e si era opposta all’intervento dei poliziotti, che la volevano identificare, dando luogo, in concitate e plurime fasi, ad insulti e minacce con una spranga di ferro nei confronti degli agenti di pg; riteneva che l’invocato stato di agitazione emotiva della imputata non incidesse sulla colpevolezza, essendo la donna in grado di comprendere il disvalore della sua condotta e rilevava, ai fini della cautela, che la stessa si era introdotta nel cantiere navale molte altre volte, tant’è da essere stata anche denunciata. Ogni volta ella aveva manifestato aggressività chiedendo di essere riassunta e minacciando i responsabili del suo licenziamento.

2. Ravvisava le esigenze cautelari nella la frequenza degli episodi caratterizzati da incontrollata emotività, che attestavano il concreto pericolo della ripetizione di reati, e riteneva adeguata la misura applicata.

2. Ricorre il difensore nell’interesse dell’indagata e denuncia vizio della motivazione sub art. 606 c.p.p., lett. E) in tema di sussistenza delle esigenze cautelari, di fatto riconosciute nella possibilità che ella reiterasse condotte di ingiuria minaccia e violazione di domicilio, e non in concreto, come sarebbe stato corretto, riferite alla violenza usata nei confronti dei pu;

analogamente, in tema di adeguatezza della misura, il Tribunale avrebbe fatto capo agli impulsi prepotenti ed aggressivi manifestati per altri e precedenti episodi ed infine illogicamente avrebbe escluso la concedibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena in base ad un soggettivo convincimento, non ancorato nè al comportamento, nè alla incensuratezza, e senza tener conto della più che verosimile concessione di attenuanti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. La M., contesta la motivazione del provvedimento, non confrontandosi con l’iter giustificativo adottato, ma limitandosi ad imputare al giudice distrettuale una visione preconcetta della sua pericolosità. 3. Viceversa il tribunale ha fatto preminente riferimento alla condotta tenuta dalla M. quel giorno e ha rilevato che la donna aveva, ripetutamente manifestato la sua aggressività, verbale e fisica, nei confronti degli agenti, ponendo in essere un fatto di particolare gravità. Il giudicante ha desunto una pericolo concreto di recidivanza, proprio dalle modalità della condotta, sostenuta da una forte alterazione emotiva e da peculiare persistenza e tale ragionamento, espresso con aderenza alle emergenze processuali e senza alcuna patente illogicità, si sottrae al sindacato di questa corte ed è immune da errori. Il richiamo infatti alle precedenti incursioni che la M. aveva fatto nel cantiere non costituiscono che la legittima valutazione della complessiva personalità della donna, e ne colorano la propensione alla commissione di fatti violenti, ma non costituiscono il fulcro della decisione e non esauriscono certo l’individuato requisito della concretezza.

4. E’ da ribadire che in tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che l’imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si identifica con quello dell’attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell’esistenza di elementi oggettivi, sulla base dei quali è possibile affermare che l’imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendono lo stesso bene giuridico. A tale principio, come detto il giudice di merito si è esattamente attenuto.

5. Parimenti non ha fondamento la censura in ordine alla adeguatezza e proporzionalità della misura, atteso che per i criteri di scelta delle misure cautelari, è legittimo il riferimento alle specifiche modalità e circostanze del fatto ai fini della motivazione circa l’applicazione della custodia in carcere, costituendo la condotta tenuta dal soggetto, in occasione del reato, elemento diretto e significativo per interpretare la personalità dell’agente.

6. Nella specie, la Corte ha preso in considerazione la particolare veemenza e violenza del comportamento ed ha desunto da questo, e dalla valutazione dei precedenti comportamenti, che denotavano una personalità intollerante a limitazioni ed incapace di autocontrollo, che ogni altra meno afflittiva misura non avrebbe soddisfatto la finalità di cautela sociale; detto ragionamento, collegato ad una adeguata valutazione dei fatti, adeguatamente esposto si sottrae al sindacato di legittimità. 7. Infine, non può dolersi la M. della prognosi negativa in ordine alla concedibilità della sospensione condizionale della pena, posto che proprio la ritenuta ‘ dei fatti, per cui viene disposta la cautela, renderebbe contraddittoria un’ipotesi di applicabilità del beneficio e pertanto nessuna illogicità è ravvisarle nel provvedimento impugnato.

8. In conclusione, il ricorso è inammissibile e la M. è da condannare al pagamento delle spese processuali e alla somma, che si reputa equo determinare in Euro 300,00, da versare a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro 300 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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