Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-01-2011) 01-03-2011, n. 7971 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto Uso personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 10/11/09. resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava T.C. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 1 bis, per avere detenuto a fini di spaccio sostanza stupefacente del tipo cocaina, e lo condannava alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 12.000.00 di multa.

La Corte di Appello di Brescia, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dal Procuratore Generale sede e dal prevenuto, con sentenza del 12/4/2010. in parziale riforma del decisimi di prime cure, ha applicato all’imputato la pena accessoria della interdizione dai pp. uu. Per anni 5, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa del T., con i seguenti motivi;

– ha errato il giudice di merito nel non escludere la responsabilità del prevenuto, non ritenendo, nella specie, concretizzata la ipotesi dell’uso di gruppo della sostanza stupefacente;

– ulteriore errore ha commesso il giudicante nel ritenere non concedibile la attenuante speciale della lieve entità, D.P.R. n. 309 del 1990, ex comma 5, art. 73;

– vizio motivazionale inerente al diniego della concessione delle attenuanti generiche;

– sul denaro assoggettato a sequestro non doveva essere disposta la confisca.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La argomentazione motivazionale. posta dal giudicante a sostegno del decisum, si palesa logica e corretta.

In relazione al primo motivo di ricorso, si osserva che la questione dell’uso di gruppo di sostanze stupefacenti era stata risolta, sotto la previdente normativa, dalle Sezioni Unite, le quali, con la sentenza n. 4/97 avevano stabilito che non sono punibili, e rientrano, pertanto, nella sfera dell’illecito amministrativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 l’acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti destinate all’uso personale che avvengano, sin dall’inizio, per conto e nell’interesse anche di soggetti diversi dall’agente, quando è certa, ab origine, la identità dei medesimi, nonchè manifesta la volontà di essi di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo.

A tale conclusione le S.U. erano pervenute osservando che la omogeneità ideologica della condotta del procacciatore, rispetto allo scopo degli altri componenti del gruppo, caratterizzava la detenzione quale codetenzione ed impediva che il primo si ponesse in rapporto di estraneità rispetto ai secondi, con conseguente impossibilità di connotazione della sua condotta quale cessione.

Il problema si è riproposto dopo la novella legislativa del 2006 (L. n. 49) che, nel modificare il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, ha stabilito che è punito con le medesime pene di cui al comma 1 chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17. comunque, illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope, che per quantità, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale.

Parallelamente, il novellato art. 75 dispone che è punito con delle semplici sanzioni amministrative chiunque, comunque, detiene sostanze stupefacenti o psicotrope fuori dalla ipotesi di cui all’art. 73, comma 1 bis, il che significa che è soggetto alle sanzioni amministrative solo colui che detiene dette sostanze ad uso esclusivamente personale.

Il mutato quadro legislativo impone, pertanto, di ripensare il citato consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi sotto il previdente regime.

Infatti, la introduzione dell’avverbio "esclusivamente" assume un significato particolarmente pregnante, proprio sotto il profilo semantico, perchè una cosa è l’uso personale di droga, altra e ben diversa cosa è l’uso esclusivamente personale, frase che proprio in virtù dell’avverbio non può che condurre ad una interpretazione più restrittiva rispetto a quella che, sotto la previgente normativa, veniva data dal sinallagma "uso personale".

In tale ottica è del tutto evidente che non può più farsi rientrare nella ipotesi di uso esclusivamente personale la fattispecie del cd. uso di gruppo, all’interno della quale è inclusa sia la ipotesi di un gruppo di persone che da mandato ad una di esse di acquistare dello stupefacente, sia l’altra ipotesi in cui l’intero gruppo procede all’acquisto della droga, destinata ad essere consumata collettivamente (Cass. 6/5/09, n. 23574).

E’ di immediato apprezzamento la circostanza che il legislatore ha inteso reprimere, in un modo più severo, ogni attività connessa al traffico di stupefacenti, tant’è che ha equiparato ogni tipo di droga, eliminando la distinzione tabellare preesistente.

Ne consegue che non può più farsi rientrare nella ipotesi dell’uso esclusivamente personale il cd. uso di gruppo, giacchè l’acquisto per il gruppo presuppone che la droga non sia destinata ad uso esclusivamente personale.

Del pari prive di pregio si rivelano le doglianze attinenti alla mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione e del diniego della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in quanto sui relativi motivi di appello la Corte territoriale ha fornito un riscontro estremamente esaustivo:

all’accoglimento della istanza ex art. 62 bis c.p., osta la valutazione dei preoccupanti precedenti penali del prevenuto, già condannato per ben tre volte per reati della stessa specie, oltre che per altri reati contro il patrimonio; elemento impeditivo al riconoscimento della attenuante di lieve entità, ad avviso del decidente, è il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, in grado di soddisfare, di certo, una non esigua cerchia di clientela, così da incidere, in modo allarmante, sull’interesse protetto della salute pubblica.

Legittima si palesa, di poi, la disposta confisca del denaro trovato al T., la cui lecita provenienza non è stata da lui dimostrata, il cui rilevante importo è chiaro indice della floridezza del commercio illecito posto in essere dal prevenuto.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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