Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-04-2011, n. 9201 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avendo proceduto alla rideterminazione, con metodo induttivo, del volume d’affari della s.a.s. Premuda di Cristina Micheli e Franco Furlani, l’Agenzia delle Entrate notificò, per l’anno 1996, avvisi di accertamento in rettifica delle dichiarazioni Iva Irpeg ed Ilor a carico della società, nonchè Irpef SSN e CSE a carico dei soci. I contribuenti proposero quattro distinti ricorsi, che furono accolti solo parzialmente in primo grado, avendo la CTP ridotto i maggiori ricavi della società, e deciso in conseguenza sulle impugnazioni dei soci. Sui quattro appelli dei contribuenti, la CTR ha annullato gli avvisi integralmente. L’Agenzia ricorre per la cassazione delle sentenze d’appello con quattro ricorsi articolati ciascuno su quattro identici motivi. I contribuenti non si sono difesi.
Motivi della decisione

Va disposta la riunione dei quattro ricorsi, per evidenti motivi di connessione fra quello in materia di IVA (30154/2006) e gli altri in materia di imposte dirette proposti dai soci, per i quali la riunione è necessaria per identità del presupposto (maggior reddito di partecipazione).

In tutte e quattro le sentenze impugnate, la CTR ha premesso il rilievo che il Presidente della Sezione aveva disposto la riunione dei quattro ricorsi. Ha tuttavia pronunciato quattro distinte decisioni, sebbene ricalcate l’una sull’altra nella motivazione. Ha rilevato la nullità delle sentenze di primo grado, in quanto motivate "per relationem"; ha ritenuto che il mancato reperimento, presso la società, del libro degli inventari non giustificasse l’accertamento induttivo, sia perchè del libro era stato preventivamente denunciato lo smarrimento, sia perchè i dati da esso desumibili potevano ricavarsi dall’esame delle altre scritture contabili; ha ipotizzato che l’Ufficio sia ricorso all’accertamento induttivo proprio per non aver riscontrato alcuna irregolarità sulle scritture esaminate.

L’Agenzia sviluppa quattro motivi.

Col primo denuncia violazione di legge ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29) lamentando che non sia stata operata la riunione dei processi pur disposta dal Presidente della Sezione investita delle decisioni connesse.

Il collegio rileva che non è incorsa nei gradi di merito alcuna violazione del contraddicono, perchè il collegamento fra le situazioni processuali della società di persone e dei soci ai quali vanno proporzionalmente imputati gli utili accertati in capo al sodalizio ( D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5) è stata tenuta ben presente sia dalla CTP che dalla CTR. I giudizi sono stati trattati nelle medesime udienze dagli stessi giudici e dagli stessi difensori, ed hanno messo capo a sentenze solo formalmente distinte (essendo stata anche disposta in appello la unificazione dei giudizi, non seguita dalla riunione materiale dei fascicoli).

Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si osserva che la declaratoria di nullità delle sentenze di primo grado in quanto motivate "per relationem" è stata pronunciata d’ufficio, giacchè non denunciata con l’appello.

Il motivo è inammissibile per irrilevanza, giacchè alla declaratoria di nullità non è seguito alcun effetto pratico, avendo la CTR proseguito con l’esame del merito dell’impugnazione come avrebbe comunque dovuto fare anche se non avesse rilevato la nullità.

Per la stessa ragione è inammissibile la censura svolta col terzo motivo, col quale si invocano (deducendo violazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992) i precedenti di questa corte che in casi analoghi (di giudizi contestuali e connessi da vincolo di necessaria consequenzialità) ha ritenuto legittima la motivazione operata col semplice riferimento alle considerazioni esposte in una pronuncia parallela.

Col quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 39, comma 2, lett. c) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55). Si censura la decisione per aver ritenuto inammissibile l’accertamento induttivo che, nel caso di specie, era espressamente consentito dalle norme invocate.

Il motivo è fondato. Sia il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. c) (quanto agli accertamenti dei redditi notificati ai soci) che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 (quanto alla rettifica della dichiarazione IVA della società) autorizzano l’accertamento induttivo quando il contribuente non abbia consentito l’ispezione di una o più scritture contabili obbligatorie, fra le quali l’art. 2214 c.c. menziona espressamente il libro degli inventari. Che l’indisponibilità del libro inventari fosse incolpevole (come la CTR sembra aver ritenuto avendo rilevato che ne era stato denunciato lo smarrimento in data anteriore all’ispezione tributaria) non toglie che l’incompletezza della contabilità ne rendeva inattendibili le risultanze ed integrava uno dei presupposti di fatto che giustificavano l’accertamento induttivo.

Va dunque accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e – poichè non risulta che la CTR fosse stata investita di altri motivi di impugnazione – decisa la causa nel merito ex art. 384 cpv. c.p.c. col rigetto degli appelli. Le spese delle fasi di gravame seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; rigetta i primi tre motivi ed accoglie il quarto;

cassa le sentenze impugnate e – decidendo nel merito – respinge gli appelli. Condanna le parti private in solido al rimborso delle spese delle fasi di gravame, liquidate per le cause riunite in Euro 2.000 per onorari oltre spese prenotate a debito per il giudizio di cassazione, ed in Euro 300 per diritti ed Euro 800 per onorari per il giudizio d’appello.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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