Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-04-2011, n. 9139 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.S., C.N. ed R.E. convenivano in giudizio avanti al Tribunale di Rovigo F.M. e la Società Cattolica di Assicurazioni s.p.a. per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in un sinistro stradale che ritenevano imputabili ad esclusiva colpa dello stesso F..

Questi alla guida della propria autovettura aveva effettuato una manovra di sorpasso delle vetture che lo precedevano, senza avvedersi che nell’opposta direzione di marcia stava sopraggiungendo il veicolo di proprietà delle convenute. Nonostante il tentativo della C. di evitarlo, l’urto fra le vetture si verificava ugualmente ed a causa di esso l’automobile delle attrici andava irrimediabilmente distrutta.

Nel sinistro C.S. riportava gravi lesioni personali che la costringevano ad un lungo periodo di inabilità e a plurimi ricoveri. Le attrici chiedevano pertanto il risarcimento dei danni subiti a causa del sinistro.

Si costituiva in giudizio la Società Cattolica di Assicurazioni non contestando la responsabilità del proprio assicurato, ma esclusivamente l’entità della pretesa risarcitoria, che riteneva eccessiva.

A seguito del decesso dell’attrice R.E. si costituivano in giudizio, in qualità di eredi, le figlie C.S. e C.N., già attrici.

Il Tribunale di Rovigo condannava in solido i convenuti al pagamento della somma di Euro 4.049,90 a favore di S. e C. N.; della somma di Euro 66.074,27, oltre accessori e spese mediche a favore di C.S..

Avverso tale decisione proponeva appello C.S..

Si costituiva ritualmente solo l’appellata Cattolica Assicurazioni s.p.a resistendo al gravame e proponendo appello incidentale.

La Corte d’Appello di Venezia accoglieva l’appello principale, respingeva quello incidentale e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, tenuto conto degli acconti già versati dalla Società Cattolica Assicurazione s.p.a., condannava in solido gli appellati al pagamento, in favore di C.S., della somma di Euro 84.529,89, oltre accessori.

Proponeva ricorso per cassazione la stessa C.S., con due motivi.

Resistevano con conrroricorso F.M. e la Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l. che proponeva altresì ricorso incidentale e presentava memoria.
Motivi della decisione

I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale parte ricorrente denuncia "Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per illogicità e incongruità della motivazione della sentenza".

Sostiene in particolare C.S. che la Corte d’Appello, prima dichiara di assumere come parametro il valore della tabella del Triveneto e poi se ne discosta applicando un valore a punto notevolmente inferiore, senza dare alcuna cognizione del processo logico seguito. Ne deriva che tale motivazione non permette un controllo dell’iter argomentativo e di calcolo seguito dalla sentenza impugnata.

Il motivo è infondato perchè il vizio di motivazione si configura quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione; tale vizio non è invece ravvisabile quando il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte.

Nella specie l’impugnata sentenza è congruamente motivata, si è richiamata a criteri equitativi e risulta giustificata dalla contestuale personalizzazione che la ha portato a discostarsi dai valori delle tabelle.

Con il secondo motivo si denuncia "Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per falsa e illogica applicazione dell’art. 2059 c.c.".

Sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello di Venezia ha errato nella quantificazione del danno morale determinandolo in una percentuale del 55% del danno biologico, senza tener conto delle condizioni soggettive della persona e della gravità del fatto.

Il motivo è infondato.

L’impugnata sentenza ha infatti quantificato il danno morale nella suddetta misura, non in via automatica ma in via equitativa, tenendo conto delle lesioni della sfera psichica, delle gravi lesioni e della lunga durata della malattia, nonchè dei numerosi interventi chirurgici.

Con il primo motivo del ricorso incidentale la Società Cattolica di Assicurazione denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.: illegittima duplicazione del danno morale";

La controricorrente critica l’impugnata sentenza perchè la Corte d’Appello ha ritenuto che il danno biologico e quello morale derivante dalle stesse lesioni costituiscono voci distinte e autonome di danno, da liquidarsi separatamente e sommare fra loro. Secondo la Cattolica, invece, il danno morale dovrebbe essere compreso in quello biologico.

Il motivo è infondato.

Il danno morale è infatti dotato di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene ad un diritto inviolabile della persona, ovvero all’integrità morale quale massima espressione della dignità umana. Esso costituisce, in altri termini, autonoma ipotesi di danno risarcibile, al verificarsi di determinati presupposti, dotato di piena autonomia ontologica rispetto al danno biologico (Cass., 12.12.2008, n. 29191; Cass., 6.7.2006, n. 15358).

Con il secondo e terzo motivo, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, parte ricorrente rispettivamente denuncia: 2) "Insufficiente e/o contraddittoria motivazione in ordine alla liquidazione del danno morale"; 3) "Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla liquidazione del danno morale".

Entrambi i motivi devono essere rigettati in quanto la Corte d’Appello ha adeguatamente, seppur sinteticamente, motivato sia in ordine alle ragioni del riconoscimento del danno morale, sia in ordine alla sua quantificazione. Nè, come si è già visto, sussiste contraddizione fra la liquidazione del danno psichico e la liquidazione del danno morale, essendo il primo un vero e proprio danno biologico, come tale distinto ed autonomo rispetto al secondo.

In conclusione, per tutte le ragioni che precedono, i ricorsi riuniti devono essere rigettati, mentre tenuto conto della reciproca soccombenza si devono compensare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta compensando le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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