Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-04-2011, n. 9175 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’impugnata sentenza – resa pubblica in data 18.9.2006 – la commissione tributaria regionale del Piemonte ha respinto l’appello proposto da M.C. avverso la sentenza con la quale la commissione tributaria provinciale di Torino aveva disatteso un suo ricorso contro una cartella esattoriale di pagamento, relativa a Irpef per l’anno 1997.

La M. ha interposto ricorso per cassazione formulando cinque motivi.

Hanno resistito con controricorso l’agenzia delle entrate e il Ministero delle finanze. Non ha svolto attività difensiva il concessionario Uniriscossioni s.p.a., sebbene destinatario anch’esso del ricorso.
Motivi della decisione

1. – Va dichiarata l’inammissibilità del controricorso del Ministero dell’economia e finanze, non evocato in questa sede a mezzo della notifica del ricorso. Nel giudizio di cassazione non trova applicazione l’art. 105 c.p.c. e non è invero consentito l’intervento volontario di un soggetto terzo rispetto alla parte legittimata a contraddire.

2. – La ricorrente denuncia, nei primi due motivi, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, del in ordine alle fattispecie di inammissibilità ivi disciplinate, e, negli altri tre, vizi di motivazione.

Devesi peraltro considerare che il presente ricorso – in quanto attinente a sentenza depositata dopo il 1.3.2006 – è regolato dalle disposizioni di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Rileva quindi il sistema del cd. filtro a quesiti, di cui all’art. 366-bis c.p.c.; norma che, sebbene abrogata dal D.Lgs. n. 69 del 2009, è rimasta in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (art. 58, D.Lgs. ult. cit.). Pertanto era onere dell’impugnante, a pena di inammissibilità, (a) concludere l’illustrazione di ciascun motivo di cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 con la formulazione di un quesito di diritto; (b) rendere intelligibile l’illustrazione delle censure relative alla motivazione della sentenza ( art. 360 c.p.c., n. 5) mediante la chiara indicazione dei singoli fatti controversi e/o delle ragioni di inidoneità. Invero è oramai acquisito che: (i) la necessitata corretta formulazione del quesito di diritto esige che il ricorrente indichi in esso la fattispecie concreta per poi rapportarla a uno schema normativo tipico, si da infine specificare il principio giuridico di cui chiede l’affermazione; (ii) nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione) la relativa censura deve anch’essa contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva comunque, puntualmente, i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. sez. un. 20603/2007).

In questi termini è stato precisato – e qui va ribadito – che la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente, non può essere desunta o integrata dal contenuto del motivo (o dei motivi), pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c. (cfr. sez. un. 6420/2008), stante che è di tutta evidenza che la disposizione dell’art. 366-bis c.p.c., relativa all’art. 360, n. 5, non avrebbe alcun significato se si limitasse a prescrivere quanto già insito nel parametro generale reso da questa norma, vale a dire la desumibilità del fatto controverso e del vizio logico della motivazione dal complesso del motivo di ricorso. Trattasi di principi del tutto consolidati (ancora da ultimo Cass. 1285/2010 e 428/2010, nonchè infine sez. un. 2010/12339) ai quali devesi dare continuità. 3. – Nel caso di specie difetta, da un lato, l’enunciazione del quesito di diritto con riguardo ai primi due motivi (con cui si denunciano violazioni di legge entrambe relative al D.Lgs. n. 564 del 1992, art. 22); dall’altro, con riguardo ai restanti tre motivi (e a prescindere da possibili ulteriori rilievi di genericità), una sintesi idonea a circoscrivere i fatti controversi e i vizi logici della motivazione, come richiesto dall’art. 366-bis c.p.c..

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Spese alla soccombenza nel rapporto con l’intimata agenzia delle entrate. Nulla per quelle relative alla difesa del Ministero.
P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidando dette spese in Euro 450,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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