Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-01-2011) 01-03-2011, n. 7972 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Arezzo, con sentenza del 20/3/08, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava R.G. colpevole del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis, e lo condannava alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione ed Euro 12.000.00 di multa, con interdizione dai pp.uu. per la durata di anni 5.

La Corte di Appello di Firenze, chiamata a pronunciarsi sull’appello avanzato dal prevenuto, in parziale riforma della decisione di prime cure, ha ridotto la pena ad anni 3 di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa.

Propone ricorso per cassazione l’imputato con i seguenti motivi:

– non sussiste prova della penale responsabilità del R., nè indizi gravi, precisi e concordanti; il giudice di merito, sulla base di mere supposizioni, illogiche peraltro, ha affermato la responsabilità di costui in ordine al reato ascrittogli;

– erronea applicazione della legge penale in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, visto che nella specie, risultava del tutto concedibile la attenuante di lieve entità;

– la Corte territoriale ha errato nel computo della pena, non tenendo in considerazione che la diminuzione, fissata dall’art. 442 c.p.p., è di un terzo secco, determinando così una sanzione maggiore.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Con la censura formulata col primo motivo di impugnazione la difesa del prevenuto contesta la argomentazione motivazionale in punto di affermazione di responsabilità, rilevando la mancanza totale di prove, o di indizi gravi, precisi e concordanti, a carico del R..

Invero, dal vaglio a cui è stata sottoposta la pronuncia in questione emerge che il giudice di merito (sia il Tribunale, che la Corte di Appello) ha sviluppato un susseguirsi di considerazioni sui fatti emersi dalla istruttoria, spogliate da ogni elemento concreto che possa fare ritenere fondate le asserzioni assunte, tanto da poterle considerare quasi apodittiche.

Fermo restando che il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal giudice di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, è indubbio che questa Corte deve stabilire se detto giudice abbia esaminato tutti gli elementi a sua disposizione, se abbia fornito una esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbia esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Peraltro, la motivazione, posta a sostegno della sentenza deve essere effettiva, cioè idonea a rappresentare le ragioni che il decidente ha posto a base della pronuncia adottata; non manifestamente illogica, ovvero sorretta da argomentazioni non viziate da evidenti errori nella applicazione delle regole della logica; non internamente contraddittoria. esente, quindi, da incongruenze tra le sue diverse parti; non logicamente incompatibile con altri atti del processo. dotati di autonoma forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o radicalmente inficiare, sotto il profilo logico, la motivazione (Cass. 29/3/06, n. 10951).

Orbene non può pervenirsi ad una pronuncia, sia essa di assoluzione o di condanna, in difetto di un argomentare correlato a puntuali richiami ad elementi di valenza probatoria, dimostrativi della innocenza, o comprovanti la colpevolezza dell’imputato, che si limiti ad inanellare una scaletta discorsiva di riflessioni e supposizioni, sganciate dalla piattaforma istruttoria, come nella specie.

Presupposto della sentenza di condanna, infatti, è che l’imputato risulti colpevole del reato ad esso contestato, vale a dire che abbia avuto esito positivo la progressiva verifica in ordine alla esistenza del fatto, alla sua attribuibilità al prevenuto, alla sussistenza dell’elemento psicologico e alla ricorrenza delle eventuali condizioni per l’applicazione della pena.

La condanna, necessita, quindi, dell’accertamento della colpevolezza, ossia del raggiungimento di una convinzione in ordine alla esistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità penale dell’imputato: la condotta ad esso ascritta va provata per intero e la pronuncia di condanna non può basarsi su un quadro probatorio incompleto o contraddittorio che, invece, impone una assoluzione, ex art. 530 c.p.p., comma 2 (ex plurimis – Cass, 21/9/97. Angelini).

La fondatezza del primo motivo assorbe le ulteriori censure avanzate in ricorso.

La sentenza impugnata va, pertanto annullata con rinvio, affinchè il giudice ad quem proceda a nuovo esame, in dipendenza di quanto rilevato ed osservato.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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