Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-04-2011, n. 9151 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia ha per oggetto l’impugnazione da parte dei soci accomandanti della società STA.GE. Studio Affari Generali s.a.s. degli avvisi di accertamento ILOR e IRPEF per l’anno 1993 nonchè delle cartelle di pagamento e degli avvisi di mora relativi all’IRPEF e al CSSN. La C.T.P. di Isernia ha accolto l’impugnazione quanto all’ILOR non ritenendo gli opponenti soggetti di imposta ILOR, dovuta dalla società, e, quanto all’IRPEF e al CSSN, perchè, relativamente al 1993, non risultavano conseguiti e distribuiti utili societari.

La C.T.R. ha accolto l’appello dell’amministrazione finanziaria, ritenendo inammissibile il ricorso proposto direttamente dai soci contro l’accertamento ILOR effettuato nei confronti della società e ritenendo infondate le impugnazioni relative all’IRPEF non essendo rilevante ai fini della imposizione l’effettivo percepimento di utili da parte dei soci.

Ricorrono per cassazione Z.P. e C.R. e M.S. nella qualità di eredi di M.N. affidandosi a due motivi di impugnazione.

Non svolge difese l’Amministrazione finanziaria.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 75 cod. proc. civ. e art. 2320 cod. civ.. I ricorrenti sottopongono alla Corte il seguente quesito di diritto: se siano o non siano i soci accomandanti legittimati ex art. 75 c.p.c. ad impugnare l’accertamento ILOR relativo alla società a loro personalmente notificato dall’ufficio finanziario.

La decisione della C.T.R. deve ritenersi corretta quanto alla esclusione della possibilità per i soci accomandanti di contestare autonomamente dalla società l’imposizione ai fini ILOR. Ciò alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 12376 del 22 agosto 2002). secondo cui in tema di redditi prodotti in forma associata, l’unitarietà dell’accertamento ai fini dell’ILOR dovuta dalla società ed ai fini dell’IRPEF a carico dei singoli soci ( D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40), ed il difetto di legittimazione processuale di questi ultimi nel giudizio relativo all’accertamento del reddito sociale, non comporta che il singolo socio, al quale il reddito è imputato proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5 (ora D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5), sia privo della legittimazione a ricorrere avverso l’avviso di accertamento del rispettivo reddito di partecipazione "automaticamente" applicativo dell’accertamento del reddito della società. La disposizione contenuta nel detto D.P.R. n. 597 del 1973, art. 5, va, infatti, letta in conformità del principio, affermato dalla Corte costituzionale nella sent. n. 5 del 1998, secondo il quale tutte le norme che prevedono responsabilità di soggetti dell’ordinamento debbono essere interpretate nel senso che sia data la possibilità al soggetto onerato di avvalersi della tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost. quale "diritto inviolabile", derivandone che "al socio accomandante nella specie, di società di persone, privo di legittimazione processuale nel giudizio relativo all’accertamento del reddito societario ai fini dell’ILOR, deve sempre ritenersi consentita, allorchè gli sarà notificato l’accertamento del suo reddito personale, la possibilità di tutelare i suoi diritti, contestando anche nel merito l’accertamento del suo reddito di partecipazione, nonostante l’intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario ai fini ILOR".

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5. I ricorrenti sottopongono alla Corte il seguente quesito di diritto: se trovi o meno applicazione il disposto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, non avendo mai i soci avuto alcun rapporto con la società sottoposta a verifica nè avendo mai quest’ultima distribuito utili ai soci.

Il motivo è infondato. L’assenza di rapporti tra gli odierni ricorrenti e la società è circostanza di fatto che non incide sull’appartenenza alla compagine societaria e quindi sul diritto all’attribuzione degli utili. Quanto alla deduzione di mancata distribuzione degli utili si tratta allo stesso modo di una circostanza che, se pur provata, risulterebbe comunque irrilevante.

Come, infatti, ha anche di recente ribadito la giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. n. 19317 del 7 settembre 2010), in tema di imposte sui redditi, il D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9 bis, comma 18, convertito, con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140, disponendo che l’intervenuta definizione da parte delle società od associazioni di cui all’art. 5 del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, costituisce titolo per l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata, non ha contenuto innovativo dell’ordinamento tributario, ma costituisce esplicazione del principio stabilito dal D.P.R. n. 917 cit., art. 5, secondo il quale i redditi delle società personali sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, con la conseguenza che deve ritenersi consentito l’accertamento in capo ai singoli soci della rispettiva quota del reddito concordato dalla società.

Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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