Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-01-2011) 01-03-2011, n. 7914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Brescia ha dichiarato l’esistenza delle condizioni richieste dalla Convenzione Europea stipulata a Parigi il 13-12-1957 per l’accoglimento della domanda di estradizione formulata dalla Repubblica di Albania nei confronti di G.F., in esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale del Distretto di Tirana il 2-12- 2004, divenuta irrevocabile il 22-4-2005, recante la condanna alla pena di anni 22 di reclusione per il reato di omicidio volontario, aggravato dai futili motivi.

Con ricorso proposto personalmente il G. ha dedotto in primo luogo la violazione dell’art. 705 c.p.p., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., art. 6 CEDU e art. 420 quater c.p.p., sostenendo di essere stato giudicato e condannato in contumacia, senza che nei suoi confronti sia stata mai effettuata alcuna notifica, redatto verbale di vane ricerche o dichiarata l’irreperibilità. Rileva che la mancata conoscenza del procedimento penale ha comportato una grave compromissione del diritto fondamentale di difesa e al giusto processo.

Il ricorrente, inoltre, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto certa l’identità dell’estradando con la persona condannata in Albania, nonostante la diversa data di nascita indicata nella sentenza di condanna.

Il G., infine, lamenta la violazione del principio di retroattività della legge più favorevole di cui all’art. 2 c.p., in relazione all’art. 3 Cost., art. 7 CEDU e art. 15 del Patto sui diritti civili e politici della Convenzione ONU, sostenendo di essere stato condannato ad una pena superiore a quella massima (anni 20 di reclusione) prevista per il reato di omicidio dalla norma del codice penale rumeno (art. 76) vigente al momento della condanna.

Con memoria depositata il 14-5-2010 il difensore del ricorrente ha ulteriormente sviluppato il primo motivo di ricorso.

A seguito dell’acquisizione delle informazioni disposte da questa Corte con ordinanza del 19-5-2010, il difensore ha depositato altra memoria, evidenziando che l’autorità richiesta non ha fornito indicazioni utili nè in ordine alle garanzie offerte dall’ordinamento processuale albanese in favore dell’imputato condannato in contumacia nè in ordine all’identificazione dell’estradando con la persona nei cui confronti è stata pronunciata condanna.
Motivi della decisione

1) Il primo motivo di ricorso è infondato.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, non costituisce violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, e non è quindi di ostacolo alla estradizione ai sensi dell’art. 705 c.p.p., comma 2, il fatto che il soggetto da estradare sia stato condannato in contumacia, quando nell’ordinamento dello Stato richiedente siano previsti rimedi per consentire all’imputato che non abbia avuto conoscenza del procedimento di impugnare la sentenza definitiva (Cass. Sez. 6, 25-3-2009 n. 15550;

Sez. 6, 24-5-2007 n. 24707; Cass. Sez. 6, 12-2-2007 n. 5909).

Nel caso di specie, l’ordinamento dello Stato richiedente accorda adeguate garanzie in favore della persona giudicata e condannata in contumacia. L’art. 147 del codice di rito albanese, infatti, prevede che, in caso di sentenza pronunciata in absentia, l’imputato può chiedere la restituzione dei termini per proporre appello, allorchè comprovi di non aver avuto conoscenza della sentenza; e che tale richiesta può essere presentata entro dieci giorni da quello in cui l’imputato ha preso effettiva conoscenza di tale provvedimento (il che, come chiarito nelle informazioni acquisite, avviene con la sottoscrizione del verbale di esecuzione della sentenza, redatto al momento del rientro dell’imputato in Albania).

Per le ragioni esposte, il fatto che l’odierno ricorrente sia stato giudicato in contumacia nel suo Paese e non abbia, secondo il suo assunto, avuto effettiva notizia del processo penale, non osta alla sua estradizione.

2) Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte di Appello correttamente ritenuto certo che la persona ricercata dall’autorità albanese ( G.F., nato a (OMISSIS)) si identifica fisicamente con l’odierno ricorrente, pur essendo quest’ultimo in possesso di un documento di identità intestato al nome di G.G., nato il (OMISSIS). L’esito delle informazioni fornite dall’autorità albanese (in cui si da atto che nessuna delle persone registrate come F. o G.F. reca le generalità indicate nella richiesta di estradizione e nel documento di identità di cui sopra) non vale a scalfire la validità del giudizio espresso dai giudici di merito, basato sulle stesse ammissioni rese dal ricorrente (il quale in sede di arresto ha dato atto di essere entrato clandestinamente in Italia nel (OMISSIS), munito di passaporto albanese falso recante le generalità di G.G. nato a (OMISSIS), mentre le sue reali generalità sono G.F., nato a (OMISSIS)), nonchè sull’ulteriore rilievo che la sentenza di condanna individua l’imputato (del quale indica il solo anno di nascita del (OMISSIS), che la Corte di Appello ha ragionevolmente ritenuto frutto di mero errore materiale) come figlio di tali L. e A., soggetti che si identificano rispettivamente nel padre e nella madre dell’odierno ricorrente, come attestato dal certificato di nascita.

3) Devono essere disattese, infine, anche le censure mosse col terzo motivo, avendo i giudici albanesi dato espressamente atto, nella sentenza di condanna, di aver fatto applicazione, in relazione al reato di omicidio per futili motivi contestato all’imputato (per il quale il testo originario dell’ari. 84 del codice penale prevedeva, in alternativa alla reclusione, la pena capitale, successivamente abolita), del trattamento sanzionatorio più favorevole previsto dalla normativa sopravvenuta.

4) Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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