Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-04-2011, n. 9143 Assicurazioni marittime ed aeree

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.L.E. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 12 febbraio 2008, nella parte che ha confermato quella di primo grado, in ordine al rigetto della domanda nei confronti dell’assicuratore R.C.A. del proprietario del natante poichè, anche se l’ormeggio doveva considerarsi un momento della navigazione, l’incidente non era ricollegabile ala navigazione dell’imbarcazione. La Compagnia resiste con controricorso; non ha svolto attività difensiva l’altro intimato.

Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 2, in relazione al punto dell’esclusione della copertura assicurativa obbligatoria, chiedendo alla Corte di verificare se, nella fase di ormeggio dell’imbarcazione, è operante la copertura assicurativa in favore del trasportato che cada nella botola di accesso al vano motori, la cui apertura era stata occultata da un tappeto e da un cartone.

Il motivo è infondato. Come noto, in argomento questa Corte ha affermato che "sono soggetti all’obbligo assicurativo non solo i natanti da diporto, ma tutte le imbarcazioni indicate dalla L. n. 990 del 1969, sia utilizzate per uso privato che per uso pubblico. La maggioranza della dottrina ritiene che nel concetto di navigazione, come nel concetto di circolazione dei veicoli (Cass 28.11.1990 n. 11467; Cass 19.2.1982 n. 1811; Cass. 24.1.1976 n. 229), vada compresa anche la sosta e la fermata, per cui l’assicurazione si estende al periodo in cui il natante è ormeggiato o tirato a secco. Altri ritengono che nel caso in cui il natante sia tirato a secco o si trovi in bacino per riparazioni, poichè in questi casi il natante è fuori del suo ambiente naturale, esso non può dirsi in navigazione e non è soggetto ad obbligo assicurativo. Qualunque possa essere la soluzione, in merito a detta ultima ipotesi, ritiene questa Corte di dover condividere la soluzione, come già detto sostenuta in dottrina, secondo cui allorchè l’imbarcazione è ormeggiata in mare o in porto, la stessa ugualmente è soggetta all’obbligo assicurativo per r.c., poichè l’ormeggio è un momento della navigazione e durante lo stesso viene utilizzato un luogo non privato, aperto quindi alla navigazione di altre imbarcazioni ed al transito di soggetti indeterminati, che appunto la legge n. 990/1969 vuole tutelare" (Cass. 18.01.2000 n. 497, in motivazione).

Orbene, la Corte territoriale si mostra consapevole che la fase dell’ormeggio rientra nella "navigazione" ai fini della copertura assicurativa obbligatoria, ma precisa che, nonostante ciò, la caduta del D.L., dovuta al fatto che la botola d’accesso al vano motori fosse stata lasciata aperta durante le riparazioni (e nascosta da un tappeto ed un cartone) non poteva dirsi prodotto dalla navigazione, ma era riconducibile alla violazione di normali regole di prudenza e diligenza da parte del proprietario del mezzo, non al natante quale mezzo di navigazione; la presenza del D.L. sul natante ormeggiato era, peraltro, dovuta pacificamente a motivi di ospitalità, non di trasporto.

Ciò significa che, nella fattispecie, la questione affrontata e risolta in senso non favorevole alla tesi del ricorrente è se la caduta del D.L. nella botola non protetta, pur avvenuta a bordo di natante ormeggiato in porto, in concreto debba ritenersi conseguenza di evento relativo alla "navigazione", pur nella lata accezione di tale termine. La Corte territoriale ha affermato che l’evento fu cagionato a causa della violazione di normali regole di prudenza e di diligenza da parte del proprietario del mezzo, e ha così tratto la logica conclusione che tale evento era svincolato da ogni nesso di causalità con la fase di ormeggio del natante stesso.

Appare consequenziale a tale accertamento di fatto, peraltro non censurato con riferimento ad erronea valutazione di elementi fattuali, l’avere la Corte territoriale ritenuto che la condizione di navigazione del natante della F. non ha svolto ruolo di causa, ma di mera occasione, e che la violazione delle normali regole di prudenza e diligenza, riferito alla stessa quale proprietaria del mezzo, integra una fattispecie d’illecito aquiliano ( art. 2043 c.c.), che obbliga soltanto colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

In effetti, nella decisione impugnata si è avuto un motivato accertamento in fatto, non censurato in questa sede sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sull’insussistenza di nesso causale tra la "navigazione", pur intesa nel senso ampio di cui alla giurisprudenza di questa Corte, e l’evento dannoso in lite (per ipotesi in cui è stata esclusa la riconducibilità dell’evento lesivo alla "circolazione dei veicoli, si vedano Cass. 22.5.2008 n. 13239; Cass. 6.5.1998 n. 4575; Cass. 9.6.1997 n. 5146).

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 409 e 414 cod. nav.. E art. 2043 c.c., perchè la sentenza di secondo grado non avrebbe ribadito la condanna della F.R. ed avrebbe condannato il ricorrente alla rifusione delle spese alla stessa. Formula il quesito chiedendo alla Corte di affermare "se in caso di trasporto amichevole o di cortesia il proprietario dell’imbarcazione è tenuto a risarcire il danno subito dal trasportato qualora questi abbia dimostrato che l’evento dannosi è stato causato da comportamento colposo del proprietario stesso".

Col terzo motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e nel quesito chiede alla Corte di affermare "se sussiste nullità della sentenza che in motivazione afferma che l’evento dannoso si è verificato per colpa esclusiva del proprietario dell’imbarcazione e che in motivazione non condanni il responsabile al risarcimento del danno".

Col quarto motivo, il ricorrente, riproponendo "lettura" della sentenza di secondo grado di cui al secondo motivo, deduce violazione dell’art. 112 in rel. all’art. 360 c.p.c., n. 4 e con il quesito chiede a questa Corte di affermare se "sussiste violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato allorquando il giudice del secondo grado, pur in assenza di specifica domanda sui punti da parte dell’appellato/appellante incidentale, modifichi la sentenza di primo grado in ordine alla pronunciata condanna risarcitoria e condanni al pagamento delle spese del giudizio.

Questi ultimi tre motivi – che possono trattarsi congiuntamente data l’intima connessione – sono privi di pregio, muovendo tutti da una non corretta "lettura" della sentenza impugnata. Diversamente da quanto opina il ricorrente, infatti, la Corte territoriale non ha per niente riformato la sentenza di primo grado sul punto della responsabilità del proprietario del natante e sulla relativa condanna; nè di ciò doveva essere dato atto nel dispositivo della sentenza di appello, posto che in questo è stato correttamente menzionato il rigetto dell’appello principale del L., riguardante la responsabilità dell’assicuratore. Nè argomenti in contrario possono desumersi dalla condanna alle spese contenuta nel dispositivo di appello, che si riferisce, appunto, alle spese del grado.

Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio tra le parti costituite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Milano Assicurazioni S.p.A., che liquida in Euro 2.000=, di cui Euro 1.800= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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